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Correttezza della scelta e obbligo di motivazione.

BUONA FEDE E CORRETTEZZA NELLE VICENDE DEL RAPPORTO DI LAVORO

5. Correttezza della scelta e obbligo di motivazione.

“Nel compiere la scelta dei dipendenti da promuovere ad un grado superiore il datore di lavoro è tenuto all’osservanza dei principi di correttezza

e buona fede”55. “Nelle promozioni a scelta il potere di valutazione

discrezionale spettante al datore di lavoro deve essere esercitato secondo i principi di correttezza e buona fede, il cui rispetto deve essere dimostrato mediante idonea motivazione od in mancanza di questa deve essere provato dal datore di lavoro”56.

Quelle appena citate sono soltanto alcune delle massime della Corte di Cassazione, nelle quali si è tentato di sviluppare le argomentazioni della più famosa sentenza n. 5688/1979, superandole, da un lato, attraverso la riconduzione del discorso in un ottica strettamente privatistica e, dall’altro, favorendo l’applicazione della normativa di correttezza nella tutela delle posizioni individuali del lavoratore non direttamente a riparo dalla discrezionalità imprenditoriale.

Rispetto alla rassegna di opinioni in materia di buona fede, ci si può

54 Ibidem. 55

Cass., sez. lav., 19 giugno 1982, n. 3773, in FI, 1983, I, c. 113, con nota di BUONCRISTIANO M..

56

Cass., sez. lav., 27 maggio 1983, n. 3675, in FI, 1983, c. 1541, con nota di BUONCRISTIANO M..

richiamare alla circostanza che tale clausole generale sarebbe la fonte di una serie di obblighi accessori, strumentali all’obbligazione principale. In questo senso, la stessa Corte di Cassazione57 ha affermato che “(i)l comportamento dell’ente pubblico economico nello svolgimento delle procedure previste per le promozioni alla qualifica superiore deve essere conforme al dovere di buona fede contrattuale”.

Allargando lo spettro di indagine anche ai concorsi si può sostenere che a tale obbligo dell’imprenditore corrisponde una posizione giuridica strumentale del lavoratore qualificabile come diritto soggettivo al corretto svolgimento del concorso in conformità del bando, del regolamento e del contratto. Infatti, come si è più volte sottolineato “il comportamento dell’imprenditore non è del tutto libero; egli...deve conformare l’esercizio del proprio potere ai criteri indicati espressamente dalla legge ( ovvero dalla norma contrattuale o regolamentare ) oppure, in mancanza, ai criteri e di ragionevolezza e di equità o ancora...secondo i criteri di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c.”58.

Procedendo per figure sintomatiche, la buona fede rileva innanzitutto nella formazione della commissione esaminatrice. Da questo punto di vista, il datore di lavoro ha il dovere di scegliere i soggetti cui demandare le operazioni di scrutinio sulla base delle competenze e dei criteri predeterminati. Una scelta datoriale difforme dai detti criteri può avere come conseguenza il diritto del partecipante di ottenere il risarcimento dei danni

57

Cass., sez. lav., 19 giugno 1982, n. 3773, cit.. 58

eventuali59, oppure che l’imprenditore sia condannato a formare la commissione conformemente al bando, od ancora l’inibitoria alla costituzione e al funzionamento di una commissione non conforme al bando, od, infine, che siano ripetute tutte le operazioni con una nuova commissione.

Con riferimento alla selezione dei candidati, si sottolinea l’esigenza che siano rispettate le modalità previste, evitando che gli spazi di ineliminabile discrezionalità imprenditoriale possano sfociare in atti discriminatori o irragionevoli. Anche in queste ipotesi la selezione svolta difformemente dai criteri indicati ha come conseguenza la possibilità per il candidato di ottenere il risarcimento degli eventuali danni o l’accertamento giudiziale di una differente posizione nella graduatoria nel rispetto dei criteri detti60.

I candidati devono inoltre essere valutati secondo criteri predeterminati che non siano contrari alle norme di legge e alle regole di buona fede e correttezza. Tali clausole rivestono in questa fase un ruolo fondamentale; infatti, esse obbligano l’imprenditore a giudicare il candidato in maniera ragionevole e coerente, motivando razionalmente le eventuali diversità. In questo senso, la Cassazione ha rilevato che “(n)ell’impegnarsi - con pattuizioni, regolamenti interni, bandi di concorso - a seguire nella selezione dei dipendenti da promuovere un determinato procedimento comparativo, il datore di lavoro si obbliga ad eseguire verifiche, valutazioni e confronti dei requisiti degli aspiranti alla promozione e a tale obbligo deve adempiere secondo le regole di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c.. Correttezza e buona fede

59

Cfr. Cass., sez. un., 10 febbraio 1969, n. 449, in GI, I, 1, c. 1702 e in FP, 1970, c. 869, con nota di BRANCA G..

