• Non ci sono risultati.

3. STATO DELL’ARTE

3.1. Sporcamento delle tubature nella rete di distribuzione di acqua

3.2.2 Controllo del biofilm

Le tecniche di mitigazione dello sporcamento biologico possono essere meccaniche e chimiche.

I metodi meccanici generalmente prevedono una periodica pulitura della rete di distribuzione attraverso l’isolamento di tratti e flussaggio del condotto con miscele di acqua-aria o acqua-anidride carbonica ad elevata pressione (Cortés et al., 2011).

Un’alternativa è rappresentata dal rivestimento della superficie interna del condotto con un polimero che, diminuendone la rugosità, può ridurre l’attecchimento del biofilm alle pareti (Momba et al., 2000).

I metodi chimici solitamente prevedono l’utilizzo di disinfettanti. Il cloro è stato per molti anni il biocida più utilizzato e lo è tutt’ora in reti di distribuzione di acqua potabile, ma alcuni prodotti di reazione con sostanze organiche risultano tossici. Inoltre, a causa della sua forte persistenza in acqua, tracce di esso potrebbero raggiungere il consumatore finale (Melo e Bott, 1997). Per questi motivi, dove possibile, l’utilizzo di cloro nel corso degli anni è stato ridotto in favore di altri biocidi come il perossido di idrogeno e l’ozono. In caso di utilizzo di disinfettanti per il controllo del biofilm è necessario tenere in considerazione principalmente due aspetti: densità e spessore della matrice biologica. Al crescere di queste due variabili, la penetrazione per diffusione del biocida verso gli strati interni del biofilm risulta sempre più difficoltosa (Pinheiro et al., 1988).

3.3. Caratterizzazione dello sporcamento delle tubature

Al fine di garantire una buona qualità dell’acqua lungo la rete di distribuzione, è necessario disporre di metodi che permettano di individuare in maniera rapida e accurata sia la presenza di depositi inorganici, sia la presenza di batteri, per evitare la loro organizzazione in una struttura complessa, il biofilm. Questo, oltre a proteggerli e garantire loro condizioni adatte alla sopravvivenza, può causare problemi di ostruzione, riduzione delle luci di passaggio e aumento della scabrezza nei condotti.

Non vi sono esempi di dispositivi che permettano l’individuazione del deposito inorganico, affidando il suo controllo unicamente alla valutazione del potere incrostante dell’acqua mediante gli indici descritti nel paragrafo 3.1.3.

Per quanto riguarda la formazione di biofilm, alcune tecniche innovative, di tipo impedimetrico, stanno assumendo sempre maggiore importanza nell’individuazione dei microorganismi.

In questo paragrafo vengono descritti dapprima i principi su cui si basano tali tecniche (paragrafo 3.3.1) per poi passare in rassegna i principali dispositivi presentati in letteratura (paragrafo 3.3.2).

3.3.1. Ruolo delle tecniche impedimetriche nell’individuazione dei microorganismi

Le tecniche impedimetriche sono state utilizzate in microbiologia per individuare e quantificare le cellule batteriche in un determinato campione (Yang e Bashir, 2008). Il loro funzionamento si basa sulla misura dei cambiamenti indotti dalla crescita batterica su di una grandezza fisica, l’impedenza elettrica, che rappresenta la forza di opposizione di un circuito (la soluzione in cui tali cellule sono immerse) al passaggio di una corrente elettrica alternata. Negli ultimi anni l’aggiunta di nuovi aspetti, come l’utilizzo di differenti sistemi di elettrodi e l’analisi delle differenti componenti del segnale di impedenza attraverso l’utilizzo di circuiti elettrici equivalenti, ha assegnato a tali tecniche il primato nell’individuazione e quantificazione dei microorganismi (Yang et al., 2004).

L’innovazione tecnologica ha anche permesso di ridurre notevolmente sia le dimensioni degli elettrodi, rendendoli facilmente utilizzabili in differenti contesti, sia le dimensioni delle loro componenti, migliorandone notevolmente la sensibilità. L’integrazione delle tecniche impedimetriche con la tecnologia dei biosensori ha portato allo sviluppo recente di biosensori di impedenza, in grado di individuare rapidamente e in maniera accurata sia la presenza di batteri in soluzione, registrando variazioni nel segnale di impedenza elettrica della soluzione, sia la presenza di quelle cellule batteriche che vanno ad attecchire sulla superficie stessa degli elettrodi modificando direttamente il segnale di corrente (Yang et al., 2004; Radke e Alocilja, 2005).

