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CRESCITA, PRODUTTIVITÀ E DINAMICA STRUTTURALE NELL’ECONOMIA LOMBARDA

Nel documento 3 Economie regionali (pagine 28-33)

I principali indicatori macroeconomici

La ripresa ciclica, avviatasi nel 2014, è stata più marcata in Lombardia che in Italia. Nel 2017 il PIL regionale si è riportato su valori superiori a quelli pre-crisi, crescendo del 2,7 per cento rispetto all’anno precedente (fig. 3.1.a). Tra il 2014 e il 2017 l’andamento del PIL regionale è sempre stato migliore che in Italia; nello stesso periodo la regione non ha però recuperato il divario di crescita cumulato con la UE e con le principali aree europee simili per struttura economica e produttiva (tav. a3.1). La crescita del PIL lombardo avrebbe rallentato nel 2018, con una variazione dell’1,4 per cento, secondo le stime di Prometeia, superiore a quella italiana ma inferiore a quella del PIL della UE. L’indicatore coincidente Regiocoin-Lombardia calcolato per la regione, in analogia con Ita-Coin pubblicato dalla Banca d’Italia e con Ven-ICE per il Veneto, conferma il rallentamento delle componenti di fondo dell’economia nel 2018 rispetto al 2017 (fig. 3.1.b).

Alla migliore performance dell’economia lombarda rispetto alla media del Paese nel periodo 2014-18 hanno contribuito i maggiori tassi di crescita della produttività del lavoro (cfr. il paragrafo: La produttività del lavoro) e dell’occupazione (cfr. il capitolo 4: Il mercato del lavoro). La duplice crisi ha tuttavia causato l’uscita dal mercato di numerose imprese in tutti i settori produttivi e, talvolta, un ridimensionamento della loro scala produttiva (cfr. il paragrafo: Dinamica della struttura produttiva nell’ultimo decennio). Il processo è stato eterogeneo e tra le aziende operanti nei comparti a maggiore contenuto tecnologico e di conoscenze sono stati più frequenti i casi di crescita dimensionale e di buone performance in tutto il periodo considerato.

La produttività del lavoro

Nel 2018 la produttività del lavoro in Lombardia, espressa dal rapporto tra

Figura 3.1

Andamento del PIL

(a) la dinamica del PIL (1)

(indici: 2007=100) (tassi di crescita trimestrali e valori percentuali)(b) Regiocoin – Lombardia e PIL (2)

90 95 100 105 110 115 90 95 100 105 110 115

Lombardia Italia UE28

-3 -2 -1 0 1 2 -3 -2 -1 0 1 2 Regiocoin - Lombardia PIL - Lombardia

Fonte: elaborazioni su dati Istat, Conti economici territoriali ed Eurostat; cfr. nelle Note metodologiche la voce Crescita e produttività. (1) Valori concatenati. Anno base: 2010. Per il 2018 per il PIL regionale è stata usata la stima di Prometeia. – (2) Per il periodo 2007-2017 il PIL di fonte Istat è riportato come variazione media trimestrale, per comparabilità con l’indicatore Regiocoin. La costruzione dell’indice segue la metodologia presentata in M. Gallo, S. Soncin e A. Venturini, Ven-ICE: un nuovo indicatore delle condizioni dell’economia del Veneto, Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, di prossima pubblicazione. Il lavoro adatta l’approccio usato per la costruzione di Ita-Coin in V. Aprigliano e L. Bencivelli, Ita-Coin: un Nuovo Indicatore Coincidente per l’Economia Italiana, Banca d’Italia, Temi di Discussione, 935, 2013.

circa rispetto a quella italiana, con un vantaggio diffuso a tutti i principali comparti produttivi (fig. 3.2). Il divario rispetto all’Italia si è ampliato nella fase di ripresa, dal 2014, per effetto di una crescita più marcata che nella media nazionale.

Come nel Paese, l’incremento complessivo nel periodo 2014-18 è stato sospinto dalla crescita nell’industria in senso stretto (6,0 per cento; 5,4 nella media italiana). Il divario con la dinamica nazionale è in parte riconducibile anche al settore dei servizi, in cui la produttività regionale è aumentata dello 0,5 per cento, a fronte di una diminuzione dello 0,2 nella media del Paese.

Secondo la base dati Frame SBS Territoriale (FST) dell’Istat (cfr. nelle Note metodologiche la voce Crescita e produttività), nel 2015 gli stabilimenti localizzati in Lombardia erano caratterizzati da una dimensione più elevata e da una produttività sistematicamente superiore rispetto al resto del Paese.

Figura 3.2

Valore aggiunto per ULA (unità di lavoro equivalente) (1)

(migliaia di euro)

(a) industria in senso stretto (b) servizi

60 65 70 75 80 85 90 60 65 70 75 80 85 90 2007 '08 '09 '10 '11 '12 '13 '14 '15 '16 '17 '18 Lombardia Nord Ovest Italia 60 65 70 75 80 60 65 70 75 80 2007 '08 '09 '10 '11 '12 '13 '14 '15 '16 '17 '18 Lombardia Nord Ovest Italia

Fonte: Istat, Conti economici territoriali e Prometeia, Scenari regionali. (1) Valori concatenati. Anno base: 2010.

