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Il contesto legislativo toscano

La Regione Toscana ha lavorato molto sul tema di una migliore armonizzazione dei tempi di vita, inserendo tali politiche, fin dagli anni novanta, all’interno dei contenuti della pianificazione territoriale. Nel 1992 fu approvata la legge regionale 62/92 “Prime norme per la formazione dei piani di coordinamento degli orari degli esercizi commerciali, dei servizi pubblici e degli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche”. Lo scopo della legge era quello di monitorare attraverso il finanziamento di attività di ricerca, le principale esigenze delle cittadine e dei cittadini sulle quali era opportuno ripensare gli orari dei servizi. Furono realizzati interventi specifici, che modificarono in parte gli assetti urbanistici assieme all’organizzazione dei servizi pubblici. Inoltre la legge regionale 5/95, emanata nello stesso periodo, inserì obiettivi e strumenti di carattere temporale con la finalità di creare un quadro unitario e coordinato per il governo del territorio.

Successivamente, con la legge n. 38/9818 (a seguito della quale la Regione è passata da una funzione prevalentemente di Ente preposto al controllo delle procedure e all’emanazione in materia di orari degli esercizi commerciali a una funzione più diretta nella promozione e garanzia della qualità degli interventi in questo settore) e il Piano Toscana sociale erano stati individuati, attraverso il monitoraggio dei progetti finanziati, degli strumenti operativi per migliorare la fruibilità dei servizi e l’efficienza del “sistema città”, superando la frammentarietà delle politiche in questo settore. Con tale strumento normativo

La Regione si impegnava misure di miglioramento e razionalizzazione degli orari per quanto riguarda i servizi pubblici della regione e a favorire il coordinamento dei servizi pubblici e privati in armonia con le esigenze della comunità. È necessario porre l’accento sul fatto che la legge ha utilizzato il

18 Legge Regionale 22 luglio 1998, n. 38 “Governo del tempo e dello spazio urbano e

criterio di cittadinanza come parametro per modellare le politiche sociali. L’attività di ricerca e la sperimentazione funzionale sul territorio di nuove politiche, anche trasversali, data la complessità degli interventi, hanno consentito non solo di raccogliere informazioni per migliorare la conoscenza di questo settore ma anche di acquisire elementi rilevanti per avviare e consolidare politiche family friendly.

Un importante traguardo è stato raggiunto con l’approvazione della legge regionale n. 16/2009 sulla Cittadinanza di genere, nata con lo scopo di fornire una cornice normativa organica e integrare le diverse politiche. In questa direzione sono state recepite le istanze derivanti dalla valutazione delle sperimentazioni precedenti e consolidati alcuni temi ritenuti significativi, provenienti anche dalle direttive europee, al fine di ottenere risultati concreti nel raggiungimento dell’equità sociale. In particolare, nella definizione dei principi e delle strategie necessarie per realizzarli, risulta valido il riconoscimento della rilevanza di alcuni nodi critici da superare con azioni diversificate quali:

– la necessità della trasversalità delle politiche di genere;

– la realizzazione di un sistema coerente di azioni, oltre alla promozione di sperimentazioni innovative, per la conciliazione; – la funzione di promozione e coordinamento che devono svolgere le

province;

– la valorizzazione del ruolo propositivo e progettuale delle associazioni che operano in questo ambito.

Inoltre, sono anche stati individuati strumenti operativi fra cui: – analisi di genere nella programmazione regionale;

– coordinamento delle risorse e adozione del bilancio di genere; – valutazione dell’impatto della regolamentazione;

– parametri di genere nei programmi che assegnano i contributi; – ampliamento delle statistiche.

In questa direzione, per valutare l’incisività delle strategie e degli strumenti è stato previsto un Rapporto sulla condizione economica e lavorativa delle donne, un Tavolo di coordinamento e una sede periodica di verifica nello spazio denominato: Forum della cittadinanza per favorire una partecipazione attiva (Biancheri 2010b).

Un elemento innovativo introdotto è la realizzazione di una Banca di saperi per valorizzare i talenti femminili. Nella banca dati dei saperi delle donne vengono inseriti i curricula delle lavoratrici che operano in Toscana o che vi risiedono. Tale banca dati costituisce uno strumento per rappresentare il quadro delle competenze maturate dalle donne nei vari settori.

L’art. 1 sottolinea esplicitamente la valorizzazione delle differenze19 e l’art. 2 precisa i seguenti obiettivi:

a) agire nel rispetto dell’universalità dell’esercizio dei diritti di donne e uomini;

b) eliminare gli stereotipi associati al genere;

c) promuovere e difendere la libertà e autodeterminazione della donna; d) sostenere l’imprenditorialità e le professionalità femminili;

e) favorire lo sviluppo della qualità della vita attraverso politiche di conciliazione dei tempi di lavoro, di relazione, di cura parentale e di formazione;

f) promuovere interventi a sostegno dell’equa distribuzione delle responsabilità familiari e della maternità e paternità responsabili;

19 Legge regionale 2 aprile 2009, n. 16 Cittadinanza di genere.

Bollettino Ufficiale n. 11, parte prima, del 06.04.2009

CAPO I - Oggetto, principi e obiettivi Art. 1 - Oggetto e principi

1. La presente legge attua l’articolo 4, comma 1, lettera f), dello Statuto che sancisce il

diritto alle pari opportunità fra donne ed uomini e alla valorizzazione delle differenze di

genere, nel rispetto degli indirizzi comunitari e nazionali in materia di pari opportunità e di

g) promuovere la partecipazione delle donne alla vita politica e sociale;

h) integrare le politiche per la cittadinanza di genere nella programmazione e nell’attività normativa

i) promuovere uguale indipendenza economica fra donne ed uomini.

Specificamente per la conciliazione vita-lavoro la legge individua i settori di intervento:

– orari di lavoro;

– condivisione del lavoro domestico e di cura; – aumento dei congedi parentali;

– attuazione di interventi nell’ambito del governo del tempo e dello spazio urbano e pianificazione degli orari della città;

– lotta agli stereotipi che indeboliscono la posizione delle donne nel mercato del lavoro.

Inoltre, fra le azioni a livello educativo si fa esplicitamente riferimento al superamento della segregazione formativa e della concentrazione di un solo sesso nelle professioni (Biancheri 2010a).

La legge indubbiamente ha dato un impulso importante ai temi inerenti l’equità di genere e ha evidenziato, attraverso un buon finanziamento in un contesto di scarsità di risorse, la volontà politica di promuovere il gender

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