Nelle tecniche impedimetriche microbiologiche, le variazioni nel segnale di impedenza vengono generalmente misurate attraverso l’utilizzo di una coppia di elettrodi metallici immersi nella soluzione di riferimento. Queste misure possono essere effettuate in maniera diretta o indiretta (Silley e Forsythe, 1996). Nei metodi diretti gli elettrodi sono in grado di monitorare nel tempo il cambiamento del segnale di impedenza, causato dal rilascio di ioni da parte delle cellule vive nella soluzione di crescita. Sono principalmente due i meccanismi che concorrono al rilascio degli ioni con conseguente aumento della conducibilità della soluzione:

• durante il catabolismo i batteri consumano ossigeno e zuccheri, producendo biossido di carbonio (CO2) e composti in forma ionica;

• scambio di ioni attraverso la membrana cellulare: ioni, come K+ e Na+, vengono

trasportati in maniera attiva attraverso la membrana cellulare per regolare le differenze di pressione tra l’interno e l’esterno della cellula stessa. Questo è il contributo minoritario al rilascio di ioni da parte delle cellule.

I metodi indiretti prevedono invece l’immersione degli elettrodi in una soluzione separata, generalmente una soluzione di idrossido di potassio (KOH), nella quale vengono assorbiti i gas prodotti dal metabolismo batterico (principalmente CO2), producendo una diminuzione della conducibilità.

In entrambi i casi vengono misurate le variazioni relative o assolute della conducibilità della soluzione a intervalli regolari di tempo durante la crescita batterica a una data temperatura. I valori misurati vengono poi messi in relazione con il tempo (Figura 3.3).

Figura 3.3: Andamento qualitativo di impedenza e crescita batterica (in grigio) al variare del tempo. Le fasi della crescita batterica: sfasamento (A), crescita esponenziale (B), fase stazionaria (C), morte batterica (D) (Yang e Bashir, 2008).

Il valore di impedenza rimane costante nella prima fase per poi diminuire una volta superato il valore soglia in prossimità del tempo di rilevamento (td) (Yang e Bashir, 2008).

Generalmente il tempo di rilevamento non si manifesta fintanto che i batteri non raggiungono approssimativamente una concentrazione di 106-107 cfu mL-1. Quando infine i batteri si stabilizzano attorno a una concentrazione di 108 cfu mL-1 il valore di impedenza raggiunge il così detto plateau. Questo significa che tutto il substrato all’interno della soluzione è stato metabolizzato in composti finali in forma ionica.

3.3.1.1. Circuiti equivalenti per l’analisi delle componenti di impedenza

I contributi dati dagli elettrodi e dalla soluzione al segnale complessivo di impedenza possono essere analizzati separatamente attraverso l’utilizzo di un circuito elettrico equivalente (Yang et al., 2003). Per descrivere da un punto di vista elettrico il comportamento di due elettrodi immersi in una soluzione conduttiva, è sufficiente un circuito che presenti due condensatori, uno in corrispondenza di ogni elettrodo, in serie ad una resistenza, la resistenza della soluzione (Rs). A causa della non idealità dei condensatori, ai fini dell’analisi questi vengono sostituiti con due elementi a fase costante (Cdl). Un elemento a fase costante è un circuito equivalente che modella il comportamento in corrente alternata di un doppio strato elettrico, struttura che si origina all’interfaccia solido-liquido. In corrispondenza di questa si instaura un trasferimento di carica elettrica accompagnata dallo svolgersi di emi-reazioni redox. E’ proprio il doppio strato elettrico che costituisce un capacitore imperfetto. Per questo motivo il sistema descritto in precedenza viene rappresentato con il circuito equivalente in Figura 3.4.

Figura 3.4: Rappresentazione schematica di due elettrodi immersi in una soluzione e relativo circuito elettrico equivalente con due elementi a fase costante (Cdl) e la resistenza della soluzione (Rs).

