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La coscienza come comples- comples-sità dell’intelligenza naturale

Nel documento RIVISTA DI SCIENZE DELL EDUCAZIONE (pagine 22-25)

3. La coscienza come comples- comples-sità nell’intelligenza naturale

3.1. La coscienza come comples- comples-sità dell’intelligenza naturale

e artificiale

Il tema della complessità e della sua possibile riduzione a regole e principi semplici programmati biologicamente

e riprogrammabili tecnologicamente, rimane una delle più importanti que-stioni aperte. Da come si è osservato sopra appare evidente che sono in gioco, da una parte la vita che durante l’evoluzione si da delle regole e le regole che, creando programmi, mo-dificano la vita. L’intreccio tra l’evo-luzione e il programma costituisce quindi la questione fondamentale.

Questione affrontata da diversi stu-diosi, e recentemente da M. Tegmark.

L’evoluzione è il fenomeno in cui il cambiamento avviene secondo pa-radigmi selettivi (soprattutto la sele-zione naturale) che portano anche alle capacità cognitive ma che sono indipendenti dall’intervento di un’in-telligenza; il progetto è il fenomeno in cui il cambiamento avviene secondo processi tecnologici messi in atto da un’intelligenza. Gli aspetti in gioco sono: a) nell’evoluzione biologica del-l’intelligenza naturale il cervello e la mente, ma anche il corpo come con-testo originario della relazione del cervello-mente con l’ambiente; b) nel programma tecnologico dell’intelli-genza artificiale l’hardware e il soft-ware, ma anche il robot come stru-mento indispensabile nella relazione dell’hardware-software con l’ambien-te. Tegmark, come altri, ritiene anzi-tutto che in entrambi i casi si possa parlare di vita, sia essa naturale o ar-tificiale, biologica o tecnologica, e ri-conduce tutta la storia della vita alla dinamica tra il supporto fisico (cervello o hardware) e il programma cognitivo (mente o software). Avremmo così anzitutto Vita 1.0, corrispondente allo stadio biologico, dove tanto

l’har-DOSSIER

dware quanto il software derivano dall’evoluzione e non da un progetto:

durante l’evoluzione la base fisica di ciò che chiamiamo mente, ossia il cervello (hardware) è la condizione necessaria perché evolva anche la stessa mente (software). Avremmo, poi, Vita 2.0, corrispondente allo sta-dio culturale, dove l’hardware è frutto dell’evoluzione mentre il software è quasi integralmente progettato: grazie al cervello così com’è evoluto, ossia all’hardware, l’uomo può assimilare informazioni ed elaborare algoritmi che incrementano le sue capacità mentali, ossia può progettare il proprio software. Infine, avremmo Vita 3.0, corrispondente allo stadio tecnolo-gico, dove tanto l’hardware quanto il software sono progettati: l’uomo può intervenire tanto sul proprio cervello, anche grazie alla creazione di supporti fisici come il computer, quanto sulle proprie capacità mentali, ossia può progettare tanto il proprio hardware quanto il proprio software.59 In altre parole, «Vita 3.0 è padrona del proprio destino, finalmente del tutto libera dai vincoli della sua evoluzione».60 Alla base sta la convinzione che l’in-telligenza sia un sistema di informa-zioni capace «di realizzare fini com-plessi».61 Per comprendere meglio questa complessità dei fini, si può partire dalla distinzione tra il mondo fisico inorganico e quello organico.

Le particelle elementari, di cui è com-posto l’universo, tendono alla dissi-pazione, mentre le componenti fon-damentali della vita, ossia i geni, ten-dono alla replicazione, e quindi, al-meno entro certi limiti, tendono a

evitare la dissipazione.62 Nel passag-gio dal mondo inorganico al mondo organico si ha un cambiamento (par-ziale) dei fini. Quando, però, si giunge a livelli ancora più complessi, come quello del cervello umano, si nota un nuovo cambiamento, dato che l’es-sere umano si muove in ordine a fini come l’arte, la religione, la scienza, e può anche decidere di non procreare, ossia di sospendere la replicazione.

