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Il corteggiamento sessuale, il gioco, la tecnologia e i simboli: i quattro vettori evolutivi delle art

Le innovazioni nelle tecnologie, nei mezzi di conservazio- ne e nei sistemi simbolici appartengono alle forze di cambia- mento più potenti nella storia delle arti. Qualunque siano stati le canzoni trasmesse oralmente, i miti, e gli altri canti narra- tivi, con l’invenzione della scrittura, e soprattutto con quella della stampa, non si è modificato solo il loro modo di trasmis- sione, ma il campo intero delle arti linguistiche. La semplice introduzione della differenza fra orale e scritto rimodella que- sto campo. I computer e le e-mails rimaneggiano a loro volta il campo della scrittura; i testi scritti a mano e a macchina hanno da allora dei ruoli diversi e delle poetiche rinnovate. Le nuo- ve possibilità di trasmissione e ricezione si ripercuotono mas- sicciamente sulla produzione e ricezione delle arti verbali. L’a- scolto e la lettura sono processati da sensi distinti e attraverso dei meccanismi neurocognitivi profondamente diversi. Anche come eventi sociali sono abbastanza difformi.

La creazione di nuove forme d’arte si ripercuote anche su quelle passate. Da quando esiste la fotografia, la ritrattistica e la pittura stessa sono diventate qualcosa di diverso. Da quan- do esiste il film, il racconto e il dramma non sono più quelli che erano una volta. Da quando esiste la musica elettronica, le forme musicali passate sono inserite in nuove coordinate per- cettive e di funzione sociale. L’aggiunta di un nuovo elemen- to implica sempre la modificazione e l’aggiustamento di quel- li passati.

Al momento non esiste una ragione per escludere la lunga fase dell’evoluzione (protostorica) delle arti umane da questa

logica. Le riflessioni che seguiranno si basano su questa pre- messa. Esse partono dal presupposto che i corrispettivi umani delle arti ornitologiche del canto e della danza, di cui Darwin ha supposto l’esistenza già nel moderno homo sapiens, sono soggetti, da almeno 100.000 anni, a notevoli dinamiche di tra- sformazione, dovute soprattutto all’“innesto” cooptante del- le nostre capacità di utilizzo degli utensili e della simbolizza- zione. Un’ulteriore capacità fondamentale, che è molto antica, ma che presumibilmente non era legata alle ipotizzate arti ses- suali, si è aggiunta come ulteriore elemento di trasformazio- ne: l’atteggiamento ludico dell’uomo. La tecnologia, i sistemi simbolici e l’atteggiamento ludico non ampliano semplicemen- te il campo delle arti di autopresentazione e di corteggiamento aggiungendo nuovi prodotti; essi lo trasformano e favoriscono delle modifiche funzionali.

Ogni singolo adattamento configurato con il corteggiamen- to sessuale sarà qui interrogato per coglierne il contributo alla creazione delle caratteristiche specifiche delle arti umane. Le questioni principali sono: quali adattamenti evoluti per altri fini possono, attraverso la loro cooptazione, ottenere un nuo- vo utilizzo culturale e fungere quindi come catalizzatori di un nuovo fenomeno culturale? Come può essere descritto il pro- cesso che ha implementato la configurazione di queste diverse facoltà? E quali prestazioni funzionali degli adattamenti reclu- tati trovano dei corrispettivi nelle arti stesse?

1. Il corteggiamento sessuale, il gioco e le arti

Il corteggiamento e la scelta sessuali non sono un gioco. I pavoni e gli altri uccelli non giocano con le loro possibilità estetiche. Per loro è una questione di vita o di morte mostrare quello che hanno da offrire sotto il profilo del fisico, del can- to, della danza o in qualità di architetti. Laddove la scelta del

partner si svolga attraverso un concorso di bellezza, il vecchio concetto di «Kunstrichter», ovvero di critico o giudice d’ar- te, ottiene un’impronta molto seria ed esistenziale. La posta in gioco dei candidati è il giudice femminile stesso, il loro premio è il successo sessuale nel corteggiamento. Il mancato successo è una sconfitta da evitare ad ogni costo e difficile da sopporta- re. Lo sforzo profuso per primeggiare in questa competizione è quindi illimitato. I contendenti non hanno problemi di moti- vazione. L’immagine dell’artista che è assorbito dalla propria attività si attaglia anche alla realtà di molte specie di uccelli che profondono una dedizione totale nelle loro rappresenta- zioni esteticamente elaborate.