Figura 3.3

Produttività del lavoro nel 2015 e distribuzione territoriale (1)

(a) produttività per classe dimensionale delle unità locali (2)

(valori percentuali) (b) distribuzione territoriale (3) 0 5 10 15 20 25 30 0 5 10 15 20 25 30 0-9 10-49 50 e oltre Lombardia Nord ovest

Fonte: elaborazioni su dati Istat, Frame SBS Territoriale; dati riferiti all’anno 2015; cfr. nelle Note metodologiche la voce Crescita e produttività. (1) Analisi condotta su dati relativi alle unità locali disponibili a livello comunale. – (2) Differenza percentuale nel valore aggiunto per addetto rispetto alla media italiana. Classi dimensionali per numero di addetti. – (3) A toni più scuri corrispondono valori più elevati. La mappa evidenzia inoltre i confini provinciali.

Il numero medio di addetti per unità locale in Lombardia era superiore alla media italiana (rispettivamente 3,9 e 3,5) e, parallelamente, la quota degli stabilimenti con meno di 10 addetti (94,0 per cento) era inferiore di un punto percentuale. Il divario nella produttività media delle unità locali lombarde rispetto al dato nazionale, comune a tutte le classi dimensionali, risultava particolarmente marcato tra gli stabilimenti più piccoli, per i quali era prossimo al 25 per cento (fig. 3.3.a).

A livello territoriale, gli stabilimenti più produttivi si trovano nei cosiddetti comuni “centroidi” dei sistemi locali del lavoro (SLL), vale a dire i comuni nei quali si concentra l’attività lavorativa (tav. a3.2 e fig. 3.3.b). Nel 2015, in Lombardia, il divario di produttività tra i comuni centroidi e gli altri comuni dell’SLL (14,9 per cento) era pressoché doppio rispetto alla media italiana (7,4 per cento); tale differenziale era particolarmente ampio negli SLL urbani rispetto a quelli non urbani.

Dinamica della struttura produttiva nell’ultimo decennio

Dall’inizio della crisi economico-finanziaria del 2008-09 molte aziende sono uscite dal mercato e altre hanno conseguito risultati insoddisfacenti nel confronto storico. Vi sono state, tuttavia, imprese che hanno registrato performance estremamente positive.

Uscita dal mercato delle imprese. – L’andamento della produttività riflette sia l’efficienza delle imprese sempre presenti sul mercato, sia la dinamica demografica degli operatori e l’evoluzione della struttura produttiva durante il ciclo economico. Dalle nostre analisi, l’uscita dal mercato di alcune imprese e l’entrata di nuove hanno avuto nel complesso un effetto positivo sull’andamento della produttività nella regione, sia prima dell’inizio della crisi sia, ancora più marcatamente, dopo il 2008 (cfr. il riquadro: La produttività delle imprese manifatturiere in L’economia della Lombardia, Banca d’Italia, Economie regionali, 3, 2018).

Nel decennio 2008-2018 la dinamica demografica delle imprese lombarde ha sostanzialmente seguito il ciclo economico: il numero di imprese è diminuito in concomitanza con le fasi di crisi, per poi tornare a crescere con il rafforzarsi della ripresa (fig.  3.4.a). La riduzione delle aziende nella manifattura e nelle costruzioni è stata compensata dall’incremento nei servizi. Alla fine del 2018 il numero di imprese attive (745.000 unità, il 17,4 per cento del totale nazionale) era tornato su valori analoghi a quelli del 2008 (tav. a3.3).

La selezione delle attività imprenditoriali è stata particolarmente acuta per le aziende operanti nel comparto delle costruzioni e tra quelle di piccola dimensione. Tra le società di capitali censite nel 2008 negli archivi di Cerved Group, più del 40 per cento delle micro imprese (con un fatturato inferiore a due milioni di euro) ha cessato la propria attività nei successivi nove anni, quota che si riduce all’aumentare della dimensione sino a circa il 10 per cento per le grandi aziende (tav. a3.4 e fig. 3.4.b).

L’uscita dal mercato si è accompagnata anche a cambiamenti della scala produttiva delle imprese sempre presenti nel campione considerato (tav. a3.5). Nel settore edile vi

delle costruzioni che sono passate in classi dimensionali inferiori è stata di sette punti percentuali più elevata di quella delle imprese che sono passate in classi superiori. Negli altri settori i casi di incremento di classe dimensionale hanno avuto una frequenza simile a quella dei casi di ridimensionamento; tra le imprese operanti nei comparti manifatturieri a maggior contenuto tecnologico e nei servizi a più elevata intensità di conoscenza hanno invece prevalso i casi di aumento dimensionale (fig. 3.5.a).

