• Non ci sono risultati.

Contro l'abitudine di rileggere gli scripta dell'amato/amata

Nel documento Riflessioni sui Remedia Amoris di Ovidio (pagine 52-56)

Nella sezione dedicata all’ossessiva abitudine di rileggere gli scritti dell’amata, marcata dal poliptoto scripta relegas/scripta relecta (v. 716), e ai pericoli dei ricordi d’amore, trova la sua collocazione l’exemplum di Altea, figlia di Testio (Thestias)129 e del figlio Meleagro, introdotto mediante il nesso absentem natum130. Eccone il testo (vv. 717-724):

Scripta cave relegas blandae servata puellae: constantes animos scripta relecta movent. Omnia pone feros (pones invitus) in ignes

et dic «Ardoris sit rogus iste mei». 720 Thestias absentem succendit stipite natum:

tu timide flammae perfida verba dabis? Si potes, et ceras remove: quid imagine muta

carperis? Hoc periit Laodamia modo.

128

Per l’ originale accostamento cfr. Pinotti, art. cit., 2006, 123.

129Il patronimico Thestias è raro, attestato forse prima di Ovidio solo in Lucil. 25 M. Thestiados

Ledae.

130 Questo clausola ricorda al lettore colto la iunctura properziana, che connetteva la vita dell’eroe al

ceppo che la madre pose sul fuoco in 3, 22, 31 nec cuiquam absentes arserunt in caput ignes / exitium nato matre movente suo. Cfr. A.N. Michalopoulos, Ovid’s mythological exempla in his advice on amatory correspondence in the Ars amatoria and the Remedia amoris, «Sandalion» 23-25, 2000-’02, 39-48, spec. 44.

42 La storia è un altro prodotto della tecnica allusiva ovidiana, che preferisce l’accumulo di elementi narrativi e l’oscurità dei riferimenti ai personaggi mitologici; essa si apre con il contrasto fra Altea, che non ha timore nel bruciare il ceppo a cui era legato la vita del figlio131 per vendicare i fratelli, uccisi nella gara per la spartizione dei trofei della caccia al cinghiale calidonio (vv. 721-722), da un lato, e il lettore, che invece si dimostra titubante nel bruciare qualche lettera, dall’altro. Tale vicenda rivestiva un rilievo particolare nella digressione di Fenice, che non menziona però il tizzone, ragion per cui le motivazioni che hanno causato il furor della madre sono annunciate da Omero (Il. 9,529-537 e 581-599), con un’allusività simile a quella ovidiana. Κουρῆτές τ᾽ ἐμάχοντο καὶ Αἰτωλοὶ μενεχάρμαι ἀμφὶ πόλιν Καλυδῶνα καὶ ἀλλήλους ἐνάριζον, 530 Αἰτωλοὶ μὲν ἀμυνόμενοι Καλυδῶνος ἐραννῆς, Κουρῆτες δὲ διαπραθέειν μεμαῶτες Ἄρηϊ. καὶ γὰρ τοῖσι κακὸν χρυσόθρονος Ἄρτεμις ὦρσε χωσαμένη ὅ οἱ οὔ τι θαλύσια γουνῷ ἀλωῆς Οἰνεὺς ῥέξ᾽: ἄλλοι δὲ θεοὶ δαίνυνθ᾽ ἑκατόμβας, 535 οἴῃ δ᾽ οὐκ ἔρρεξε Διὸς κούρῃ μεγάλοιο. ἢ λάθετ᾽ ἢ οὐκ ἐνόησεν: ἀάσατο δὲ μέγα θυμῷ. ‘ πολλὰ δέ μιν λιτάνευε γέρων ἱππηλάτα Οἰνεὺς οὐδοῦ ἐπεμβεβαὼς ὑψηρεφέος θαλάμοιο σείων κολλητὰς σανίδας γουνούμενος υἱόν: πολλὰ δὲ τόν γε κασίγνηται καὶ πότνια μήτηρ ἐλλίσσονθ᾽: ὃ δὲ μᾶλλον ἀναίνετο: πολλὰ δ᾽ ἑταῖροι, 585 οἵ οἱ κεδνότατοι καὶ φίλτατοι ἦσαν ἁπάντων: ἀλλ᾽ οὐδ᾽ ὧς τοῦ θυμὸν ἐνὶ στήθεσσιν ἔπειθον, πρίν γ᾽ ὅτε δὴ θάλαμος πύκ᾽ ἐβάλλετο, τοὶ δ᾽ ἐπὶ πύργων βαῖνον Κουρῆτες καὶ ἐνέπρηθον μέγα ἄστυ. καὶ τότε δὴ Μελέαγρον ἐΰζωνος παράκοιτις 590