Sicuramente fanno parte del comportamento di corteg- giamento umano anche i tratti giocosi che servono a testa- re la vicinanza e la corrispondenza dei sentimenti. Questa nota ludica è più una parvenza comunicativa dietro la quale al rischio sono concesse delle licenze e i rifiuti non provoca- no umiliazioni importanti. Il fine e l’esito del corteggiamento hanno, anche nel caso di innesti di aspetti ludici, dei correlati affettivi diversi rispetto a quelli del semplice gioco.

Uno sguardo contrastivo sulle scimmie e sugli altri mammi- feri conferma questa frattura: il gioco è nella teoria evoluzio- nistica principalmente un’esercitazione dei comportamenti di caccia, difesa e fuga, ma non ha nulla in comune con le auto- presentazioni nella danza e nel canto di fronte all’altro sesso. Sebbene molti uccelli “si esercitino” nel canto, questo atteg- giamento non viene definito un gioco da parte degli ornitolo- gi. A questa evidenza aneddotica corrisponde il fatto che nel- la biologia l’atteggiamento ludico è difficilmente riferito alla selezione sessuale. L’inclinazione al gioco tipica per ogni spe- cie è spiegabile senza problemi attraverso la teoria della sele- zione naturale.

Le arti rappresentano un caso interessante dal punto di vista evoluzionistico, perché sono interpretate, da un lato, attraverso

il modello darwiniano della selezione sessuale, dall’altro sono spesso riportate, anche dai teorici dell’evoluzionismo, all’at- teggiamento ludico. Entrambe le soluzioni sono affatto ben motivate. Tuttavia raramente o mai si tiene in considerazione che l’affinità col gioco delle arti umane – ammesso e conces- so che sia così – non è facilmente conciliabile con lo scenario darwiniano della selezione sessuale. Chi pensa alle arti parten- do dall’atteggiamento ludico, le pensa a partire da un atteggia- mento che non appartiene al raggio d’azione delle elaborazio- ni estetiche nei corteggiamenti sessuali.

Dal punto di vista evoluzionistico questo non è un proble- ma, poiché un atteggiamento che si è evoluto come trasforma- zione di un altro può generare, per definizione, delle nuove caratteristiche. Le analogie con l’atteggiamento ludico devo- no essere interpretate come una dote evolutiva delle arti, che richiedono una riflessione separata e supplementare. Le osser- vazioni di Darwin sul piacere (apparentemente) disinteressato di diversi uccelli nel movimento e nel canto offrono un pon- te fra il modello del corteggiamento sessuale profondamente serio e l’atteggiamento ludico estetico:

Si è anche osservato che il canto del maschio non può servire da attrazione perché i maschi di certe specie, per es. i pettirossi, cantano in autunno. Ma niente è più comune del fatto che gli animali si com- piacciano di praticare un istinto, che essi seguono in altri periodi, in vista di un concreto beneficio. Quante volte vediamo uccelli che volano liberamente, scivolando e navigando nell’aria per il loro solo piacere? […] Perciò non è affatto sorprendente che i maschi conti- nuino a cantare per il loro divertimento anche dopo che sia finito il tempo di corteggiare. (II 54, 286)

Vi sono quindi dei contesti nei quali gli atteggiamenti – in- cluse le arti del corteggiamento estetiche – sono praticate per il piacere di farlo e senza una finalità pragmatica («real good»). Darwin riporta anche di casi di canto ossessivo:

Che l’uso di cantare sia qualche volta assolutamente indipenden- te dall’amore appare chiaro perché si è scritto di un canarino sterile e ibrido che cantava mentre si guardava in uno specchio […] [per un uccellatore] la prova che un cantore è veramente bravo consiste nel fatto che esso continua a cantare mentre la gabbia viene fatta roteare sulla testa del proprietario. (II 53, 286)

