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Creare la pace, costruire una cultura di pace

La comprensione di queste dinamiche costringe a lavorare in una prospettiva inter e multidisciplinare, in-tegrando diverse esigenze e competenze. Charles Webel e Johan Galtung includono sistematicamente nelle Peace Sciences il confronto tra le discipline.28 Questa prospetti-va conferma l’invito presente in Veritatis gaudium., dove vengono espresse alcune direttive (VG 4) per impostare il lavoro e la ricerca universitaria.29 Si parla di « dialogo a tutto campo », trovando un approccio tecnico e rigoroso per confrontare contenuti e problemi di discipline diverse ma sempre riferite alla stessa realtà. L’obiettivo è la cresci-ta integrale della « coscienza umana universale ». Se è vero che gli studi ecclesiastici sono necessariamente rivolti alla comprensione e all’approfondimento della Rivelazione, è altrettanto vero che per poter trasmettere i contenuti della Rivelazione nella storia è essenziale saper cogliere la ric-chezza di ogni sapere. Interdisciplinarietà, transdiscipli-narietà e multidisciplitransdiscipli-narietà non devono servire per fare sincretismo culturale, bensì per cogliere i legami che la co-noscenza sempre ha con la « Sapienza che promana dalla

28 W. ChaRles, J. GaltunG, Handbook of Peace and Conflict Studies, Routledge, London-New York 2009 dopo aver trattato del Comprende-re e trasformaComprende-re conflitti, CComprende-reaComprende-re la pace, SupportaComprende-re la pace, si passa a daComprende-re ampio spazio al tema Cultura interdisciplinare e pace.

29 Ho avuto modo di discutere questo tema in maniera più este-sa nel contributo Gaudium aude! “Fides et Ratio” venti anni dopo come metodo per la ricerca nelle università, in « Lateranum » 85 (2019)/1, 171-187.

Rivelazione di Dio ». A tal fine la VG insiste sulla necessità di mettersi in relazione con istituzioni e centri di ricerca, non solo ma specialmente quelli ecclesiastici e cattolici diffusi nel mondo, per essere continuamente interpellati e stimolati da problemi e situazioni nuove.

Sempre papa Francesco ricorda che “si tratta di es-sere artigiani della pace, perché costruire la pace è un’ar-te che richiede serenità, creatività, sensibilità e destrezza”

(GE 89). Uno degli strumenti suggeriti già fin da EG (cap.

4) è il dialogo, in particolare il dialogo che integra fede, ragione e scienza.

L’evangelizzazione implica anche un cammino di dialogo.

Per la Chiesa, in questo tempo ci sono in modo partico-lare tre ambiti di dialogo nei quali deve essere presente, per adempiere un servizio in favore del pieno sviluppo dell’essere umano e perseguire il bene comune: il dialogo con gli Stati, con la società – che comprende il dialogo con le culture e le scienze – e quello con altri credenti che non fanno parte della Chiesa cattolica. (…) La Chiesa proclama

« il vangelo della pace » (Ef 6,15) ed è aperta alla collabo-razione con tutte le autorità nazionali e internazionali per prendersi cura di questo bene universale tanto grande.

(...) Anche il dialogo tra scienza e fede è parte dell’azio-ne evangelizzatrice che favorisce la pace. (…) Tutta la società può venire arricchita grazie a questo dialogo che apre nuovi orizzonti al pensiero e amplia le possibilità della ragione. Anche questo è un cammino di armonia e di pacificazione. La Chiesa non pretende di arrestare il mirabile progresso delle scienze. Al contrario, si rallegra e perfino gode riconoscendo l’enorme potenziale che Dio ha dato alla mente umana. Quando il progresso delle scienze, mantenendosi con rigore accademico nel campo del loro specifico oggetto, rende evidente una determina-ta conclusione che la ragione non può negare, la fede non

la contraddice. Tanto meno i credenti possono pretende-re che un’opinione scientifica a loro gradita, e che non è stata neppure sufficientemente comprovata, acquisisca il peso di un dogma di fede. Però, in alcune occasioni, alcu-ni scienziati vanno oltre l’oggetto formale della loro disci-plina e si sbilanciano con affermazioni o conclusioni che eccedono il campo propriamente scientifico. In tal caso, non è la ragione ciò che si propone, ma una determinata ideologia, che chiude la strada ad un dialogo autentico, pacifico e fruttuoso.30

La forma più alta di intelligenza non è solo costrui-re strumenti, ma soprattutto inventacostrui-re argomenti e teorie.

La pratica dell’argomentazione nacque con la filosofia, se si pensa già al dialogo socratico. Esiste un apparato con-cettuale tecnico di natura logica che rende quest’arte una disciplina, se non una vera e propria pratica scientifica.31 È lecito pensare che se queste conoscenze vengono orientate al dialogo e al confronto per risolvere conflitti, si ottiene un risultato importante per il progresso dell’umanità. Il dialogo, infatti, non è il dibattito contenzioso, in quanto nessuna delle parti in causa dovrebbe manipolare l’altra, ed entrambe partecipano a un fine comune. Gli esperti di pace sono coloro che dovrebbero saper vedere le

intercon-30 EG 238-239; 242-243.

31 Alcuni riferimenti classici: S.N. thoMas, Practical Reasoning in Natural Language, Englewood Cliffs (N.J.), Prentice-Hall 1973; M.