Le aziende in forte crescita negli anni della crisi. – Nonostante il lungo periodo di crisi, alcune imprese sono state in grado di espandere la propria attività e conseguire risultati economici molto positivi. Utilizzando i dati di bilancio di Cerved Group è possibile individuare un insieme di aziende (indicate come high-growth) che hanno

Figura 3.4

Dinamica della demografia di impresa

(valori percentuali)

(a) tasso di variazione e contributi alla crescita (1) (b) società di capitali: uscite dal mercato tra il 2008 e il 2017 per classe dimensionale e settore (2)

-1,0 -0,5 0,0 0,5 1,0 1,5 -1,0 -0,5 0,0 0,5 1,0 1,5 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 manifattura costruzioni servizi

variazione imprese attive

0 20 40 60 80 0 20 40 60 80

totale manifattura costruzioni servizi micro imprese imprese piccole

imprese medie imprese grandi

Fonte: InfoCamere-Movimprese (pannello a); elaborazioni su dati Cerved Group (pannello b); cfr. nelle Note metodologiche la voce Dinamica della struttura produttiva.

(1) Tassi di variazione annua e contributi alla crescita per settore per il totale delle imprese lombarde; i servizi non comprendono le attività finanziarie. Il totale delle imprese attive include anche i comparti dell’industria in senso stretto diversi dal manifatturiero. – (2) Quota di società di capitali non più attive nel 2017 sul totale delle società di capitali attive nel 2008 (dei relativi settori e classi dimensionali); il totale include anche i comparti dell’industria in senso stretto diversi dal manifatturiero. La classificazione dimensionale delle imprese si basa sulle seguenti classi di fatturato: per le micro imprese, fino a 2 milioni di euro; per le piccole imprese, oltre 2 e fino a 10 milioni di euro; per le medie imprese, oltre 10 e fino a 50 milioni di euro; per le grandi imprese, oltre 50 milioni di euro.

Figura 3.5

(a) Crescita dimensionale delle imprese per contenuto tecnologico (1)

(valori percentuali)

(b) Aziende high-growth: variazione del fatturato

(valori e variazioni percentuali)

-2 0 2 4 6 -2 0 2 4 6 high

tech high techmedium low techmedium techlow tech KIShigh otherKIS lessKIS

manifattura servizi 0 3 6 9 12 15 18 -24 -12 0 12 24 36 48 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 high-growth (2) altre imprese (2)

quota di fatturato high-growth (3; scala di destra)

Fonte: elaborazioni su dati Cerved Group; cfr. nelle Note metodologiche le voci Dinamica della struttura produttiva e Analisi sui dati Cerved Group.

(1) Saldo tra la quota di imprese attive nel 2008 e nel 2017 che, nel periodo, sono transitate in classi dimensionali maggiori e la quota di imprese che sono passate in classi dimensionali inferiori. Nei servizi i comparti KIS sono quelli a elevata intensità di conoscenza. – (2) Variazione dei ricavi calcolata sul campione chiuso a scorrimento annuale. – (3) Quota del fatturato delle imprese high-growth sul totale delle imprese (campione aperto).

almeno raddoppiato il loro fatturato tra il 2007 e il 2016. In Lombardia, nel 2016, tali imprese erano il 6,5 per cento del campione di riferimento, con un’incidenza non dissimile tra i settori, ma relativamente più elevata nelle produzioni a tecnologica più avanzata del comparto manifatturiero. Le imprese high-growth hanno anche riportato aumenti del fatturato in ognuno degli anni del periodo 2007-2016, compreso il 2009, quando i ricavi delle altre aziende del campione erano significativamente diminuiti (fig. 3.5.b). Il peso del fatturato delle imprese high-growth sui ricavi dell’intero campione di Cerved Group è così andato crescendo, passando dal 4,4 per cento nel 2007 al 17,0 cento nel 2016. Queste aziende hanno migliorato anche gli indicatori di redditività nel confronto con le altre imprese, mentre l’andamento del leverage è risultato simile per i due gruppi di aziende (tav. a3.6).

Integrando i dati di bilancio con quelli provenienti dalle indagini Invind per un sotto-campione di imprese, si osserva come nel periodo 2007-2016 le imprese high-growth si siano connotate per un livello medio degli investimenti per addetto superiore a quello delle altre aziende regionali, specie considerando quelli in ricerca e sviluppo o legati alla dotazione informatica. Le imprese high-growth si sono caratterizzate anche per un più intenso utilizzo delle nuove tecnologie e per il dinamismo strategico. Tra queste imprese è infatti maggiore la quota di aziende che ha adottato almeno una delle seguenti tecnologie: internet mobile e cloud, intelligenza artificiale e big data, internet of things, robotica avanzata, stampa tridimensionale. Sono inoltre più frequenti le aziende che hanno cambiato almeno uno dei seguenti elementi della strategia competitiva: gamma dei servizi offerti, numero di mercati di sbocco, numero di sedi estere, numero di fornitori.

4. IL MERCATO DEL LAVORO

Nel documento 3 Economie regionali (pagine 28-33)

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