131 Il ceppo era stato posto nel focolare dalle Parche, che erano entrate da Altea quando ancora giaceva

a letto dopo il parto; la sua consunzione avrebbe segnato il termine della vita del figlio: cfr. Ov. Met. 8, 515-517 inscius atque absens flamma Meleagros ab illa / uritur et caecis torreri sentit / ignibus.

43 λίσσετ᾽ ὀδυρομένη, καί οἱ κατέλεξεν ἅπαντα κήδε᾽, ὅσ᾽ ἀνθρώποισι πέλει τῶν ἄστυ ἁλώῃ: ἄνδρας μὲν κτείνουσι, πόλιν δέ τε πῦρ ἀμαθύνει, τέκνα δέ τ᾽ ἄλλοι ἄγουσι βαθυζώνους τε γυναῖκας. τοῦ δ᾽ ὠρίνετο θυμὸς ἀκούοντος κακὰ ἔργα, 595 βῆ δ᾽ ἰέναι, χροῒ δ᾽ ἔντε᾽ ἐδύσετο παμφανόωντα. ὣς ὃ μὲν Αἰτωλοῖσιν ἀπήμυνεν κακὸν ἦμαρ εἴξας ᾧ θυμῷ: τῷ δ᾽ οὐκέτι δῶρα τέλεσσαν πολλά τε καὶ χαρίεντα, κακὸν δ᾽ ἤμυνε καὶ αὔτως132.

Le cause che hanno indotto la madre Altea a maledire il figlio sono molteplici: suo fratello sarebbe stato ucciso durante la disputa fra Etoli e Cureti, sorta a motivo dell’oltraggio subito da Afrodite da parte di Eneo, padre di Meleagro. L’uccisione, sebbene involontaria, dello zio materno ha motivato l’epilogo tragico con la furibonda e irrazionale reazione di Altea133: reazione che si esplicita nel motivo tradizionale di buttare qualcosa nel fuoco, in questo caso il tizzone a cui era legata la vita del figlio, affinché si consumi completamente134.

Il passo dei Remedia è seguito da un exemplum femminile tipicamente negativo; il consiglio di privarsi dei ritratti della puella documenta il lettore sull’abitudine di custodire delle imagines di cera135

, in questo caso non di parenti defunti136, ma di persone viventi: ed eccone il paradigma (vv. 723-724):

132 Cfr. Hom. Il. 9, 529-599.

133 Cfr. Bacchyl. Dith. 5, 127, dove si evidenzia il carattere involontario dell’uccisione, un

avvenimento casuale nella guerra fra gli Etoli di Calidone e i Cureti di Pleurone.

134 Per la stessa vicenda cfr. anche Ov. Her. 9, 156 alter fatali vivus in igne fuit; Fast. 5, 305 “respice

Thestiaden: flammis absentibus arsit”; Met. 8, 515 Inscius atque absens flamma Meleagros ab illa / uritur et caecis torreri viscera sentit.

135 Con il termine cera o imago si definiva una tavola di cera, che veniva utilizzata per lo più per

ricavare maschere funebri improntate a una spiccata resa realistica, che venivano conservate nell’atrium delle case.

