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La convergenza tra popolari e democratici nella Margherita e l’approdo nel

Nel documento I partiti politici a livello europeo (pagine 123-126)

La sconfitta elettorale “al centro”, dovuta in parte all’incalzante concorrenza dei Democratici di Prodi e in parte alle “incursioni” orchestrate da Forza Italia, induceva un Ppi ormai esangue a timide aperture nei confronti del progetto ulivista. Il segretario Franco Marini scartava l’ipotesi di una “federazione” con gli alleati ulivisti, la quale costituiva tuttavia una «semplificazione eccessiva. L’alleanza deve avere forme di coordinamento più stringenti, ma deve restare un contenitore di soggetti diversi. […] Noi popolari dovremo riorganizzarci senza abbandonare i valori del popolarismo. Ma dovremo aprirci di più ai partiti che si riconoscono nel Ppe»97. Ad ogni modo, «con Prodi un rapporto dobbiamo trovarlo: siamo nella stessa alleanza e dopo la competizione dobbiamo riabituarci a parlare»98. La linea del segretario Marini appariva debole, mentre acquistava forza la posizione dell’Asinello nella coalizione.

Il 24 giugno 1999, la stampa segnalava l’intenzione del segretario del Ppi, preso atto del fallimento della scelta elettorale di non convergere con i Democratici di Prodi, di rassegnare le dimissioni dall’esecutivo del partito99. Si apriva nel Ppi la lotta per la successione, ovvero la competizione tra diverse linee politiche100: da un lato, la linea

96

S. Stimolo, Prodi detta le condizioni alla Quercia, in «Corriere della sera», 18 giugno 1999, p. 15.

97

Sul punto, Franco Marini rilancia la sfida del rafforzamento del centro, esponendo la necessità di «riuni[re] tutti coloro che si riconoscono nel popolarismo europeo che sono frammentati nel centrosinistra. Una forma di federazione tra partiti e gruppi parlamentari». Essa deve coinvolgere le seguenti forze: «Lista Dini, Udeur, cristiano Democratici Uniti, e movimento di Cossiga» (C. Rizza, «No alla federazione di D’Alema, dobbiamo unire le forze centriste», intervista F. Marini, in «Il Messaggero», 19 giugno 1999, p. 5). Quanto ad una possibile convergenza in chiave centrista con i Democratici, Marini spiega: «Con i Democratici è più complesso. Ci dobbiamo ragionare, sono diventati una forza importante: ne prendo atto, ma prendo atto delle differenze che rimangono e della nebulosità politico-culturale del loro progetto. Ci confronteremo spero senza contrapposizioni» (S. Marroni, Marini boccia il premier: la Federazione è un’utopia, in «la Repubblica», 19 giugno 1999, p. 15).

98

F. Martini, Marini: riapriamo il dialogo con Prodi, intervista F. Marini, in «la Stampa», 19 giugno 1999, p. 6.

99

A. Caporale, Marini addio, il Ppi nomina a luglio il nuovo segretario, in «la Repubblica», 24 giugno 1999, p. 17.

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del segretario uscente puntava a favorire la riaggregazione di tutti i popolari al centro (Ppi, RI e Udeur)101, dall’altra la linea del nuovo candidato alla segreteria, Dario Franceschini, escludeva ogni velleità centrista (e, con essa, ogni incertezza rispetto all’approdo nello schema bipolare) aprendo a nuove convergenze con i Democratici di Prodi102. Questa seconda linea era spalleggiata dall’Asinello, che vedeva la possibilità di riunire nell’area “democratica” i riformisti di tradizione cattolica. Con un’intervista rilasciata il 26 giugno a la Repubblica, Francesco Rutelli proponeva di riunire sotto le insegne dei Democratici anche le forze cattoliche e ambientaliste: «I Popolari faranno ciò che ritengono giusto. Se giudicano opportuno organizzarsi in federazione con Dini e Mastella, bene. Non seguiamo questa strada, ma certo vediamo con favore una riorganizzazione del centrosinistra su tre piloni: i diesse e la sinistra storica e riformista, noi e tutti loro». Anche «i Verdi e tutto il movimento ambientalista devono riflettere se i valori ecologisti […] si difendono con un partito dell’uno virgola per cento, oppure dando fiato ad un progetto destinato a far pesare quelle battaglie dieci volte di più». «Il nostro obiettivo strategico – chiariva Rutelli – è quello del Partito democratico: centro e sinistra insieme. […] Nell’attesa i Democratici devono contribuire a lanciare il nuovo programma del governo di centrosinistra, anzi del nuovo Ulivo»103.

Il 2 luglio il candidato in pectore alla segreteria del Ppi, Dario Franceschini, chiariva la volontà di rafforzare il centro della coalizione in prospettiva di dialogo con i Ds dialogando con «tutti gli interlocutori di quest’area, dalle varie formazioni che fanno riferimento al Ppe e ai Democratici». Quanto a quest’ultimi, Franceschini invitava a «chiari[re] se sono interessati o meno a rafforzare il centro della coalizione, o se pensano a un partito democratico»104. La tesi di Franceschini, che proiettava l’originario dualismo tra popolari e progressisti nel nuovo “Ulivo 2”, non incontrava il favore dei Democratici, che puntavano ad un soggetto unitario, i cui partecipanti offrissero «la disponibilità dichiarata alla cessione al nuovo soggetto politico unitario di quote reali di sovranità» nel quadro di un «bipolarismo avanzato e di una legge elettorale che lo favorisca»105.

101

M.T.Meli, Ora Marini spera nell’Unione popolare, in «la Stampa», 25 giugno 1999, p. 6; B. Jerkov, Marini, costituente per il centro, in «la Repubblica», 26 giugno 1999, p. 12.

