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L A G IURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 3.1 LA CORTE GIOCA D’ANTICIPO

3.6 CORTE E CRISI FINANZIARIA

A fronte dei provvedimenti legislativi statali che hanno in questi anni imposto nuovi vincoli finanziari, diretti o indiretti, alle Regioni, queste ultime sovente si sono rivolte alla Corte.

Con la sent. 198 del 2012, le Regioni hanno fatto ricorso avverso il d.l. n. 138 del 2011 che prevede che, per collocarsi nella classe più virtuosa degli enti territoriali, le Regioni avrebbero dovuto adeguare, nell’ambito della propria autonomia statutaria e legislativa, i rispettivi ordinamenti ai seguenti ulteriori parametri: a) riduzione del numero dei consiglieri

regionali; b) previsione che il numero massimo degli assessori regionali fosse pari o inferiore ad un quinto del numero dei componenti del Consiglio regionale, con arrotondamento all'unità superiore; c) riduzione a decorrere dal 1o gennaio 2012, (...) degli emolumenti e delle utilità, comunque denominati, previsti in favore dei consiglieri regionali entro il limite dell'indennità massima spettante ai membri del Parlamento, così come rideterminata ai sensi dell'articolo 13 del decreto; d) previsione che il trattamento economico dei consiglieri regionali fosse commisurato all'effettiva partecipazione ai lavori del Consiglio regionale; e) istituzione, a decorrere dal 1o gennaio 2012, di un Collegio dei revisori dei conti, quale organo di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione dell'ente; f) passaggio, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto e con efficacia a decorrere dalla prima legislatura regionale successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore del decreto, al sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali. Detta disciplina era da ritenersi estesa anche alle Regioni a statuto speciale108.

Il vizio a parere delle ricorrenti sarebbe rinvenibile in una violazione dell’art. 123 della Costituzione, in quanto la normativa statale lederebbe la potestà statutaria delle Regioni in materia di forma di governo e di principi fondamentali di organizzazione e funzionamento.

La questione, tuttavia, a parere della Corte è stata ritenuta non fondata in quanto «la disposizione censurata, quindi, non viola gli artt. 117, 122 e 123 Cost., in quanto, nel quadro della finalità generale del contenimento

108 Art. 14, comma 2, d.l. 138/2011 «L'adeguamento ai parametri di cui al co. 1 da parte delle

Regioni a Statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano costituisce condizione per l'applicazione dell'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, nei confronti di quelle Regioni a statuto speciale e province autonome per le quali lo Stato, ai sensi del citato articolo 27, assicura il conseguimento degli obiettivi costituzionali di perequazione e di solidarietà, ed elemento di riferimento per l'applicazione di misure premiali o sanzionatorie previste dalla normativa vigente».

della spesa pubblica, stabilisce, in coerenza con il principio di eguaglianza, criteri di proporzione tra elettori, eletti e nominati».

Già con la sent. n. 198 del 2012, il Giudice delle Leggi aveva adottato il seguente ragionamento: «La Costituzione detta norme che riguardano il rapporto elettori-eletti per i consiglieri e le modalità dell’accesso ai pubblici uffici per gli assessori». Verrebbero in rilievo, secondo la Corte, «per il diritto di elettorato attivo, l’art. 48 Cost. e, per il diritto di elettorato passivo e l’accesso agli uffici pubblici, l’art. 51 Cost.». Ciò posto, «la disposizione censurata, fissando un rapporto tra il numero degli abitanti e quello dei consiglieri, e quindi tra elettori ed eletti (nonché tra abitanti, consiglieri e assessori), (mirerebbe) a garantire proprio il principio in base al quale tutti i cittadini hanno il diritto di essere egualmente rappresentati».

In pratica la Corte costituzionale ancora una volta sacrifica l’autonomia degli enti territoriali in nome del contenimento della spesa pubblica, in questo caso anche discostandosi dall’indirizzo espresso in precedenti sentenze (n. 3 del 2006 e n. 188 del 2011109), in tema di autonomia regionale in materia di composizione dei Consigli.