«Il nostro cervello è molto più intelli-gente dei nostri geni e, ora che com-prendiamo il fine dei nostri geni (la replicazione), lo troviamo molto banale e ci risulta facile ignorarlo».63 Il ruolo delle macchine rafforza questo nuovo orientamento dato che hanno il com-pito di favorire gli scopi umani.64 Lo spostamento dei fini nelle forme di intelligenza più avanzata, implica ciò a cui già altri hanno fatto riferi-mento, ossia l’emergency. Il fenomeno forse più emergente del cervello è quello della coscienza che ha indub-biamente proprietà «al di là e al di sopra di quelle delle sue particelle».65 Per l’approfondimento di questo aspetto, Tegmark ricorre a una delle tesi neurologiche più recenti sulla coscienza, ossia quella di G. Tononi, che ha lavorato a lungo con G. Edel-man. Il cervello è composto di parti-celle che compongono le molecole e quindi le cellule e i neuroni, ma né le particelle, né le molecole, né le cellule e neppure i neuroni sono coscienti.

Solo la complessa organizzazione del cervello, e del cervello in un corpo, mostra la caratteristica della coscienza. La semplice somma di COSCIENZA E INTELLIGENZA ARTIFICIALE: LA COSCIENZA NEL DIALOGO / GIORGIO BONACCORSO

tutte le caratteristiche delle cellule, sottolinea Tononi, non produce la co-scienza perché questa implica una caratteristica aggiuntiva, con la con-seguenza che il tutto è più della som-ma delle parti.66 In questo modo viene abbandonata, o almeno così sembra, l’idea di Minsky. Tononi ricorre alla tesi secondo cui il tutto è più della somma delle parti attraverso la teoria dell’informazione integrata secondo cui l’informazione è generata, appunto, da un sistema oltre le sue parti.67 Il suo simbolo può essere Φ (Phi), ossia il simbolo del rapporto aureo: il modo giusto per dividere qualcosa in parti.

In termini più dettagliati: a) ricorda la fenomenologia; b) la I rimanda all’idea di informazione; c) O, il cerchio, ri-chiama l’integrazione.68

La coscienza ha a che fare con l’infor-mazione integrata perché implica «un sistema per il quale l’informazione ge-nerata dal tutto al di là delle sue parti raggiunge il massimo […]. Un com-plesso».69 Non si può parlare di co-scienza senza riferirsi a un sistema ab-binato all’idea di complesso: «un com-plesso è dove vive la coscienza».70 La comprensione della coscienza se-condo i criteri della complessità e quindi come fenomeno emergente, è quanto mai interessante ma è co-munque sempre inteso entro il quadro di riferimento che concepisce l’intel-ligenza come informazione. Ciò porta Tegmark a intendere l’emergenza come (relativa) indipendenza dell’in-telligenza rispetto al suo supporto fi-sico. Di conseguenza anche la co-scienza è indipendente dal suo

sup-porto fisico.71 Per la coscienza importa solo la struttura dell’elaborazione del-l’informazione, non la struttura della materia che compie l’elaborazione.

E qui torna la nozione di emergenza.

Tegmark infatti sostiene che «se la stessa elaborazione dell’informazione obbedisce a certi principi, può dar luogo al fenomeno emergente di livello superiore che chiamiamo coscienza».72 Ma come può avvenire questo feno-meno emergente di livello superiore?

Su questo punto Tegmark ritiene che

«il sistema cosciente debba essere integrato in un tutto unificato, come ha sostenuto Giulio Tononi, perché, se fosse costituito da due parti indi-pendenti, queste si sentirebbero come due entità coscienti separate».73 Teg-mark sostiene che alla base della co-scienza ci siano almeno quattro principi (di informazione, di dinamica, di indi-pendenza, di integrazione) e, sulla base del tutto irriducibile alle sue parti, sostiene che «i quattro principi insieme significano che un sistema è autono-mo, ma le sue parti non lo sono».74 La teoria di Tononi, dell’informazione integrata, è stata molto criticata, ma mantiene un certo valore dato che tutte le altre teorie sulla coscienza sono decisamente vaghe. Uno degli aspetti più interessanti ma anche problematici è che Tononi crede sia possibile estendere la coscienza al-l’intelligenza artificiale a condizione che si mettano insieme tutti quegli elementi grazie ai quali scatta il «di più» di quel tutto (rispetto alla somma delle sue parti) che costituisce un si-stema cosciente. Infatti se quel «di

DOSSIER

più» scaturisce automaticamente dall’assemblare tecnologicamente (in-formaticamente) tutti gli elementi che lo rendono possibile nell’ambito bio-logico, lo si può ancora considerare veramente un «di più» rispetto alla somma delle parti? Naturalmente oc-corre verificare meglio di quali ele-menti si tratti, ma sembra strano, però, che siano riducibili a quelli as-semblabili in un programma che pre-determinerebbe la coscienza.

3.2. La coscienza come esperienza

Nel documento RIVISTA DI SCIENZE DELL EDUCAZIONE (pagine 22-25)

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