L’impedenza (Z) del sistema in Figura 3.4, in presenza di un potenziale sinusoidale alternato risulta essere funzione della resistenza (Rs), della capacità (Cdl) e della frequenza applicata (f), secondo l’equazione (3.12).

|𝑍| = √𝑅𝑠2+( 1

𝑓𝐶𝑑𝑙)2 (3.12)

La diminuzione del segnale a seguito della crescita batterica può essere dunque imputabile ad una diminuzione della resistenza della soluzione (Rs), oppure ad un aumento della

capacità (Cdl) causata dal cambiamento della composizione ionica nelle immediate vicinanze dell’interfaccia solido-liquido, ovvero nel doppio strato. La capacità del doppio strato può infatti essere espressa attraverso l’equazione (3.13).

𝐶𝑑𝑙 =𝑑𝑙𝐴

𝑑 (3.13)

dove 𝑑𝑙 è la costante dielettrica del doppio strato, A è la superficie dell’elettrodo e d è lo spessore del doppio strato. Il metabolismo batterico causa un incremento nel numero di piccole molecole polari in prossimità del doppio strato. Questo provoca un aumento della costante dielettrica (𝑑𝑙) e una diminuzione dello spessore del doppio strato, d. Il risultato finale è dunque un aumento nella capacità del doppio strato (Cdl) e una conseguente diminuzione dell’impedenza (Z).

La frequenza è un altro parametro fondamentale nelle misure impedimetriche (Yang e Bashir 2008), come visibile nella relazione 3.12. A basse frequenze (< 10 kHz), dal momento che la capacità del doppio strato offre elevata impedenza, diventa essa stessa il contributo principale al segnale complessivo di impedenza. Ad elevate frequenze invece, il contributo dato al segnale di impedenza è dato esclusivamente dalla resistenza della soluzione, in quanto il contributo della capacità del doppio strato risulta nullo.

3.3.1.2. Array di microelettrodi interdigitati (IDA) nelle misure di impedenza

Studi recenti hanno dimostrato le potenzialità dei microelettrodi interdigitati (IDA) nelle misure di impedenza per il monitoraggio della crescita batterica. (Yang et al., 2004; Yang e Li, 2006).

Questi dispositivi differiscono dal convenzionale sistema di elettrodi. Mentre quest’ultimo infatti, per monitorare la crescita batterica, misura la variazione nella resistenza della soluzione (Rs), i microelettrodi interdigitati misurano la capacità del doppio strato (Cdl), grazie anche alla maggiore possibilità di attecchimento data alle cellule batteriche. La loro struttura prevede un paio di array di microelettrodi di oro che, posizionati parallelamente su di un materiale di base, vanno a formare una fitta maglia interdigitata. I due schieramenti di microelettrodi possono essere assimilati ai due poli di un sistema di misurazione dell’impedenza. In un IDA sono presenti plurime coppie di elettrodi e la distanza tra di esse può essere nell’ordine dei micrometri o addirittura dei nanometri.

In Figura 3.5 è rappresentata in maniera schematica la struttura di un IDA.

In seguito al processo di attecchimento, la membrana cellulare dei batteri adesi non è a diretto contatto con la superficie dell’elettrodo, ma viene separata da un vuoto di

10-20 nm colmato dalla soluzione di riferimento (Yang e Li, 10-2006).

Figura 3.5: Rappresentazione schematica di un IDA (Varshney e Li, 2009).

In questo caso dunque si possono osservare due resistenze in serie: quella della soluzione (Rs) e quella della membrana delle cellule attecchite (Rc). Il circuito equivalente di un sistema IDA a seguito della crescita batterica risulta pertanto schematizzabile come in Figura 3.6.

Figura 3.6: Circuito equivalente di un sistema IDA a seguito della crescita cellulare sulla superficie degli elettrodi, dove vengono rappresentati due elementi a fase costante (Cdl), la resistenza della soluzione (Rs) e la resistenza data dalle cellule attecchite (Rc) (Yang e Bashir, 2007).

