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Il contrasto alla criminalità organizzata in fase di esecuzione della pena

La lotta alla criminalità organizzata non si ferma alla prevenzione o repressione del fenomeno: l’adozione di misure di prevenzione ante delictum e di pene detentive ad hoc non sempre possono dirsi risolutive. In particolare, la detenzione non pare avere alcuna efficacia deterrente e, tanto meno, pare esser capace di assicurare lo sradicamento del detenuto dall’associazione criminale; da qui la necessità di apprestare strumenti di lotta alla criminalità organizzata anche dopo la condanna, in sede di esecuzione della pena, attraverso la configurazione di un’azione a doppio taglio: il regime trattamentale “più severo” dei condannati in contrapposizione con il ricorso alla premialità per i collaboratori di giustizia154 in modo da creare un muro divisorio con i collegamenti esistenti tra detenuto ed organizzazione criminale e, allo stesso tempo, di indurre il condannato a collaborare con l’autorità giudiziaria.

Come già più volte ripetuto, lo scopo perseguito dall’ordinamento penitenziario, consiste nel predisporre una disciplina dell’esecuzione della pena detentiva che tenesse conto della finalità rieducativa della pena stessa volta al reinserimento sociale del condannato e che garantisse al detenuto un trattamento conforme al senso di umanità in rispetto della dignità della persona (inoltre, secondo le teorie già proposte, che attivasse delle azioni riparatorie nei confronti di tutti i soggetti coinvolti).

154 Paolo Corvi, Trattamento penitenziario e criminalità organizzata, Cedam – Casa editrice Dott.

Antonio Milano, 2010, Milano, in Problemi attuali della giustizia penale – Studi raccolti da Angelo

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A partire dai primi anni novanta, di contro, a seguito dell’incremento di delitti di criminalità organizzata, si è registrata una decisa inversione di tendenza in cui lo Stato ha preso coscienza della necessità di gestire situazioni eterogenee con strumenti normativi elaborati ad hoc. In tale contesto, fermo restando l’identità della tipologia della sanzione inflitta, si è scelto di individuare un trattamento “più severo” ai danni di coloro che si fossero resi autori di delitti riferiti ad azioni di associazione di stampo mafioso (anche solo al fine di agevolarne le attività), di sequestro di persona a scopo di estorsione, di attività associative di traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, di terrorismo, di eversione dell’ordine democratico, ed altri ancora.

Il trattamento penitenziario ad essi riservato si distingue da quello riferito ai detenuti comuni per via del divieto di concessione di benefici penitenziari155 ed è

155 Art. 4 bis ord. pen. Divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei

condannati per taluni delitti 1. L’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell’art. 58 -ter della presente legge: delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, delitto di cui all’art. 416 -bis del codice penale, delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, delitti di cui agli articoli 600, 600 -bis, primo comma, 600 -ter, primo e secondo comma, 601, 602, 609 -octies e 630 del codice penale, all’art. 291 -quater del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e all’art. 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Sono fatte salve le disposizioni degli articoli 16 -nonies e 17 -bis del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni. 1 -bis. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi ai detenuti o internati per uno dei delitti ivi previsti, purché siano stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, altresì nei casi in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata nella sentenza di condanna, ovvero l’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità, operato con sentenza irrevocabile, rendono comunque impossibile un’utile collaborazione con la giustizia, nonché nei casi in cui, anche se la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante, nei confronti dei medesimi detenuti o internati sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste dall’art. 62, numero 6), anche qualora il risarcimento del danno sia avvenuto dopo la sentenza di condanna, dall’art. 114 ovvero dall’art. 116, secondo comma, del codice penale. 1 -ter. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi, purché non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di

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disciplinato dal dettato dell’art 4 bis ord. pen. il quale distingue due grandi categorie di reati ostativi: la prima, individuata nel primo comma dell’art. 4 bis ord. pen., comprende una serie di figure delittuose ricondotte all’appartenenza del detenuto ad un’organizzazione criminale, la seconda, ricondotta nell’alveo del primo comma ter dell’art. 4 bis ord. pen. fa invece riferimento a quelle tipologie di reati non necessariamente di stampo di criminalità organizzata ma ritenuti particolarmente gravi (reati con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza; vedi supra. Delitti di cui agli

collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, ai detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli 575, 600 -bis, secondo e terzo comma, 600 -ter, terzo comma, 600 -quinquies, 628, terzo comma, e 629, secondo comma, del codice penale, all’art. 291 -ter del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, all’art. 73 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’art. 80, comma 2, del medesimo testo unico, e all’art. 416 del codice penale, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, del medesimo codice, dagli articoli 609 -bis, 609 -quater e 609 - octies del codice penale e dall’art. 12, commi 3, 3 -bis e 3 -ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni. 1 -quater. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi ai detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli 609 -bis, 609 -ter, 609 -quater e 609 -octies del codice penale solo sulla base dei risultati dell’osservazione scientifica della personalità condotta collegialmente per almeno un anno anche con la partecipazione degli esperti di cui al quarto comma dell’art. 80 della presente legge. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano in ordine al delitto previsto dall’art. 609 -bis del codice penale salvo che risulti applicata la circostanza attenuante dallo stesso contemplata; 2. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1 il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni per il tramite del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione del condannato. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni. Al suddetto comitato provinciale può essere chiamato a partecipare il direttore dell’istituto penitenziario in cui il condannato è detenuto. 2 -bis. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1-ter magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni dal questore. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni. 3. Quando il comitato ritiene che sussistano particolari esigenze di sicurezza ovvero che i collegamenti potrebbero essere mantenuti con organizzazioni operanti in ambiti non locali o extranazionali, ne dà comunicazione al giudice e il termine di cui al comma 2 è prorogato di ulteriori trenta giorni al fine di acquisire elementi ed informazioni da parte dei competenti organi centrali. 3 -bis. L’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, non possono essere concessi ai detenuti ed internati per delitti dolosi quando il Procuratore nazionale antimafia o il procuratore distrettuale comunica, d’iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione o internamento, l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata. In tal caso si prescinde dalle procedure previste dai commi 2 e 3.”

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artt. 270, 210bis, 270ter, 270quater, 270quinquies, 280, 280bis, 289bis, 306 c.p.). A queste, se ne aggiunge una terza riferita ai reati di violenza sessuale, semplice ed aggravata, violenza di gruppo, ed altre a seguire.

L’evoluzione normativa di quegli anni ha portato ad una evoluzione anche nel trattamento carcerario differenziato ex art. 90 ord. pen., abrogato (L. 10 ottobre 1986, n. 663), le quali specialità sono state inserite nel dettato di cui all’art. 41 bis, ord. pen. il quale, seppur gravato da alcuni difetti già presenti nella norma che lo precedeva156, si focalizza sull’obbiettivo di contrastare la capacità delle organizzazioni criminali di sviluppare e gestire le varie attività criminose da dentro le “mura.

Tanto detto, nei paragrafi che seguiranno, si esporranno le diverse problematiche riferite alla tutela giuridica familiare del detenuto di cui all’art. 4 bis ord. pen. in regime di emergenza ex art. 41 bis del medesimo ordinamento.