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1.3 Le Camere di Commercio quali attori chiave nella promozione della Responsabilità

1.3.6 Il Copenhagen Charter

Nel 1999 è stata presentata l’associazione Copenhagen Charter, la quale si occupa di delineare gli aspetti ed i principi più rilevanti per gestire il processo di rendicontazione del valore economico e sociale creato nell’azienda e al di fuori dell’azienda, dai suoi portatori di interesse. Proprio questi ultimi, dunque, assumono una rilevanza strategica, dal momento che questo modello di rendicontazione è orientato al processo, e verte dunque soprattutto sul rapporto con gli stakeholder, vero motore del processo; essi accompagnano tutte le fasi del modello, diventando così per l’impresa parte integrante della missione e dei suoi valori.

La motivazione sottostante al desiderio di dare particolare enfasi al rapporto tra impresa e suoi portatori di interesse sta nel fatto che questi ultimi hanno il potere di creare un valore sia economico, sia sociale, e che il relazionarsi agli altri è un chiaro modo per gestire la propria reputazione, poiché il dialogo che si crea ha la virtù di far prevedere e conoscere l’atteggiamento dei soggetti terzi nei confronti dell’azienda.

Nella visione del Copenhagen Charter, il processo di rendicontazione del valore economico e sociale è individuabile in otto fasi45: 1) approvazione del top management;

2) identificazione degli stakeholder chiave; 3) costruzione di un dialogo permanente; 4) individuazione degli indicatori; 5) monitoraggio delle performance e della soddisfazione dei portatori di interesse; 6) individuazione delle azioni di miglioramento; 7) predisposizione, verifica e pubblicazione del documento; 8) consultazione degli

stakeholder.

44 CUTILLO M., FAUGNO R., SCOVAZZI T., La responsabilità sociale d’impresa in tema di diritti umani e

protezione dell’ambiente, il caso dell’India, Giuffrè Editore, 2012, pp.190-193

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2.CAPITOLO SECONDO: L’integrazione della Csr lungo tutta la

filiera produttiva e la promozione del social labelling

Ad oggi, nonostante i diversi tentativi, non si è ancora riusciti a giungere ad una legge italiana sulla Rsi. Il tema è indubbiamente delicato, vista anche la molteplicità e la varietà degli attori coinvolti e degli interessi messi in gioco, motivi per i quali sembra che essa rimarrà nella sfera della volontarietà ancora per un po’.

Sarebbe interessante riuscire a creare un meccanismo mediante il quale, grazie agli strumenti come gli accordi-quadro delle imprese transnazionali e la Rsi, si riuscisse in maniera quasi automatica a coinvolgere nella filiera produttiva i soli attori rispettosi dei

core labour standards e meritevoli di guadagnarsi l’appellativo di partner commerciali.

Non è certamente una missione facile, tuttavia alcuni attori importanti, come le già citate Camere di Commercio, possono avere un ruolo molto attivo nella missione, facendosi promotori di attori economici certificati e creando così un network ristretto in cui tutelare il lavoratore e la filiera produttiva. Stanno prendendo sempre più forma anche dei nuovi strumenti che si facciano portavoce dei core labour standards e che intervengano a titolo di garanzia lungo tutta la filiera produttiva; si tratta del sistema delle etichettature sociali (social labelling).

Anche quando non legalmente responsabili per il comportamento dei propri fornitori, le imprese sono comunque sotto i riflettori, poiché tutti i portatori d’interesse sono giustamente coinvolti nel miglioramento delle condizioni di lavoro.46E la responsabilità sociale stessa si estende ben al di là dei confini organizzativi, includendo nella sfera d’influenza aziendale tutte le azioni riconducibili alla realizzazione dell’offerta finale. L’opinione pubblica è sempre più a stretta conoscenza dell’operato aziendale, soprattutto per quanto concerne le condizioni di vita e lavoro, e sono anche sempre di più i soggetti che possono denunciare pratiche irresponsabili e violazioni dei diritti umani e dei lavoratori.

Questa apertura sfrenata verso l’internazionalizzazione nei paesi in via di sviluppo, questo abbattimento delle barriere di qualsiasi tipo, hanno fatto aumentare la velocità e la

46 FERRI M.L., La responsabilità sociale d’impresa, in La responsabilità sociale d’impresa in tema di diritti umani e protezione dell’ambiente-il caso India, Giuffrè editore, 2012, pp.146-147

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capacità produttiva, rendendo difficile il controllo di tutto il processo produttivo, ed includendovi anzi dei soggetti spesso sconosciuti, in contesti nazionali regolati da leggi, norme e standard molto differenti e talvolta poco conciliabili con quelli del paese dell’impresa madre.

I primi grandi scandali che hanno riguardato lo sfruttamento di condizioni di vita e lavoro inaccettabili presso fornitori in paesi in via di sviluppo, richiamando l’attenzione di istituzioni internazionali, appartengono al settore tessile. Sono emersi principalmente problemi relativi allo sfruttamento sociale, e quindi di mancato rispetto e tutela dei diritti dell’uomo e del lavoratore, sanciti dall’Oil.

Sono stati proposti in letteratura numerosi modelli di governo delle relazioni di filiera, enfatizzando i potenziali benefici connessi alla promozione di approcci cooperativi all’adozione di pratiche e strumenti socio-ambientali, funzionali alla creazione di un clima di fiducia, in cui si riducano i costi degli scambi e venga migliorata l’efficacia a livello di filiera47.

In generale, si tende a identificare come successi in materia di integrazione di Csr nella filiera produttiva, i casi in cui le imprese promotrici di comportamenti volti a minimizzare gli impatti sociali, etici ed ambientali siano anche in grado di costruire e mantenere approcci integrativi alla filiera, con cooperazioni di lungo periodo, conoscenza dei partner, e relativo sviluppo congiunto di competenze sia a monte che a valle della catena del valore.48

E’ importante anche considerare la struttura della filiera quale antecedente rilevante nel facilitare o meno la diffusione di pratiche socio-ambientali; bisogna infatti considerare se ci si trovi eventualmente di fronte ad un modello partecipativo, in cui tutti gli attori centrali sono immersi in una fitta rete di relazioni, con soggetti propensi ad assumere comportamenti socialmente responsabili.

47 DALLOCCHIO M., PERRINI F., Creare valore nella supply chain: modelli di gestione a confronto, Egea

Milano, 2010, pp.36-37

48 PERRINI F., VURRO C., L’implementazione della CSR nei rapporti di filiera delle piccole e medie

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2.1 Il comportamento delle PMI nella gestione della CSR lungo tutta la