Le dimensioni degli IDA, in relazione a quelle delle cellule batteriche, 1-2 m di lunghezza e 0,5 m di diametro, li rende i più indicati per l’individuazione dei batteri in questo tipo di applicazioni. In aggiunta, è necessario scegliere in maniera accurata la dimensione degli elettrodi, in quanto viene riportato che il 95% della corrente in un IDA fluisce al di sopra della superficie dell’elettrodo con una distanza che è pari alla somma della larghezza dell’elettrodo e della distanza intercorrente tra due elettrodi successivi (Van Gerwen et al., 1998). In Figura 3.7 viene riportata una schematizzazione del funzionamento di questi biosensori.

Figura 3.7: Rappresentazione schematica del funzionamento dei biosensori con utilizzo della soluzione redox ([Fe(CN)6]3- /4- ) in presenza di anticorpi specifici senza adesione batterica (a) e con adesione cellulare sulla superficie dell’elettrodo (b) (Yang et al., 2004).

Microelettrodi interdigitati

Materiale di base Interconnessioni

metalliche

3.3.1.3. Biosensori di impedenza per l’individuazione dei batteri

I biosensori di impedenza rappresentano una tecnologia innovativa per l’individuazione delle cellule batteriche che si basa sull’immobilizzazione di specifici anticorpi sulla superficie degli elettrodi (Ruan et al., 2002). Il sensore è in grado di registrare la presenza di cellule batteriche adese alla sua superficie grazie alle variazioni indotte dalla membrana cellulare dei batteri sulle proprietà elettriche del sensore stesso. Le misure di impedenza possono essere condotte in presenza o meno di una soluzione redox.

In presenza della soluzione redox, il sensore registra l’attività biologica attraverso una misura dei cambi indotti dalla stessa sull’impedenza faradica. In particolare, durante il processo faradico di ossidazione e riduzione della soluzione, gli elettroni vengono trasferiti tra i due array di microelettrodi. A causa dell’adesione delle cellule batteriche, viene inibito il trasferimento di elettroni, provocando un aumento nel segnale di impedenza.

In assenza della soluzione redox, le variazioni nel segnale sono causate della crescita batterica, o dal loro attecchimento, sulla superficie dell’elettrodo; in questo caso si fa riferimento a misure di impedenza non faradica (Bard e Faulkner, 2001). L’individuazione delle cellule batteriche si basa sulla variazione diretta del trasferimento di corrente causato dal loro attecchimento sulla superficie dell’elettrodo che, come nel caso precedente, viene reso possibile attraverso l’immobilizzazione di anticorpi specifici (Radke e Alocilja, 2005). Quando le cellule attecchiscono sulla superficie dell’elettrodo con la loro membrana isolante, diminuisce la superficie dell’elettrodo utile per lo scambio di corrente, portando a un incremento nel segnale di impedenza da parte del sensore.

3.3.2. Dispositivi presentati in letteratura

Analizzati i differenti aspetti del funzionamento delle tecniche impedimetriche per l’individuazione dei microorganismi in soluzione, vengono riportati in Tabella 3.2 i principali dispositivi descritti in letteratura. Tra questi, la maggior parte trova utilizzo unicamente per applicazioni a scala di laboratorio (“in vitro”), non potendo quindi essere utilizzati per applicazioni “in situ” che permetterebbero di individuare in maniera accurata la presenza di cellule batteriche o di biofilm nelle tubature di un sistema di distribuzione. Inoltre, la maggior parte dei dispositivi descritti permette l’individuazione delle cellule batteriche in soluzione, mentre al fine di preservare la qualità dell’acqua lungo la rete di distribuzione è preferibile un controllo relativo alla presenza di biofilm,

piuttosto che dei microorganismi planctonici. Infatti, quando una superficie viene contaminata da batteri, il biofilm continua a crescere anche qualora, nella fase liquida, vengano a mancare i nutrienti necessari per garantire la sopravvivenza ai microorganismi in sospensione (Melo & Bott, 1997).

In Tabella 3.2, oltre alla descrizione delle principali componenti del dispositivo in questione, è indicato il suo campo di applicazione e i dispositivi aggiuntivi necessari per effettuare la misura. Vengono anche riportate le caratteristiche proprie della misura, quali: grandezza rilevata, e frequenza (Hz) a cui tale misura viene effettuata.

In tutti gli esempi riportati la misura risulta essere ripetibile, previa pulitura del dispositivo.

