VERSO I “COSTI EFFICIENTI” DI GESTIONE: IL RUOLO DI ARERA
ALLEGATO 1. COSTI DEL PERSONALE IMPIEGATO NELLA RAC- RAC-COLTA: UN “TRAVASO” NEI COSTI COMUNI
La disciplina della tariffa e del tributo comunale sui rifiuti, infatti, ha conosciuto negli ultimi venti anni costanti trasformazioni. Dal 2011 in avanti la materia ha trovato un assetto all’interno della TA-RES1che ha preso il posto di tutti i prelievi previgenti e definitivamente sancito il principio di integrale copertura dei costi del servizio. Come si può ben comprendere, nei Comuni che ancora applicavano la vecchia tassa rifiuti (TARSU) con l’introduzione della TARES, a partire dal 1° gennaio 2013, la ne-cessità di assicurare l’integrale copertura dei costi ha comportato un’innovazione di grande portata nel finanziamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Un’impostazione confermata nell’ambito della IUC (Imposta Unica Comunale all’interno della quale si colloca la TARI), disciplinata dalla Legge di Stabilità per il 2014.
Se ne desume che sin dall’introduzione della prima TIA le linee guida per la costruzione del Piano Economico-Finanziario hanno da sempre postulato l’opportunità di spostare tra i costi di gestione, finanziati dalla quota fissa della tariffa, una quota prevalente dei costi del personale, nell’intento di calmierare la tariffa per le famiglie numerose e parimenti di stabilizzare la base imponibile2. Co-me indicato dal punto 2.2, dell’allegato 1, del D.P.R. n. 158 del 1999, il costo del personale (che è prevalentemente afferente la attività di raccolta, ndr) va computato tra i costi operativi CGIND (ri-fiuti indifferenziati) e CGD (raccolta differenziata) soltanto per una percentuale non superiore al 50%, mentre la parte restante va inserita nei costi comuni (CC), e più esattamente nei Costi Generali di Gestione (CGG). L’entità di tale percentuale, nell’indicato limite del 50%, è opzione ampiamente discrezionale, che non richiede di motivare la scelta in concreto effettuata.
Tale indicazione ha determinato nella prassi lo spostamento dei costi del personale diretto impiega-to nella raccolta dalle voci del Piano Economico Finanziario “Costi di gestione del ciclo dei servizi sui rifiuti urbani indifferenziati” (CGIND) e “Costi di gestione del ciclo dei rifiuti della raccolta differen-ziata” (CGD) e a quella relativa ai “Costi Comuni” (CC), tra i quali il metodo normalizzato annovera i Costi Generali di Gestione (CGG).
La pubblicazione delle “Linee guida per la redazione del piano finanziario e per l’elaborazione delle tariffe” da parte del Dipartimento delle Finanze del gennaio 20133, con l’obiettivo di offrire ai Co-muni un vademecum per la transizione al nuovo tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), ha confermato questa impostazione. Una impostazione che si è tradotta sino ad oggi in un tra-vaso di una quota di costi variabili del personale afferenti le raccolte nei costi generali di gestione, ovvero tra i costi comuni.
1 L’Art. 14 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge, con modificazioni, dall’Art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successivamente modificato dall’Art. 1, comma 387, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità per il 2013), ha istituito il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), destinato a trovare applicazione dal 1°
gennaio 2013 (comma 1) e a prendere il posto di “tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, compresa l’addizionale per l’integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza”
(comma 46). I commi 8 e 9 del citato Art. 14 prevedono che il nuovo tributo sia corrisposto in base a tariffa riferita all’anno solare e commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base dei criteri determinati dal D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, recante le “norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani”.
2 È noto che le agevolazioni per comportamenti virtuosi e per l’avvio a recupero autonomo da parte delle utenze non domestiche assimilate agiscono tipicamente sulla sola parte variabile della tariffa.
3 https://www.finanze.gov.it/export/sites/finanze/it/.content/Documenti/Fiscalita-locale/Linee_guida_TARES_.pdf.
La scelta può essere compresa alla luce dell’aumento dei costi delle raccolte conseguente alla esten-sione sul territorio nazionale delle raccolte differenziate4, in ossequio agli obiettivi di legge, e so-prattutto della diffusione crescente di forme più onerose di raccolta come il porta a porta, che comportano un aumento dei costi di gestione e delle tariffe a fronte dei quali si rende necessaria una stabilizzazione del gettito per prevenire comportamenti opportunistici.
4 Il Rapporto ISPRA 2018 sui rifiuti urbani evidenzia che, nel periodo 2002-2017, in riferimento ai campioni di Comuni analizzati, il costo totale pro capite annuo, come media nazionale, è aumentato del 56,9%. A tale aumento ha contribuito in misura maggiore l’aumento del costo di gestione delle raccolte differenziate (CGD), che è passato dal 2002 al 2017, a livello nazionale, da 14,33 a 50,89 euro/abitante per anno, in conseguenza dell’aumento delle percentuali di raccolta differenziata, ma anche l’incremento dei costi comuni (+22,38 euro in valore assoluto e +186,5% in percentuale).
L’analisi econometrica di regressione lineare conferma consente di verificare la “significatività” della relazione fra l’andamento dei costi comuni e le tonnellate di rifiuti raccolti in modo differenziato e di misurare l’elasticità, ovvero l’effetto che un aumento dei volumi della raccolta differenziata produce sui costi comuni.
Dall’analisi risulta che all’aumentare di un punto percentuale dei volumi raccolti in modo differenziato discende un incremento dei costi comuni pari allo 0,68%: l’elasticità di lungo periodo dei costi comuni ai volumi della raccolta differenziata è vicina a 0,7 a segnalare che nel periodo 2002-2018 circa il 70% dei costi comuni è rappresentato di fatto da costi variabili, legati ai volumi della raccolta differenziata, che con buona approssimazione rappresentano la quota dei costi del personale afferenti la raccolta “travasati” nei costi generali di gestione (CGG). La stima econometrica indica anche una cesura della relazione in concomitanza dell’introduzione della TA-RES (TATA-RES dummy, anni 2013 e seguenti), a partire dal quale questa quota cresce ulteriormente:
l’introduzione della TARES (e quindi della TARI), e con essa la necessità di assicurare la copertura integrale dei costi di gestione, determina dunque un travaso ancora più importante di costi delle raccolte differenziate tra i costi comuni.
Su queste basi è lecito concludere che circa il 70% dei costi comuni, valore corrispondente nel 2018 a circa 1,5 miliardi di euro (su un totale di oltre 2,1 miliardi) è rappresentato da costi operati-vi e del personale delle raccolte differenziate “travasati” nei costi comuni. Tali costi, come detto, non sono ricompresi nelle componenti CRD e CRT dei PEF ed equivalgono a circa 85 euro a tonnellata di maggiore costi operativi diretti “spesati” nei costi comuni.