102

F. Saulino, Marini offre le dimissioni e lancia Franceschini, in «Corriere della Sera», 29 giugno 1999, p. 6.

103

A. Caporale, Rutelli: “Verdi e cattolici verranno con l’Asinello”, intervista a F. Rutelli, in «la Repubblica», 26 giugno 1999, p. 12.

104

B. Jerkov, “Al centro anche con Prodi”, intervista a D. Franceschini, in «la Repubblica», 2 luglio 1999, p. 11.

105

Nel Consiglio nazionale del 10 luglio, Franco Marini rinviava le dimissioni al congresso straordinario di settembre, cui competerà di tracciare la strategia di alleanze del partito106. Il nodo dei popolari consigliava all’Asinello di rinviare ogni decisione sul rilancio dell’Ulivo a settembre107. In ottobre, Castagnetti veniva eletto segretario del Ppi108. Con il nuovo segretario, il Ppi puntava a rafforzare il polo popolare, riunendo, oltre al Ppi, l’Udeur di Mastella, Rinnovamento italiano di Dini e, eventualmente, i Democratici. Nell’ottobre del 2000 nasceva la federazione della Margherita, che si trasformava in partito unitario solo nel marzo del 2002, riunendo popolari e democratici. La nascita del partito unico imponeva alle forze che componevano la federazione, dapprima collocate autonomamente sulla scena politica europea, di cercare un approdo europeo al nuovo soggetto. La Margherita, composta essenzialmente da popolari e democratici, approdava al Parlamento europeo nel gruppo dei Liberali, Democratici e Riformatori (Alde).

I Democratici facevano pressione perché il nuovo blocco popolare si aprisse ai socialisti dello Sdi, includendoli nell’alleanza della Margherita109, e si svincolasse in modo definitivo dall’area del Ppe110. «Se - spiegava il segretario dei Democratici, Arturo Parisi - dev’essere un’aggregazione chiusa tra partiti di ispirazione cattolica, i Democratici cosa c’entrano? Noi non siamo nemmeno nel Ppe: perché in Italia dovremmo rinchiuderci dentro questi steccati anacronistici, proprio mentre in Europa sono in corso di ridefinizione?»111. Lo stesso Romano Prodi tornava a promuovere «la costruzione della casa dei riformisti, nella quale abbiano posto con pari dignità la famiglia cattolico-democratica accanto a quelle socialista, liberale e ambientalista»112.

106

B. Jerkov, Ppi, Marini resta aspettando il congresso, in «la Repubblica», 11 luglio 1999, p. 4; P. Di Caro, Tregua nel Ppi, congresso a settembre, in «Corriere della sera», 11 luglio 1999, p. 5.

107

A. Rampino, Quercia e Asinello, il vertice si allontana, in «la Stampa», 13 luglio 1999, p. 6.

108

F.Alb., Castagnetti: basta con i grandi vecchi dc, intervista a P. Castagnetti, in «Corriere della sera», 4 ottobre 1999, p. 9.

109

A.L.M., La Margherita si divide sui Socialisti, in «la Stampa», 21 settembre 2000, p. 2.

110

L’obiettivo perseguito da Romano Prodi tracciava una strategia complementare a quella impressa a livello europeo dal Ppe di Helmut Kohl e Wilfried Martens. Essa muoveva dalla constatazione che il Ppe si è progressivamente svuotato dei contenuti riferibili alla tradizione cristiano democratica aprendo al mondo conservatore e della destra moderata. La progressiva trasformazione del Ppe in un a forza di “centrodestra” europeo ha trovato un riflesso naturale in Italia nel processo di aggregazione tra Forza Italia e parte del mondo cristiano democratico (Ccd prima, Cdu successivamente). In chiave bipolare, le residue forze popolari e quelle della sinistra devono aggregarsi per comporre un contrappeso al Ppe (M.T.Meli, Prodi boccia la «margherita Dc», in «la Stampa», 9 ottobre 2000, p. 11; F. Verderami, Gelo sulla Margherita, Prodi pensa che il futuro sia nel Pse, in «Corriere della sera», 9 ottobre 2000, p. 15). 111

B. Jerkov, “Margherita e sinistra. Ulivo a due gambe”, intervista a A. Parisi, in «la Repubblica», 2 ottobre 2000, p. 2.

112

Il disegno “europeo” dei Democratici di Prodi guardava oltre la vicenda della Margherita italiana, ed immaginava la formazione di un blocco di forze in grado di costituire un contrappeso di “centrosinistra” europeo alle forze riunite nel Ppe, formazione sempre più di centro-destra113. La soluzione andava ravvisata nel superamento della tradizionale alleanza tra forze d’ispirazione cristiano democratica e socialdemocratica in favore di una soggetto unitario che raduni la tradizione riformistica cattolica, liberale e socialdemocratica. Una formazione siffatta avrebbe «il proprio futuro in un Pse completamente rinnovato»114.

Applicata alla situazione italiana, la ricetta dei Democratici implicava la definitiva scelta di campo del Ppi e la convergenza dei popolari con le forze della tradizione socialdemocratica115. In quest’ottica, la formazione della Margherita quale mero polo di aggregazione del centro del centrosinistra appariva una soluzione troppo restrittiva116. Nondimeno, i vertici dell’Asinello approvavano il progetto, appoggiato da Parisi e guidato da Francesco Rutelli, di entrare nel soggetto confederale quale tappa di avvicinamento alla «casa comune dei riformisti»117.

6. Dalla federazione dell’Ulivo al Partito democratico italiano. La trasformazione

Nel documento I partiti politici a livello europeo (pagine 123-126)