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Impegni assunti impresa -86.074,14 -1.534.923,19 0 0 0

Beni terzi presso impresa 86.074,14 0 0 0 0

TOT.CONTI ORD. 0 -1.534.923,19 0 0 0

Valore produzione 4.680.994,89 4.428.413,94 3.679.475,28 2.864.506,60 0

Costi della produzione 4.577.616,09 4.325.364,76 3.739.402,16 2.816.491,32 0

Differenza

valore-costi 103.378,80 103.049,18 -59.926,88 48.015,28 0

Proventi e oneri finanziari 10.434,45 1.867,93 -25.455,04 5.945,03 0

Rettifiche di valore 0 0 0 0 0

Proventi e oneri

CONCLUSIONI

Fin dai primi anni che hanno seguito la sua formazione, dopo la fine della seconda guerra mondiale, il distretto industriale di Prato è stato caratterizzato dalla presenza di attori provenienti prevalentemente dalla città toscana o instauratisi da zone limitrofe o dal sud Italia. Ma dalla fine degli anni Ottanta, con l'arrivo dei primi cinesi e il loro inserimento nel tessuto economico locale, la conformazione di tale gruppo è cambiata. In principio, il fenomeno dell'avviamento di quella che poi si è trasformata in un'economia etnica cinese, ha incuriosito i pratesi, che vedevano nei “nuovi arrivati” dei potenziali collaboratori e clienti. Ma il loro punto di vista è cambiato nel giro di pochi anni: se all'inizio gli immigrati cinesi agivano solamente come subfornitori, dopo un periodo relativamente breve alcuni di essi hanno iniziato a mettere in piedi delle aziende proprie, realizzando così l'obiettivo che si erano prefissati fin dal loro approdo nella città toscana, quello di diventare 老板(lǎobǎn, proprietari).

Questo spirito imprenditoriale è stato percepito dai pratesi come una minaccia, che nel tempo ha assunto una connotazione economica ma soprattutto sociale a causa del numero di arrivi sempre maggiore. Questo punto di vista però non tiene conto di alcuni particolari di rilevante importanza. Innanzitutto, i cinesi infatti non si sono specializzati in quella che era l'attività produttiva tipica del distretto tessile, ovvero quella laniera, ma in una che più si s'addiceva alle loro capacità, quella del pronto moda. Quest'ultima in passato è stata poco considerata dai produttori locali, ed è stata riscoperta dai cinesi che ne hanno fatto il proprio cavallo di battaglia. Inoltre, le caratteristiche dell'imprenditoria cinese non si discostano di molto da quelle che hanno portato il distretto industriale a raggiungere il successo che può vantare, come la divisione del lavoro o il contributo fondamentale dato dalla famiglia d'origine e dai connazionali.

In sostanza, i pratesi non hanno inizialmente tenuto in considerazione quelle che erano le ragioni che avevano spinto gli immigrati cinesi ad instaurarsi nella loro città, ovvero il desiderio di avviare delle attività proprie e di avere successo. Ma bisogna anche dire che essi hanno interpretato la realtà che si sono trovati davanti: dopo la sua formazione, la comunità cinese infatti ha cercato raramente di instaurare un dialogo con quella locale, arrivando a creare la cosiddetta “economia etnica”, nella quale dare impiego solo ai connazionali che quindi non si rivolgevano al mercato del lavoro pratese. Questa chiusura è percepibile anche a livello “abitativo”, dato che la maggior parte dei cinesi vive in via Pistoiese, esterna al centro storico e poco frequentata dagli abitanti della città.

Le problematiche connesse alla presenza dei cinesi a Prato sono state oggetto di interesse per l'amministrazione comunale e provinciale, che all'inizio del nuovo millennio hanno deciso di instaurare un dialogo con il governo della città di Wenzhou (dalla quale proviene la maggior parte degli immigrati cinesi e con la quale hanno firmato un patto di gemellaggio nel 2002), di prendere parte a progetti europei, volti a comprendere come gestire il fenomeno, e di creare una collaborazione proficua con le associazioni cinesi presenti a Prato, che fungono da tramite tra le due comunità. Tutto questo è rintracciabile nelle parole di Giancarlo Maffei, che fino al 2004 è stato Assessore alle politiche comunitarie e alla cooperazione internazionale per la provincia di Prato e che quindi è riuscito a partecipare in prima persona a queste politiche, dando il proprio contributo.

La chiusura della comunità cinese di Prato nei confronti di quella locale viene però smentita da alcuni esempi positivi, come quello della Giupel Spa e della Koralline srl, due aziende appartenenti a imprenditori cinesi che hanno fatto della collaborazione con gli italiani uno dei propri fattori di successo, traendone dei vantaggi significativi. Basti semplicemente ricordare il progetto di Xu Qiulin, proprietario della Giupel Spa, per il polo espositivo “I Principi d'Italia” a Quanjiao, attraverso il quale l'imprenditore cinese vuole

raggiungere due obiettivi: da una parte aiutare le aziende italiane a farsi conoscere sul mercato cinese in modo efficace e dall'altra guidare i propri connazionali nella scelta dei veri prodotti del Made in Italy.

Anche il fatto che a tale progetto partecipi il figlio di Xu Qiulin, Xu Zhangxiang, affiancato da Giancarlo Maffei, con il quale lavora all'interno della società che ha dato il nome al polo espositivo, può essere interpretato come un segnale di collaborazione produttiva tra cinesi e italiani. Ognuno di essi ricopre un ruolo ben preciso: il primo funge da intermediario con le aziende cinesi interessate ad acquistare i prodotti, mentre il secondo si occupa dei rapporti con quelle italiane.

Dopo aver effettuato un'analisi sui bilanci e sulle visure storiche delle due aziende cinesi, si potrebbe infine affermare che l'opinione diffusa, secondo la quale le aziende cinesi non avrebbero risentito in alcun modo della crisi che ha colpito l'economia italiana, potrebbe essere in parte smentita: sia la Giupel Spa che la Koralline srl, infatti hanno chiuso gli ultimi due bilanci, quello del 2011 e quello del 2012, in perdita, vivendo così una situazione molto simile a quella delle aziende italiane operanti nel medesimo settore.

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