CAPITOLO 5. La gestione del credito tributario – Disciplina del rimborso, della cessione e
5.4. I crediti d’imposta indiretta (IVA)
Come si è già avuto modo di osservare, nel corso della Procedura fallimentare le norme generali in tema di determinazione dell’IVA continuano a seguire quelle applicate ordinariamente. È tuttavia opportuno distinguere i crediti che hanno origine nel periodo antecedente la dichiarazione di Fallimento, da quelli sorti in corso di Procedura. Per quanto riguarda i crediti IVA formatisi nel periodo prefallimentare, qualora essi non vengano contestati dall’Amministrazione, andranno a far parte dell’attivo fallimentare a vantaggio del concorso dei creditori, e l’onere di recuperare tali somme cadrà sulla figura del Curatore, che in via prudenziale non chiederà a rimborso e non utilizzerà in compensazione244 il credito245.
Nel corso dello svolgimento della Procedura il Fallimento potrà maturare un credito IVA in seguito al pagamento delle spese prededucibili oppure in occasione del riparto con il pagamento dei creditori concorsuali titolari di una posizione IVA (es. professionisti). Si tratta quindi di credito certo per la Procedura, in quanto derivante dallo svolgimento della stessa. Il credito IVA potrà quindi essere esposto nelle dichiarazioni annuali ed in sede di dichiarazione finale.
Come sancito dall’art. 30 del D.P.R. 633/1972, l’utilizzo dell’eccedenza IVA è consentito solamente attraverso il meccanismo del riporto a nuovo negli anni successivi e al verificarsi di due condizioni, sia per quanto riguarda i crediti maturati nel periodo prefallimentare che in quello fallimentare:
243 RAGUCCI G., Il credito d’imposta da trasformazione delle “attività per imposte anticipate” nel fallimento,
in Paparella Franco (a cura di), Il diritto tributario delle procedure concorsuali e delle imprese in crisi, Milano, 2013, 388.
244 Il tema della compensazione, in quanto modalità di utilizzo del credito alternativa al rimborso, verrà
trattato nei paragrafi successivi.
245 Come specificato da MICELI R., La disciplina dei crediti di imposta e dei rimborsi, in Paparella Franco (a
cura di, Il diritto tributario delle procedure concorsuali e delle imprese in crisi, Milano, 2013, 364-365, i crediti prefallimentari che emergono possono derivare esclusivamente dalla dichiarazione IVA dell’anno in cui è stato dichiarato il Fallimento, nella parte che va dal 1° gennaio alla data di Fallimento. Invece la dichiarazione che il Curatore deve redigere ai sensi dell’art. 74-bis del D.P.R. 633/72 è meramente un elenco delle operazioni registrate nel periodo prefallimentare, e non crea alcun movimento dal punto di vista fiscale, motivo per cui non è contemplata l’ipotesi di chiedere il rimborso di tali crediti.
89 - “Il contribuente anche fuori dai casi previsti nel precedente terzo comma può chiedere il rimborso dell'eccedenza detraibile, risultante dalla dichiarazione annuale, se dalle dichiarazioni dei due anni precedenti risultano eccedenze detraibili; in tal caso il rimborso può essere richiesto per un ammontare comunque non superiore al minore degli importi delle predette eccedenze”246.
- “..Il contribuente ha diritto di computare l'importo dell'eccedenza in detrazione nell'anno successivo, ovvero di chiedere il rimborso nelle ipotesi di cui ai commi successivi e comunque in caso di cessazione di attività”247.
Mentre la prima ipotesi mette in luce i suoi limiti quantitativi e temporali, resta ferma la condizione riguardante la cessazione dell’attività d’impresa. Tale causa può essere utilizzata già dalla prima dichiarazione IVA presentata nel corso della Procedura, ipotesi avvalorata anche dalla prassi dell’Amministrazione finanziaria248, a condizione che
sussistano i requisiti per la chiusura della partita IVA. In particolare, il Curatore ragionevolmente non procederà alla cessazione della posizione IVA laddove vi siano beni dell’impresa realizzabili e conseguente possibilità di riparto, così da “recuperare” il conseguente credito IVA, che diversamente costituirebbe puro costo per la Procedura. La causa di cessazione può essere utilizzata dal Curatore per ottenere il rimborso anche al termine della Procedura. Come si è avuto modo di vedere nel capitolo 3, a tal fine è da ritenersi idonea la dichiarazione IVA presentata prima della chiusura del Fallimento, in modo da poter fare richiesta e utilizzare gli eventuali crediti emergenti.
Nel caso in cui invece non ricorra nessuna delle condizioni previste dall’art. 30 del D.P.R. 633/1972 (ad esempio nel caso di esercizio provvisorio), il credito IVA che emerge dalle varie dichiarazioni annuali dovrà essere riportato a nuovo fino all’ultima dichiarazione249.
Esiste inoltre un’ipotesi che si verifica frequentemente, la quale prevede che in sede di riparto il Curatore dia atto dell’esistenza di crediti tributari che potranno essere rimborsati con accredito sul c/c acceso presso il Tribunale, in modo da consentire ai creditori di agire individualmente a tutela del loro interesse, in seguito alla chiusura della Procedura concorsuale.
246 Art. 30, c. 4 del D.P.R. 633/1972. 247 Art. 30, c. 2 del D.P.R. 633/1972.
248 Circ. Agenzia delle Entrate n. 26/E del 2002.
249 MICELI R., La disciplina dei crediti di imposta e dei rimborsi, in Paparella Franco (a cura di, Il diritto
90 In conclusione, si ritiene che l’argomento del recupero dei crediti, con particolare riguardo a quelli derivanti dall’applicazione dell’IVA, presenti specifici e persistenti profili di criticità. Per quanto concerne i crediti IVA prefallimentari, le difficoltà che incontra il Curatore sono dovute per lo più alle cause esaminate in precedenza e una certa difficoltà opposta dall’Amministrazione nel corrispondere il rimborso. Per contro, nel corso della Procedura le difficoltà nascono dai tempi entro i quali è opportuno ottenere il rimborso, in quanto “i tempi sanciti dalla Legge per la rivelazione dei crediti maturati a fini delle imposte dirette ed IVA coincidono con la materiale chiusura del Fallimento”250.
5.5. Cessione dei crediti tributari: soluzioni ai problemi connessi alla loro