3.3.2
GeMS
In questo caso i processi di calibrazione del flusso e di astrometria sono stati attuati con delle piccole differenze rispetto alle procedure descritte per HST.
Il primo passo è stato la correzione per le distorsioni geometriche dei quattro chip. A questo scopo è stato costruito un programma SuperMongo utilizzando i coefficienti dei polinomi contenuti in Dalessandro et al. (2016) relativi al filtro J (visto che i dati sono nel sistema di riferimento di tali esposizioni). Ne derivano dei file rawx che vengono cross-correlati singolarmente con il catalogo del data-set HST contenente coordinate assolute da dati ALL- FRAME.
La calibrazione delle magnitudini delle stelle provenienti dal telescopio Gemini consiste nella semplice applicazione di uno Zero Point, ottenuto calcolando la differenza ∆mag delle sorgenti in comune fra il catalogo contenente le magnitudini strumentali e quello della sur- vey Vista Variables in the Via Lactea (VVV) (Minniti et al.(2010)), che vengono usate come standard fotometriche secondarie. Il valore mediano di tale differenza è stato poi sommato alle magnitudini strumentali (figura3.4).
A causa della tecnica di dithering, attuata per le osservazioni Gemini, i campi di vista dei quattro chip si sovrappongono ai relativi bordi producendo zone di "overlap". Per questo motivo, unire i quattro cataloghi così come sono, porterebbe ad identificazioni multiple di alcune centinaia di stelle. Per evitare ciò, è stata quindi necessaria la creazione di cataloghi intermedi tramite l’utilizzo dei programmi CataXcorr e Catacomb. Nello specifico il chip 1 è stato cross-correlato con il secondo, ottenendo così un file di estensione tab contenente le corrispondenze tra le stelle dei due cataloghi. Questo file è stato utilizzato per produrre un catalogo comprensivo delle sorgenti appartenenti solamente al chip 2. Quest’ultimo è stato unito a quello di partenza e il prodotto viene utilizzato come nuovo file di riferimento. Il procedimento viene ripetuto fino alla costruzione di un catalogo completo che comprenda le sorgenti contenute in ognuno dei quattro chip.
3.4
Creazione del catalogo finale
Il cataloghi HST e GeMS, calibrati in flusso ed astrometrizzati, sono stati combinati per ottenere un file contenente informazioni relative all’ammasso in tutte e tre le bande foto- metriche a disposizione, sul quale viene basata la successiva trattazione scientifica. Nello specifico, il catalogo prescelto contiene informazioni IR relative a dati derivanti da proce- dura ALLFRAME, e informazioni ottiche ottenute tramite il pacchetto ALLSTAR. In figura
Figura 3.4: Differenza tra le magnitudini strumentali GeMS e quelle calibrate provenienti dal cata- logo della survey VVV (chip 1). La linea rossa orizzontale rappresenta la mediana della differenza delle magnitudini.
3.4 Creazione del catalogo finale 49
Figura 3.6: CMD ottico-IR e IR derivanti dal catalogo finale.
in rosso sono evidenziate le sorgenti appartenenti al data-set Gemini ed in nero ad HST. Si nota che il campo di vista che sottende GeMS è notevolmente inferiore rispetto a quello sotteso da HST. Tuttavia i chip 1 e 4 di Gemini occupano una parte del gap generato dal- la configurazione dei CCDs di ACS, riempiendola in modo parziale. Da questi dati è stato possibile creare i diagrammi colore-magnitudine in figura3.6.
Capitolo 4
Moti propri e reddening differenziale
4.1
Selezione in moti propri
Le stelle facenti parte di un ammasso globulare si muovono con moto ordinato (rotazione) o casuale, a velocità relativamente simile entro 10-15 km/s che è la velocità di dispersione centrale tipica dei sistemi più massicci. Esse tendono a muoversi a velocità tipicamente differenti rispetto a quelle dell’ambiente circostante. In questa sezione verrà descritto come utilizzare questa proprietà per distinguere le stelle appartenenti all’ammasso da quelle di backgrounde foreground.
Come mostrato in figura4.1e in figura4.2, il CMD di NGC 6638 è contaminato da stelle ga- lattiche, principalmente appartenenti alla popolazione periferica del Bulge. Per distinguere queste stelle da quelle genuine dell’ammasso è stata effettuata un’analisi dei moti propri relativi. Per questo scopo i data-set HST e Gemini sono stati utilizzati separatamente. La differenza temporale di circa tre anni tra le acquisizioni di queste immagini fornisce una baselinesufficiente per poter separare stelle caratterizzate da velocità differenti.
L’approccio utilizzato per la stima dei moti propri è quello descritto daAnderson & van der Marel(2010),Dalessandro et al.(2013) eMassari et al.(2013)).
Il primo step per misurare i moti propri relativi consiste nel riportare ogni immagine ad un sistema di riferimento astrometrico privo di distorsioni geometriche, che verrà chiamato d’ora in poi Master Frame. Per questo scopo è stato scelto il catalogo ottenuto con HST. Come secondo step è stato selezionato un campione di stelle di riferimento rispetto alle quali verranno calcolati i moti propri. Le coordinate di queste stelle sono già nel sistema di riferimento del Master Frame. Per convenienza è stato scelto di calcolare i moti propri rispetto al moto medio dell’ammasso, e per tale motivo la selezione effettuata è basata su stelle probabili membre. Queste sono state selezionate inizialmente sulla base della loro posizione nel CMD (V-K, K). Nel campione sono state incluse solamente stelle ben misurate e non sature. Le posizioni delle singole stelle in ogni immagine sono state poi trasformate, dopo aver corretto per distorsioni geometriche, al sistema di riferimento del Master Frame
Figura 4.1: Diagramma (V-K, K) rappresentativo delle stelle in comune ai chip 2 di HST e chip 3 di GeMS. In rosso sono raffigurate le stelle appartenenti al campione di riferimento.
4.2 Flag di qualità fotometrica 53