Si impone il confronto con le forme più acute di “pazzia” artistica (la manía di Platone in accezione artistica). Darwin spiega siffatte ossessioni, che sfociano nella disinteressata eser- citazione delle arti estetiche, anche con la funzione duplice del canto che mira a “sedurre” l’altro sesso e contemporaneamen- te a primeggiare sui contendenti del proprio sesso o a spaven- tarli. Nell’ottica del momento competitivo gli uccelli maschi possono motivarsi reciprocamente in concorsi canori (sessua- li) anche in assenza dell’oggetto sessuale, sempre che il canto non faccia parte del loro comportamento territoriale anche al di fuori del tempo della cova. Apparentemente Darwin suppo- ne che l’assenza di un interesse sessuale reale modifichi il cor- relato affettivo della competizione. Invece dello stress acuto e della serietà troviamo un agone dai tratti liberi e ludici, una competizione che, almeno in apparenza, crea piacere. La con- correnza all’interno del proprio sesso e il piacere autogratifi- cante non sono in contraddizione. Darwin osserva come «gli uccelli […] si delizino della loro musica e cerchino di superar- si a vicenda» (II 277, 399).

Si può supporre che sia il piacere autoalimentato del pro- prio canto, sia la tendenza alla sfida musicale per il gusto del- la competizione abbiano come effetto secondario l’esercitazio- ne al fine di migliorarsi che contribuisce al successo finale nel corteggiamento sessuale. L’esercitazione giocosa e disinteres- sata di un’arte e la sua funzione per la vita futura di un’orga- nizzazione non si escludono, qui come altrove, a vicenda. Cio- nondimeno rimane la differenza fra un piacere autosufficiente e la serietà che vige negli scenari del corteggiamento sessua-

le. Il canto eseguito per il proprio piacere non presenta nean- che approssimativamente gli stessi livelli di stress del canto competitivo per il partner sessuale. Le arti estetiche, che nel- la selezione sessuale sono valutate e premiate dall’altro sesso, conoscono quindi anche forme ludiche autogratificanti. Solo questo ponte permette di connettere, almeno in parte, l’aspet- to ludico con il modello della selezione sessuale.

Le estetiche filosofiche di Kant e di diversi altri autori sono invece dominate dal paradigma del «gioco» e da una forma di «conoscenza» giocosa. Contemporaneamente esorcizzano qualsiasi forma di momento sessuale. Così facendo non han- no posto solo le basi per la veemente opposizione della tradi- zione umanistica nei confronti dell’estetica evoluzionistica che si è creata sulla scia di quella darwiniana. Esse hanno anche un problema, visto che nel quadro di una teoria il cui shibbo- leth è «il libero gioco delle associazioni», la serietà specifica o addirittura l’ossessione dell’impegno artistico non trova spazio alcuno. Le considerazioni di Kant sul genio, che conforme- mente alla sua teoria determinano l’indeterminatezza del bello artistico, sono un ricordo (criptato) di qualcosa che deborda la teoria del giudizio estetico e del divagare dell’immaginazio- ne. Al genio viene ascritto, con parole apertamente metafisi- che, ciò che con il paradigma estetico prescelto non può esse- re spiegato. Il genio è spinto dalla «natura», non dalla «natura nel soggetto», ma dalla «natura» stessa.1 Questa dona all’ar-

tista, come sostenevano le antiche concezioni dell’ispirazione, qualcosa di cui «lui stesso non sa, come in lui si siano potu- te creare le idee». Kant aggiunge che una simile descrizione del genio è per la teoria del giudizio (gusto) estetico un pro- blema, un corpo estraneo, che deve essere tenuto sotto con- trollo.2 Questo problema non riguarda solo il ruolo cognitivo

1 Kant, Critica del giudizio, p. 280ss. (§ 46).

del giudizio estetico per il genio «naturale», ma anche il tra- dizionale correlato affettivo dell’ispirazione dall’alto, dell’en- tusiasmo ecc. la “buona” pazzia (manía) secondo Platone. Entrambe non possono essere utilizzate da Kant.3 Come infat-

ti si potrebbe salvaguardare la «libertà del gioco» in un campo le cui «regole» sono date dalla natura e in cui vige la forza del- la mania entusiastica che priva della «libertà»?