D’altra parte la Corte a più riprese, anche in tempo di crisi è intervenuta a frenare la tendenza accentratrice del legislatore statale e con la sentenza n. 311 del 2012, ha ribadito che sono da considerarsi principi

109 Nella sent. n. 3 del 2006 (sulla legge elettorale della Regione Marche, n. 27 del 2004, il

cui art. 4 stabiliva che «il Consiglio regionale è composto da 42 consiglieri e dal Presidente della Giunta regionale») la Corte costituzionale ha evidenziato come, in quanto la composizione dell’organo legislativo rappresenta una fondamentale «scelta politica sottesa alla determinazione della “forma di governo” della Regione», la determinazione del numero dei membri del Consiglio sia da ritenere competenza statutaria. Nella sentenza n. 188 del 2011 il Giudice costituzionale ha precisato che qualora la Regione intenda introdurre la previsione del c.d. “doppio premio”, tale scelta deve allora presupporre che lo statuto stabilisca espressamente che il numero dei consiglieri possa essere aumentato.

fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., le norme che «si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi».

Con riguardo alle situazioni di eccezionale gravità del contesto finanziario, pur senza dimenticare l’ordine costituzionale delle competenze legislative, la Corte ha operato tuttavia una lettura estensiva delle norme di principio nella materia del coordinamento della finanza pubblica. Nella sentenza n. 148 del 2012, infatti, giudicando della legittimità costituzionale di una serie di disposizioni nel d.l. n. 78 del 2010, la Corte ha negato che una situazione emergenziale possa legittimare lo Stato ad esercitare funzioni legislative in modo da sospendere le garanzie costituzionali di autonomia degli enti territoriali, previste, in particolare, dall’art. 117 Costituzione. Sullo stesso percorso argomentativo e sempre il relazione al d.l. 78 del 2010, con la sentenza n. 151 del 2012 è stato negato che lo Stato possa «intervenire in ogni materia» per l’esigenza di far fronte con urgenza ad una gravissima crisi finanziaria.

Di tenore diverso è la sentenza n. 223 del 2012: in tale pronuncia la Corte afferma che l’eccezionalità della situazione economica che lo Stato deve affrontare è suscettibile senza dubbio di consentire al legislatore anche il ricorso a strumenti eccezionali, nel difficile compito di contemperare il soddisfacimento degli interessi finanziari e di garantire i servizi e la protezione di cui tutti cittadini necessitano; rimane comunque in capo allo Stato l’obbligo di garantire, anche in queste condizioni, il rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale, il quale,

certo, non è indifferente alla realtà economica e finanziaria, ma con altrettanta certezza non può consentire deroghe al principio di uguaglianza, sul quale è fondato l’ordinamento costituzionale110.

Con la sentenza n. 193 del 2012 la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 20, commi 4 (secondo il quale, fermo restando quanto previsto dal comma 3, ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica si intendono estese anche agli anni 2014 e successivi le misure previste per l’anno 2013 dall’art. 14, comma 1, del DL n. 78 del 2010, e ciò fino «alla entrata in vigore di un nuovo patto di stabilità interno fondato, nel rispetto dei principi del federalismo fiscale di cui all’art. 17, comma 1, lettera c), della legge n. 42 del 2009, sui saldi, sulla virtuosità degli enti e sulla riferibilità delle regole a criteri europei con riferimento all’individuazione delle entrate e delle spese valide per il patto») e 5 (il quale prevede ulteriori restrizioni di spesa per gli enti territoriali, misurate, quanto alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e Bolzano), del DL n. 98 del 2011. Sulla base del proprio orientamento che valuta quali principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi del terzo comma dell’art. 117 Costituzione, le norme che «si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi», la Corte ha osservato che l’estensione a tempo indeterminato delle misure restrittive già previste nella precedente normativa fa venir meno una delle due condizioni indicate, ovvero quella della temporaneità delle restrizioni.

Non rientrano tra i principi di coordinamento della finanza pubblica

110 Osservatorio sulla legislazione, Rapporto 2013 sulla legislazione tra Stato, Regioni e

nemmeno le previsioni dell’art. 19, comma 4, del dl. 98/2012, in tema di istituzioni scolastiche, valutate dalla Corte troppo di dettaglio (sen. 147 del 2012)