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giurispru-denza (C. di Stato 24/04/2019 n.2628) “presupposto del

mu-tamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante (omis-sis), è che l’uso diverso com-porti un maggiore peso urba-nistico effettivamente inciden-te sul inciden-tessuto urbano”.

È evidente che questa verifica non possa prescindere dalla pianificazione che, nella stes-sa zona, potrebbe avere pre-visto diverse destinazioni d’u-so e, conseguentemente, pa-rametrato gli standard in modo adeguato.

Sostiene il C. di Stato Sez. VI sentenza 6562/2018 ultimo pe-riodo punto 6:

“…il mutamento di destinazio-ne d’uso di un fabbricato che determini, dal punto di vista ur-banistico, il passaggio tra di-verse categorie in rapporto di reciproca autonomia funzio-nale, comporta inevitabilmente un differente carico ed un mag-giore impatto urbanistico, an- che se nell’ambito di zone ter-ritoriali omogenee, da valuta-re in valuta-relazione ai servizi e agli standard ivi esistenti”.

Un principio che, rispetto alla formulazione dell’articolo 8 co.

1 lett. a) e b) L.R. 36/1987 re-cepite nell’articolo 17 co. lett.

a) e b) L.R.15/2008, si basa sull’equazione:

variazione essenziale / muta-mento di destinazione d’uso che implichi variazione degli standard.

È chiaro come la necessità di una verifica estesa alle carat-teristiche del Piano renda per-seguibile, con la ingiunzione di demolizione, anche la modifica verso una destinazione d’uso che richieda una minore con-sistenza di standard con DE-CREMENTO del carico urba-nistico. Una conseguenza del tutto illogica, esclusa dalla sen-tenza 2698/2019 del C. di Sta-to laddove afferma esplicita-mente che “l’accertato disuso di un immobile esclude in radi-ce il presupposto del mutamen- to di destinazione rilevante a fi- ni urbanistico-edilizio, cioè l’au-mento del carico urbanistico”.

ANALISI DELL’ART. 23 TER DEL DPR 380/2001 IN TEMA DI CAMBIO DESTINAZIONE D’USO

Il cambiamento di destinazione d’uso, purtroppo, è una que-stione annosa che non si rie-sce a risolvere in modo definiti-vo e soddisfacente e che, prin-cipalmente per l’incapacità di operare scelte attuali e defini-tive, rimane una disciplina che

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abbraccia epoche caratterizza-te da atcaratterizza-teggiamenti molto di-versi: ad esempio, se alla fine degli anni Sessanta l’impera-tivo era “governare” la costru-zione di fabbricati, oggi l’obiet-tivo è “recuperare” il patrimonio edilizio esistente.

Il recupero strutturale e fun-zionale, “anche con il muta-mento delle destinazioni d’u-so” come previsto dall’articolo 5 commi 9/10 e 11 della legge 12/07/2011 n. 106, come inter-vento assume i connotati di in-teresse pubblico, e, come già accennato, è reso compatibile con la “deroga” di cui agli arti-coli 14 DPR 380/01 e 1 quater della L.R. 36/1987.

Un processo valorizzato a li-vello regionale con la legge 7/2017 “Disposizioni per la ri-generazione urbana e per il recupero edilizio”, nell’ambito della quale il mutamento del-la destinazione d’uso degli im-mobili esistenti è ampiamente consentito, fino a coinvolgere immobili di notevole consisten-za, articolo 4 “… singoli edifi-ci aventi una superficie lorda complessiva fino ad un mas- simo di 10.000 mq, con muta-mento della destinazione d’uso tra le categorie funzionali in-dividuate all’articolo 23 ter del

d.p.r. 380/2001 con esclusione di quella rurale”.

Per esigenze di semplifica-zione burocratica, il tema vie-ne ripreso in peggio con il D.L.

133/2014 convertito in legge 11/11/2014 n. 164, inserimen-to nel DPR 380/01 dell’artico-lo 23-ter: “costituisce muta-mento rilevante della destina-zione d’uso ogni forma di uti- lizzo dell’immobile o della sin-gola unità immobiliare diversa da quella originaria (omissis) purché tale da comportare l’as-segnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare ad una diversa categoria tra quelle sotto elencate:

a) residenziale;

a-bis) turistico-ricettiva;

b) produttiva e direzionale;

c) commerciale;

d) rurale”.