Tabella 3.2: Dispositivi di individuazione di biofilm e cellule batteriche in sospensione basati su misure di impedenza.

Riferimento Dispositivo Scala di

applicazione

Riferimento Dispositivo Scala di

Riferimento Dispositivo Scala di

3.4. Modelli di crescita del biofilm in un sistema di distribuzione di acqua potabile

Per descrivere da un punto di vista modellistico la crescita del biofilm sulla superficie interna di un condotto è necessario considerare dapprima il trasporto e l’accumulo di microorganismi e nutrienti al suo interno, in modo da valutarne la concentrazione in prossimità dell’interfaccia solido-liquido. In seguito, utilizzando le cinetiche di crescita e morte batterica, di consumo del substrato e di decadimento dei disinfettanti nel condotto, è possibile descrivere le dinamiche di crescita dello stesso (Munavalli e Kumar, 2004). A tal proposito sono stati sviluppati due differenti tipi di modelli deterministici: un primo tipo che si propone di descrivere il processo di attecchimento e distacco delle cellule batteriche sulla superficie interna del condotto, e un secondo che si focalizza in maniera più dettagliata sul complesso sistema di processi che avvengono all’interno del biofilm e in prossimità dell’interfaccia solido-liquido.

Un esempio relativo al primo tipo è rappresentato dal modello deterministico SANCHO (Servais et al., 1995). Questo permette di predire, in condizioni stazionarie, la concentrazione di biomassa (sia libera che adesa), di cloro e di carbonio organico biodegradabile (BDOC) in funzione del tempo di residenza dell’acqua. Il principale punto di debolezza di questo modello è rappresentato dal fatto che la ricrescita batterica non viene direttamente correlata ad un modello idraulico. Risulta dunque necessario ricavare, attraverso l’utilizzo di un apposito modello idraulico, il tempo di residenza in condizioni stazionarie del flusso acquoso, per poi utilizzare questo dato all’interno del modello stesso.

Il modello SANCHO non permette dunque di fornire in maniera dinamica una previsione della ricrescita batterica all’interno di un sistema, quello di distribuzione dell’acqua, dove in realtà si registra una continua variazione sia nella velocità, sia nei parametri di qualità dell’acqua.

Il modello deterministico PICCOBIO (Piriou et al., 1998), a differenza del modello SANCHO, oltre a prevedere un modello idraulico al suo interno, permette di descrivere in maniera diretta il processo di crescita del biofilm. Di conseguenza la descrizione matematica della crescita batterica, dell’attecchimento, del distacco e dell’inattivazione risulta essere molto più complessa rispetto al modello SANCHO.

Lu et al. (1995) hanno presentato un modello matematico in grado di descrivere il trasporto simultaneo del substrato, dei disinfettanti e dei microorganismi per predire i cambiamenti sostanziali nella qualità dell’acqua distribuita, non prendendo però in considerazione il processo di utilizzo del substrato e di crescita batterica al suo interno. Il modello di Munavalli e Kumar (2004), presentato nel paragrafo 3.4.1, prevede una

descrizione semplificata dei processi analizzati all’interno di SANCHO e PICCOBIO.

Questo aspetto permette di affiancare una descrizione dei fenomeni biologici all’interno del condotto ad un modello idraulico robusto, per una descrizione dinamica di un sistema multicomponente.

3.4.1. Modello multicomponente di crescita batterica di Munavalli e Kumar (2004)

Il modello sviluppato da Munavalli e Kumar (2004) considera il trasporto e la reazione di differenti componenti (substrato, biomassa e cloro attivo), al fine di descrivere il fenomeno di crescita batterica in un sistema di distribuzione. Dalla Figura 3.8 (a) si evince come i processi che coinvolgono la zona adiacente alla superficie interna del condotto (chiamata “zona di parete”) siano i medesimi di quelli che si verificano nella zona centrale del condotto (denominata “zona interna”). Queste sono interconnesse tra di loro da meccanismi quali: trasferimento di massa attraverso lo strato limite, attecchimento della biomassa sulla superficie del condotto e conseguente distacco della stessa. La concentrazione delle componenti che vengono trasportate viene considerata costante sull’intera sezione trasversale della “zona interna”. Allo stesso modo, le corrispondenti concentrazioni ottenute nella “zona di parete” risultano costanti all’interno della stessa.