136 L’usanza è testimoniata da Hor. Epist. 2,1,264 nil moror officium quod me gravat, / ac neque ficto

in peius voltu proponi cereus usquam, ma anche in Prop. 4,7,47, dove Cinzia manifesta il suo disappunto nei confronti della rivale Lalage che meae conflavit imaginis aurum. Sull’importanza del

44

Si potes, et ceras remove: quid imagine muta carperis? Hoc periit Laodamia modo.

L’allusivo distico contiene un riferimento erudito al mito tragico di Laodamia e Pentesilao, che è l’argomento della tredicesima epistola delle Heroides, in cui Ovidio sviluppa i fondamentali tratti omerici della vicenda: il motivo della morte per mano di un eroe troiano, quello del primo fra gli Achei a mettere piede sul suolo troiano (come possiamo dedurre dall’etimologia del nome di Protesilao), e quello dell’intenso dolore della sposa. E nemmeno stavolta manca un precedente omerico (Il. 2,698-702): τῶν αὖ Πρωτεσίλαος ἀρήϊος ἡγεμόνευε ζωὸς ἐών: τότε δ᾽ ἤδη ἔχεν κάτα γαῖα μέλαινα. τοῦ δὲ καὶ ἀμφιδρυφὴς ἄλοχος Φυλάκῃ ἐλέλειπτο 700 καὶ δόμος ἡμιτελής: τὸν δ᾽ ἔκτανε Δάρδανος ἀνὴρ νηὸς ἀποθρῴσκοντα πολὺ πρώτιστον Ἀχαιῶν137.

Il mito conosce una fortuna notevole in ambito epico e tragico e si arricchisce di particolari, come una spiegazione divina della morte del tessalo Protesilao138, causata da un atteggiamento tracotante degli sposi che trascurarono di eseguire i sacrifici rituali. Dopo essere stato ucciso, il marito ha la possibilità di fare ritorno sulla terra per poche ore: trascorso questo breve lasso di tempo, Laodamia, acceccata dal dolore e incapace di separarsi da lui, sceglie di morire, come un’ altra Didone,

motivo dell’impronta lasciata dal corpo dell’amato sul luogo dell’amore, nell’ambito della poesia erotica antica cfr. G. Guidorizzi, Il sogno in Grecia, Roma-Bari 1988, 32.

137 Per un parallelismo con l’ipotesto iliadico cfr. Hom. Il. 2, 698-702.

138 Il mito è stato trattato nei Cypria e in due tragedie perdute di Sofocle e di Euripide. Presso i poeti

latini l’exemplum è ricordato come manifestazione suprema di amore coniugale in Prop. 1, 19, 7-10 illic Phlyacides iucundae coniugis heros, / non potuit caecis immemor esse locis, / sed cupidus falsis attingere gaudia palmis / Thessalus antiquam venerat umbra domum. Cfr. S. Viarre, Laodamie, héroine élégiaque, in Hommages à M.Renard, Bruxelles, 1969, 768-777.

45 suicidandosi139.

La lettera presenta delle analogie con l’elegia 4,3 di Properzio, dove una sposa, identificata con il nome di Aretusa, scrive al marito Licota lontanissimo, al fronte.

L’angoscia delle due donne della parte femminile della coppia è evidente in entrambi i casi, ma con una differenza; Laodamia, al contrario di Aretusa, non nutre il sospetto che l’amato non le tributi il giusto pegno di fedeltà e, in contrasto con le altre eroine forzatamente distanti dallo sposo, non ha rivali contro cui combattere140. Il tema bellico e il tema amoroso entrano in conflitto nelle parole di Laodamia «eroina» ovidiana, che, turbata decide di trovare una compensazione alle mancanze erotiche- affettive nel sogno: aucupor in lecto mendaces caelibe somnos (Her. 3,107).

Nel documento Riflessioni sui Remedia Amoris di Ovidio (pagine 52-56)

Documenti correlati