L’articolo 23-ter cambia il pun-to sul quale fare leva per dimo-strare il mutamento d’uso urba-nisticamente rilevante, si pas-sa dalla oggettività effetti: l’u-so diverl’u-so comporti un mag-giore peso urbanistico effetti-vamente incidente sul tessuto urbano, al dato astratto della categoria: che penalizza an-

che l’uso diverso che non com-porta un maggiore peso urba-nistico effettivamente incidente sul tessuto urbano.

1.Da commerciale–direzionale a residenziale, ai sensi DM 1444/68, decremento degli standard -24%;

2.Da industriale a direziona-le prevista nella stessa zo-na omogenea dal piano, do-tata di standard rapportati al-le destinazioni;

3.Nell’ambito dello stesso fab-bricato, da cantina conside-rata come volume urbanisti-co nel progetto di urbanisti- costruzio-ne, a residenziale; il cambio non determina incremento di peso urbanistico ai sensi del DM 1444/68 art. 3 comma 3.

Nel contesto dell’articolo 23-ter prima stesura, ho trovato in-teressante e innovativo per il contributo di chiarezza sul te-ma, il comma 2 “La destina-zione d’uso di un fabbricato è quella prevalente in termini di superficie”.

Purtroppo, ha avuto vita bre-ve, sostituito dall’articolo 10 comma 1 lett. m) della leg-ge 120/2020, è stato utile per dimostrare come la Regione che ha competenza a legifera-re, anche se in concorrenza, si rapporta con le norme.

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Mi riferisco al parere della Di-rezione regionale per le politi-che abitative e la pianificazione territoriale, paesistica e urbani-stica, Area legislativa e confe-renze di servizi, del 06/03/2019 protocollo 175831 avente og-getto: Applicazione dell’art.

23ter, comma 2, del DPR 380/2001 in tema di cambio destinazione d’uso.

Di seguito viene riportato ad esempio un caso pratico e semplice di interesse genera-le, oggetto di specifici artico-li in rete.

Andiamo per ordine, nel 2019 viene richiesto all’area legisla-tiva la possibilità di “ottenere il cambio di destinazione d’uso da magazzino a residenziale della porzione di tale immobile posta al piano terra, immobile che per la restante, e prevalen-te parprevalen-te insisprevalen-tenprevalen-te al primo pia-no, ha destinazione residen-ziale a seguito di permesso di costruire in sanatoria rilasciato ai sensi della legge 47/1985”.

L’Ente precisa che la desti-nazione d’uso da prendere in considerazione è quella pre-valente in termini di superficie (quindi nel caso residenziale).

Lo stesso Ente è consapevole del principio per cui i

mutamen-ti di desmutamen-tinazione d’uso interni a ciascuna delle cinque cate-gorie, in quanto irrilevanti ur-banisticamente, sono sempre consentiti (quindi residenziale nel residenziale).

L’area dell’assessorato urba-nistica, dopo avere preso atto della vigente legislazione, for-nisce una risposta completa-mente scollegata dalle norme:

“Il cambio di destinazione d’uso di un magazzino a re-sidenziale non è “certamen-te” (!) ammesso, e tantomeno può esserlo in zona agricola.

In primo luogo, va rilevato, che la destinazione a magazzino non rientra in nessuna di quel-le di cui all’art. 23 ter del DPR 380/01, e quindi per essa non è ammessa nessuna modifica ai sensi della norma citata. Ta-le norma, infatti, non ha “sicu-ramente” (!) inteso consentire il passaggio dalle destinazioni quali cantine, depositi e/o ma-gazzini in una di quelle urba-nisticamente rilevanti elencate nel medesimo art. 23 ter”.

Il problema del cambio di de-stinazione d’uso di porzioni mobiliari a servizio di unità im-mobiliari a destinazione resi-denziale, così pure dei nego-zi di prima necessità, servinego-zi collettivi per le abitazioni, studi

professionali, continua “ingiu-stamente” a sussistere a livel-lo amministrativo e pure giudi-ziario, nonostante la chiarezza all’origine, con il DM 1444/68.