Figura 3.8: Rappresentazione schematica dei processi adottati all’interno del modello (a) e del trasferimento di massa tra la “zona intera” del condotto e la “zona di parete” (b) (Munavalli e Kumar, 2004).

In maniera più dettagliata, i processi fisici, chimici e microbiologici descritti nel modello sono:

1. utilizzo del substrato e conseguente crescita delle cellule batteriche nella “zona interna” (Equazione 3.14, Equazione 3.15);

2. formazione del biofilm nella “zona di parete”, conseguentemente al processo di attecchimento delle cellule batteriche (Equazione 3.18);

3. allontanamento delle cellule batteriche dal biofilm e successiva risospensione delle stesse nella “zona interna” (Equazione 3.19);

4. naturale morte batterica all’interno della “zona interna” (Equazione 3.20);

5. morte batterica indotta da cloro nella “zona interna” (Equazione 3.21);

6. lisi cellulare e conseguente conversione in BDOC delle cellule morte nella “zona interna” (Equazione 3.24);

7. decadimento del cloro nella “zona interna” (Equazione 3.26);

8. utilizzo del substrato e crescita delle cellule batteriche all’interno del biofilm (Equazione 3.16, Equazione 3.17);

9. naturale morte batterica all’interno del biofilm (Equazione 3.22);

10. morte batterica indotta da cloro nel biofilm (Equazione 3.23);

11. lisi cellulare e conseguente conversione in BDOC delle cellule morte nel biofilm (Equazione 3.25);

12. trasferimento di massa del cloro attraverso il doppio strato (Equazione 3.28);

13. trasferimento di massa del substrato (BDOC) attraverso il doppio strato (Equazione 3.29);

14. decadimento del cloro nel biofilm (Equazione 3.27).

In Tabella 3.3 vengono riportate le componenti analizzate dal modello, mentre in Tabella 3.4 vengono riportati i parametri utilizzati nelle equazioni e i rispettivi valori numerici.

Segue un’analisi dettagliata delle equazioni necessarie a descrivere da un punto di vista matematico i processi introdotti in precedenza.

Tabella 3.3: Componenti considerate nel modello di crescita batterica. Il pedice “b” si riferisce alla “zona interna”, mentre il pedice “w” alla “zona di parete”. Il pedice “i” indica che la grandezza in questione si riferisce al condotto i-esimo (Munavalli e Kumar 2004).

Sb Substrato nella “zona interna”, (mg L-1)

Tabella 3.4: Tabella dei parametri utilizzati nel modello di crescita batterica (Munavalli e Kumar 2004). convertita in substrato dopo la lisi

cellulare

kfix Coefficiente di attecchimento 3·10-5 s-1

Haudidier e Bornert,

1989

kfsbi

Coefficiente del trasferimento di

massa del substrato nel condotto 5·10-10 m s-1 Perry et al., 1984

kinact

Costante di inattivazione della biomassa vivente da parte del cloro

attivo (“zona interna”)

kshear Coefficiente di distaccamento 4·10-4 s-1

Haudidier e Bornert,

1989

Simbolo Parametro Valore

 Rateo di massimo utilizzo di

substrato 4,2·10-4 s-1 Servais et

al. 1992 ks Costante di semisaturazione 0,195 mgC L-1 Billen et al.,

1992

Sia l'utilizzo di substrato, sia la crescita di biomassa possono essere modellati utilizzando la cinetica di Monod. La presenza del cloro attivo inibisce l’attività dei batteri in soluzione.

L’inattivazione e il decadimento vengono considerati come fenomeni separati causati dall’azione del cloro sulla biomassa batterica: il primo, a differenza del secondo non prevede la morte della cellula, ma unicamente un rallentamento nel consumo di substrato.

Questo spiega l’aggiunta del coefficiente di inattivazione (kinact) nelle seguenti equazioni:

• “Zona interna”: batteriche organizzate nel biofilm, nei confronti del cloro attivo, rispetto alle cellule sospese in soluzione.

Sia il processo di attecchimento, sia quello di staccamento della biomassa, possono essere

Sia il processo di attecchimento, sia quello di staccamento della biomassa, possono essere

Documenti correlati