Scriven, Reasoning, McGraw-Hill, New York 1976; C. PeRelMan, l.

olbReChts-tyteCa, The New Rhetoric: a treatise on argumentation, Notre Dame University Press, Notre Dame 1969; G. bonolo, P. ViDali, Stru-menti per ragionare. Logica e teoria dell’argomentazione, Bruno Mondado-ri, Milano 2011; a. ColiVa, e. laluMeRa, Leggi ed errori del ragionamento, Carocci, Roma 2006; F. D’aGostini, Verità avvelenata. Buoni e cattivi ra-gionamenti nel dbattito pubblico, Bollati Boringhieri, Torino 2010.

nessioni che a livello profondo possono fornire elementi di confronto tra parti avverse, sapendo poi orientarle alla risoluzione e al bene comune. Su questo, proprio dal mon-do della scienza ci giungono gli esempi più interessanti.

David Bohm (1917-1992), scienziato noto per le sue ricerche sulla fisica quantistica,32 scrisse un libro che lo rese famoso e che lo legò a una particolare concettualizzazione del dialogo, definita proprio “dialogo bohmiano”. Il titolo di questo libro è appropriato ed eloquente: On dialogue.33 Tra le aspirazioni dello scienziato è quella di individua-re le individua-regole di un confronto corindividua-retto e produttivo. L’espe-rienza del confronto continuo all’interno della comunità scientifica lo aveva sicuramente segnato. La scienza, fatta per competizione e confronto tra teorie e interpretazioni di risultati, è anche una palestra da cui apprendere l’arte del confronto e del dialogo. Gli scienziati che non riescono a lavorare insieme cadono nell’errore di non sapere gestire le regole di un corretto confronto. Anche la Chiesa cristia-na, a suo avviso, cade nello stesso errore, pur avendo la ferma intenzione di istituire anche un profondo dialogo interiore tra i suoi membri. Secondo Bohm, solo una prati-ca del dialogo “scientifiprati-camente” impostata produce con-crete possibilità per un buon risultato collettivo.

A tale scopo occorre distinguere il dialogo dalla di-scussione. Il termine discussione è assonante a percussione o

32 Alcuni tra i lavori di Bohm: Quantum Theory, Constable, London 1954; (con F. D. Peat) Science, order and creativity, Routledge, London 1989; Causality and chance in modern physics foreword by L. De

bRoGlie, Routledge & Kegan, London 1957; On creativity, edited by L.

niChol, Routledge, London-New York 1998.

33 D. bohM, On Dialogue, edited by Lee Nichol, Routledge, Lon-don-New York 1996.

concussione e sollecita un atteggiamento analitico che por-ta a evidenziare la dispor-tanza tra diversi punti di vispor-ta, in una sorta di “ping-pong” (ping-pong game). Il fine è vincere e rafforzare le proprie opinioni. Discutere è costruire ar-gomenti opposti, dichiarare un vincitore e uno sconfitto, mirare alla persuasione, rinforzare le proprie convinzioni, difendere la propria verità come unica, criticare le altrui credenze, indebolire le idee dell’altro, eliminare empatia e sentimenti, assumere una sola risposta come possibile.34 Tipico di una situazione dialogica, a detta di Bohm, è inve-ce collaborare, creare significati condivisi, ampliare i pro-pri punti di vista, ragionare sulle personali convinzioni, aprire nuove possibilità, sospendere il giudizio, cercare una base per il consenso, assumere più risposte e restare aperti. Il dialogo impone di dichiarare gli assunti impliciti, che possono provenire dal sostrato culturale, dalla forma-zione o anche dai preconcetti di chi sta ragionando. Il pri-mo passo è dunque ammetterli e rinunciare che essi siano la verità unica. La costruzione del dialogo può passare per la decostruzione delle tesi del contendente, sapendo sma-scherare i difetti di contenuto e di forma e trasformarli con fini costruttivi, non conflittuali. Tutto questo è importante a partire dai piccoli gruppi, dove non tutti possono riusci-re a esprimeriusci-re le proprie opinioni. E lo è tanto più a livello di Organizzazioni Internazionali.

34 Le cosiddette “logiche dialogiche” sono un recente campo di sviluppo della logica formale che studia la formalizzazione del dialo-go tra un vincitore e un vinto. Per una introduzione: L. keiFF, Dialogical Logic, in E. N. zalta (ed.), The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Sum-mer 2011 Edition), https://plato.stanford.edu/archives/sum2011/en-tries/logic-dialogical/; T. PieCha, Dialogic logic, in Internet Encyclopedia of Philosophy, https://www.iep.utm.edu/ (July 7th, 2019).

Adottare la prospettiva del dialogo non comporta, secondo Bohm, una soluzione relativistica. La verità non scompare, ma si raggiunge insieme. Difendere le proprie opinioni, infatti, non significa sentire di aver ragione, ma capire in che senso si può aver ragione. È una prospettiva che può diventare valida soprattutto per i Cristiani, che non temono di perdere la Verità di Cristo, che è il dono più grande ricevuto, ma da Cristo apprendono che cer-care la verità non è imporre un dominio: « I governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono.

Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore » (Mt 20,25-26). È quanto acca-de anche in famiglia, dove in nome acca-dell’amore si cerca di dialogare per comprendersi a vicenda (AL 136-141): come dalla famiglia deriva la possibilità di costruire la cellula che anima la pace in vista di un nuovo modo di vivere a livello sociale (cf. FC 48), così l’arte del dialogo non svuota e depriva, ma arricchisce e avvicina quando è condotta nel rispetto. Al centro delle possibilità di dialogare va posto l’unicum cristiano della pace: essa è un dono che deriva da Dio e fa partecipare della vita dell’altro con viscere di empatia e tenerezza, non si estranea. Il conflitto può subire una trasformazione “creativa”35, affinché il dialogo non sia super partes e divenga intus partes.

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