L’articolo 3 comma 3 prevede, nella stesura del piano, una maggiorazione del carico ur-banistico per abitante di 5 mq (pari a circa 20 mc vuoto per pieno) per “destinazioni stret-tamente connesse alla resi-denza” (negozi di prima ne-cessità, servizi collettivi per le abitazioni, studi professiona-li, ecc.).

Il combinato disposto degli arti-coli: 3 comma 3, DM 1444/68 e 23 ter DPR 380/01, permette di affermare che il mutamento di destinazione d’uso avente ad oggetto le destinazioni sopra elencate non rientra tra quelle urbanisticamente rilevanti per le seguenti motivazioni:

1. Come categoria funziona-le per definizione di legge

“strettamente connesse al-la residenza”;

2. Per mancanza di incremen-to del carico urbanistico già considerato in sede di reda-zione del piano.

Ovviamente, per avvalersi del-la suddetta disposizione gli im-mobili devono possedere

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ratteristiche costruttivo-tipolo-giche che rispettino i requisiti igienico sanitari previsti per la destinazione d’uso, devono es-sere stati considerati come vo-lume urbanistico nel progetto di costruzione oppure, se esi-stenti, nella fase di redazione del piano.

Non è ammesso il cambio di destinazione d’uso solo se la cantina asservita ad immobile a destinazione residenziale è completamente interrata, esclu-sa dal calcolo del volume urba-nistico, in quanto determina in-cremento del carico urbanistico non considerato nel piano.

Con altrettanta convinzione, supportata da norme, è am-messo il cambio di destinazio-ne d’uso di una cantina asser-vita ad immobile a destinazio-ne residenziale a sistemazio-ne fuori terra considerata sistemazio-nel calcolo del volume urbanistico da progetto, in residenziale in quanto:

-

Appartenente alla stessa ca-tegoria funzionale;

-

Non determina incremen-to del carico urbanistico in quanto considerato in fase di progettazione.

-

Questi principi, per deduzio-ne, trovano conferma nella

sentenza TAR Lazio sezione II bis n. 7739/2018.

“spazi “accessori” o adibiti a servizi che, secondo lo stru-mento urbanistico vigente, non hanno valore di superficie edifi-cabile e non sono presi in con-siderazione come superficie residenziale all’atto del rilascio del permesso di costruire: au- torimesse, cantine, soffitte e lo-cali di servizio rientrano, di nor-ma, in questa categoria.

Perciò non è possibile ritene-re urbanisticamente irrilevante la trasformazione di un garage, di un magazzino o di una soffit-ta in un locale abidi un magazzino o di una soffit-tabile; senza considerare i profili igienico-sa-nitari di abitabilità del vano, in ogni caso si configura, infatti, un ampliamento della superfi-cie residenziale e della relativa volumetria autorizzate con l’ori-ginario permesso di costruire”.

Il tema è stato discusso, in un recente articolo in rete, da un importante urbanista che al-la domanda “La cantina-gara-ge non è già residenziale?” ha risposto così “Difficile afferma-re che la cantina-garage non risulti destinazione residen-ziale”, salvo poi “concordare”

nello stesso articolo sul cam-bio d’uso urbanisticamente ri-levante.

È chiaro che permane lo stato di incertezza, nonostante l’e-voluzione normativa tenda ad un allentamento di pressione sul mutamento di destinazio-ne d’uso degli immobili con la modifica apportata all’artico-lo 3 comma 1 lett. c) del DPR 380/01, dall’articolo 65-bis del-la legge 21/06/2017 n. 96, del- lad-dove le parole “ne consenta-no destinazioni d’uso con es-si compatibili” vengono sostitu-ite con “ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai rela-tivi piani attuarela-tivi”.

La possibilità di modificare la destinazione d’uso degli im-mobili con interventi di restau-ro e risanamento conservati-vo, insieme agli effetti dell’ar-ticolo 5 comma 1 lett. g) n. 4 della legge regionale 1/2020 di abrogazione del quarto com-ma articolo 7 della legge regio-nale 36/1987 (Nei centri stori-ci, come definiti dall’articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968 n. 1444, è di norma vieta-to il mutamen1968 n. 1444, è di norma vieta-to delle destina-zioni d’uso residenziali), apre ai cambi di destinazione d’uso in generale ed anche nei cen-tri storici, con la limitazione di

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compatibilità con gli elemen-ti elemen-tipologici, formali e strutturali del fabbricato.

PRESA D’ATTO DELLA

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