Le riflessioni di Darwin sul canto privo di finalità dei vola- tili offrono una via d’uscita. Esse pongono la variante ludica del canto degli uccelli nell’orizzonte di funzioni molto serie (il corteggiamento sessuale e il comportamento territoriale) che sono sicuramente più «naturali» delle intuizioni del genio umano. Analogamente l’attività geniale dell’artista umano che è opaca a se stessa potrebbe essere interpretata come una trac- cia erratica di una forza motivazionale molto seria – per dir- la con Darwin: essa potrebbe essere interpretata come relitto dell’originaria natura sessuale della lotta per il primato in cam- po artistico. Una simile genealogia criptosessuale della voca- zione artistica (serietà, passione) non è inizialmente più di un

aperçu. A mente fredda, non è più speculativa e meno proba-

bile delle ipotesi metafisiche di un dono appassionato da parte degli dei o della «natura» stessa.

Dopo queste considerazioni preliminari sulle relazioni te- se fra una teoria delle arti umane basata sulla sexual choice e quella fondata sul gioco affrontiamo la teoria evoluzionisti- ca del gioco. Si può trovare un atteggiamento ludico in mol- ti mammiferi e uccelli.4 Anche i primati non-umani ne fan-

no parte. Le scimmie si esercitano nel gioco della caccia e della lotta e mostrano atteggiamenti ludici esplorativi spin-

3 Ibid., p. 30ss. e Kant, Critica del giudizio, pp. 249-252ss.

4 Fagen, Animal Play Behavior; Panksepp et. al., «The Psychobiology

of Play: Theoretical and Methodological Perspectives» e Panksepp, «The Ontogeny of Play in Rats».

ti da curiosità cognitiva.5 Questo tipo di atteggiamento ludi-

co si avvicina alle corrispondenti modalità giocose dei bambi- ni piccoli. Esso potrebbe – collegato alle capacità nell’utilizzo degli strumenti – aver offerto la base evolutiva che permet- te agli scimpanzé di sfruttare in modo giocoso-esplorativo le potenzialità che gli uomini mettono loro a disposizione dan- do loro carta e colori.6 Per questo Bernhard Rensch ha raccol-

to un certo numero di studi sulle preferenze estetiche e le pro- duzioni artistiche delle scimmie sotto il titolo «Play and Art in Monkeys and Apes».

Notoriamente le forme ludiche servono per apprendere e migliorare le capacità motorie e comunicative vitali, soprattut- to le abilità competitive della caccia, dell’attacco e della difesa. Questi e altri vantaggi funzionali di lunga e media durata non appartengono di regola – o perlomeno non obbligatoriamen- te – alla percezione di sé di colui che gioca. Concretamente il gioco viene percepito piuttosto come privo di scopo e animato da una passione che si autoalimenta nell’immediatezza del gio- co ovvero la gioia del gioco in quanto tale. In ciò risiede una delle sue affinità con il piacere estetico.

L’atteggiamento ludico implica di regola l’importante capa- cità cognitiva di saper tracciare un confine netto («decou- pling») fra la combattività reale, che può avere delle serie conseguenze, e la sua simulazione «off-line», che evita simi- li conseguenze.7 Poiché il gioco è di solito un’interazione

sociale, bisogna che vi sia una sincronizzazione comunicati- va nell’interpretazione cognitiva di una data situazione (gio- co vs. non-gioco) condivisa da tutti i partecipanti. Ne fanno parte diverse forme di Invito al gioco, per esempio l’urtare un

5 Rensch, Bernhard, «Play and Art in Apes and Monkeys», pp. 105-110. 6 Cfr. Rensch, «Malversuche mit Affen»; Morris, The Biology of Art;

Lenain, «Ape-Painting and the Problem of the Origin of Art», pp. 207-209.