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intervengono così quali modalità o aspetti del comportamento, elementi qualificativi suscettibili di discriminare l’adempimento dall’inadempimento. Il datore di lavoro al quale sia riservata non già, sia pure entro confini determinati nel risultato, la totale libertà di apprezzamento, bensì la valutazione comparativa di determinati elementi in relazione allo svolgimento di compiti superiori, è tenuto ad effettuare tale valutazione e non può adottare comportamenti con essa incompatibili”. Da tale ragionamento si fa discendere che il datore di lavoro debba considerarsi inadempiente “non solo quando palesemente ometta ogni valutazione ( attribuendo privilegi, ad es., mediante estrazioni a sorte ), ma anche quando l’accertata scorrettezza o mala fede indichi il carattere fittizio della valutazione operata”61.

La normativa di correttezza si precisa, secondo la S.C.62, anche

nell’obbligo del datore di lavoro e della commissione di giustificare le proprie valutazioni e le proprie scelte con riferimenti non generici, ma specifici. Il sindacato del giudice non deve arrestarsi alla regolarità formale delle

procedure, all’“astratta persuasività”63 delle argomentazioni di chi ha

effettuato la scelta , ma deve andare a verificare se le ragioni rese esplicite e quelle reali corrispondono. Sotto questo profilo, è emersa la violazione della normativa di correttezza nel caso in cui manchi ogni giustificazione del provvedimento, allorquando, ad esempio, venga attribuito un punteggio variabile, mutando una graduatoria formatasi attraverso il criterio dei punteggi

61 Ibidem. 62

Cfr. Cass., sez. lav., 15 gennaio 1990, n. 122, cit. 63

fissi64. Si è considerata contraria al canone di buona fede la diversa valutazione di più concorrenti basata su elementi identici per tutti oppure il maggiore rilievo accordato dall’imprenditore a considerazioni che esulano dalla valutazione e dalla scelta: è il caso, ad esempio, della sentenza65 che ha ritenuta scorretta l’equiparazione tra laurea e diploma di scuola media superiore, allo scopo di valutare la preparazione culturale dei concorrenti. Si pensi, inoltre, alle ipotesi in cui si denuncia la sospetta superficialità di certe valutazioni e operazioni di scrutinio66, conoscendosi anticipatamente i risultati, ai confini di comportamenti che concretizzano specifiche fattispecie di reato.

In tutti questi casi la limitazione della discrezionalità dell’imprenditore, soprattutto quando egli valuti in base ad elementi generici, quali le capacità professionali dei concorrenti, deve seguire la strada “che passa attraverso un utilizzo ad adiuvandum delle regole di correttezza e di buona fede, le quali richiedono un controllo sulla razionalità dell’attribuzione del c.d. punteggio discrezionale”67.

L’obbligo di motivazione degli atti dell’imprenditore diviene elemento fondamentale per l’indagine giudiziale, in quanto “oltre a rispondere ad un’ovvia esigenza di certezza,...si pone in funzione della congruità del giudizio”, essendo diretta “a porgere il contenuto di sostanza e di merito per

64

Cfr. Pret. Cosenza, 30 ottobre 1985, in GC, 1986, I, pag. 581, con nota di ZOLI C.,

Concorso di dipendenti di enti pubblici economici.

65

Cass., sez. lav., 27 maggio 1983, n. 3675, in GC, 1983, I, pag. 2267, con nota di MEUCCI M., cit..

66

Cfr. Cass., sez. lav., 29 giugno 1981, n. 4250, in GC, 1982, I, pag. 181; Pret. Cosenza, 30 ottobre 1985, ivi, 1986, cit..

67

un’eventuale contestazione a posteriori del provvedimento adottato”68.

Il controllo giudiziale sulla motivazione può mettere in luce, per

esempio, comportamenti di discriminazione sessuale; secondo Zoli69 è questo

uno dei fronti giuridicamente più deboli della tutela della donna lavoratrice, poiché “l’imprenditore riesce a rifugiarsi dietro lo schermo della <<discrezionalità>> valutativa”.