7 Storey, Mimesis and the Human Animal e Tooby/Cosmides, «Does

potenziale partecipante, l’offerta di un oggetto adatto al gioco o la segnalazione tramite gesti di una predisposizione al gio- co. Colui che inizia un gioco deve segnalare alla persona che ha di fronte di essere in procinto di fare qualcosa che è nel contempo attacco e non-attacco. Il partner di giochi potenzia- le deve comprendere questo invito al gioco e accondiscendere in poche frazioni di secondo ad un contratto ludico. Egli assu- me, palesemente, a sua volta un ruolo di attacco o difesa, che non è “serio”, ma solamente simulato. Fa parte di questo con- tratto che i ruoli siano interscambiabili, che entrambi i gioca- tori abbiano tendenzialmente le stesse possibilità di vincere le partite (pare che gli animali più forti tendano a volte a limitare la propria supremazia) e che ogni giocatore possa abbandona- re a suo piacere la modalità ludica.8 Questi sono accordi mol-

to complessi. L’atteggiamento ludico non implica solo le capa- cità cognitive e di comunicazione sociale, bensì le esercita e le rafforza.

I segnali esterni per lo stato «on» della modalità ludica so- no difficilmente espliciti come nel «play-face» di molte spe- cie di scimmie. Tuttavia la sincronizzazione comunicativa pare funzionare rapidamente ed in modo affidabile. Per via di que- sta necessità di coordinamento, il gioco non è solo una pale- stra per l’ottimizzazione di capacità motorie individuali, ma anche per la creazione comunicativa di uno scenario di atten- zione e azione condiviso che include delle preimpostazioni (schemi) sincronizzate con precisione della valutazione cogni- tiva e affettiva. Gli uomini giocano anche nella loro immagina- zione con il confine delle cornici cognitive fra gioco e serietà. Essi possono rendere consapevolmente ambiguo il loro atteg- giamento e lasciare per un certo lasso di tempo in sospeso se stanno agendo seriamente o se stanno già giocando. E posso-

no anche tentare di spacciare a posteriori un atteggiamento problematico come “semplice gioco”.

Lo svincolamento giocoso di molti importanti schemi atti- tudinali dalle loro conseguenze crea, in contesti non-ludici, uno spazio (didattico) scevro da rischi in cui la realtà è messa fra parentesi e ha una sussistenza virtuale.9 Essa crea un mon-

do parallelo o secondario («twin earth») accanto a quello rea- le e quindi un’ontologia multipla.10 Nei rispettivi mondi val-

gono delle cornici cognitive diverse, che per la stessa azione implicano impronte, valutazioni e conseguenze diverse. Pro- prio questo strappo ontologico nell’unica realtà crea – invece di sfociare in una confusione cognitiva – una libertà d’azione interamente nuova e potenzialmente vitale. Esso permet- te, dalla posizione eccentrica della realtà sospesa, un miglior approccio alla realtà. L’atteggiamento ludico umano che arric- chisce queste possibilità attraverso l’aggiunta delle facoltà del linguaggio e dell’uso simbolico, è una grande scuola di tutte le tecniche funzionali e di simulazione, anche di quella estetica.

Le arti moltiplicano il gioco con le cornici cognitive che codificano ogni mondo con regole diverse. Ogni genere, addi- rittura ogni singola opera richiede e implementa la costru- zione implicita di un proprio “campo da gioco” con precise regole. Le prassi giocose e artistiche si avvicinano in questo ai sistemi assiomatici. Creando dei mondi autonomi e autorefe- renziali in grande quantità e diversità, le opere d’arte non met- tono in forse il realismo ingenuo dell’unica realtà esistente solo attraverso l’opposizione binaria fra gioco e realtà, ma anche

9 Tooby/Cosmides, «Does Beauty Build Adapted Minds?»; Deacon,

«The Aesthetic Faculty», p. 30ss.; Eibl, Kultur als Zwischenwelt, pp. 164- 169; Neumann, Funktionshistorische Anthropologie der ästhetischen Produk-

tivität, pp. 36-61.

10 Lillard, «Pretend Play as Twin Earth». Cfr. Cosmides/Tooby, «Consid-

er the Source: The Evolution of Adaptations for Decoupling and Metarepre- sentation».

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