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La crisi umanitaria in Somalia e le risposte italiane

2.3 Caratteristiche e mutamenti dei flussi migratori in Italia degli ann

2.3.2. La crisi umanitaria in Somalia e le risposte italiane

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Oltre alla popolazione albanese, nel 1991 cominciarono ad arrivare in Italia un elevato numero di profughi somali. In quell’anno infatti negli Stati del Corno d’Africa si aprì una crisi umanitaria, costellata da guerre, autoritarismi, crisi economiche e carestie, che ancora oggi imperversano nella regione. In questo circolo vizioso di violenze, violazioni dei diritti umani e povertà che non sembra avere fine, centinaia di migliaia di persone hanno preso la via della fuga verso i Paesi limitrofi e l’Europa. I cittadini somali e gli eritrei, per questioni storico-culturali sono quelli hanno preso la via dell’Italia. In Soma- lia, con la caduta del generale Siad Barre che guidava la nazione dai tempi in cui i colo- ni italiani lasciarono il Paese, la lotta per il potere si rese sempre più frammentata e aspra. Diversi clan aspiravano a prendere il controllo dell’intero territorio e tutti i tenta- tivi di raggiungere un equilibrio e una pace interna fallirono. Neanche i vari interventi 90

delle Nazioni Unite che interessarono la regione fin dal 1992 portarono a una soluzione del conflitto. Solo nel 2004 è stato istituito un governo di transizione guidato da un nuovo presidente ma le divisioni e le lotte tra le varie fazioni non cessarono e nel 2006 la nascita di una nuova fazione di opposizione – l’Unione delle corti islamiche – riuscì a catalizzare gli interessi dei maggiori gruppi di opposizione e occupare l’80 per cento del territorio dello Stato somalo. Solo un anno dopo però l’indebolimento del fronte di op- posizione e l’attacco delle forze governative, con l’aiuto dell’esercito eritreo, portarono a una nuova escalation di violenze che hanno originato nuovi esodi. Nel 1991 arriva91 -

rono in Italia 1.700 somali ai quali si devono aggiungere i rifugiati sur place di cui so- pra. Nei primi anni Novanta l’Italia vide arrivare 20.000 somali ai quali però non venne data pressoché alcuna assistenza materiale né giuridica. I primi flussi erano caratterizza- ta da membri dell’élite intellettuale che giungevano in Italia in aereo, provvisti di visti turistici. Con il cambiamento delle politiche di immigrazione avvenuto in tutta Europa a

FRINGUELLO C., La fine della dittatura e gli sbarchi albanesi, in HEIN C. (a cura di), Rifugiati. Ven

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t’anni di storia del diritto d’asilo in Italia, Donizelli editore, Roma, 2010, p. 111

Ibid, p. 112

seguito della Convenzione di Schengen – questo aspettò verrà approfondito nel prossi- mo paragrafo – arrivare in Italia per via legali divenne sempre più complicato. Di con- seguenza anche le dinamiche e le modalità dei flussi di profughi somali si adattarono: i cittadini che volevano lasciare il Paese erano costretti a percorre lunghe rotte verso i Paesi costieri da cui poi salpavano verso l’Italia affidandosi agli scafisti. Queste traver- sate sono estremamente pericolose, ed è incalcolabile il numero delle persone che trovò e tutt’ora trova la morte durante il tragitto. I principali punti di partenza per raggiungere l’Europa sono l’Arabia Saudita, l’Egitto e gli Emirati Arabi. I porti più importanti, da cui partono le boat people, sono quelli libici e di Gibuti. Della Libia si parlerà nel pros- simo capitolo, dove si analizzeranno gli accordi stipulati tra il Paese del Nord Africa e l’Italia con il fine di contrastare i flussi: in particolar modo ci si concentrerà sulle azioni di respingimento messe in atto dall’Italia e sulle condizioni in cui i migranti subsaharia- ni vengono trattati in Libia, dove spesso i loro diritti fondamentali vengono negati. 92

Come si è in parte già detto, all’arrivo dei Somali in Italia la legislazione e il sistema di accoglienza nel nostro Paese non erano assolutamente adeguati per far fronte alla questo tipo di fenomeno. L’approccio adottato dal Governo Italiano è stato anche in questo caso di tipo emergenziale: ogni nuova ondata era quindi percepita come unica, improv- visa, imprevedibile e di breve durata e non come un evento facente parte di un fenome- no strutturale, di lunga durata, che avrebbe necessitato una gestione organica e comples- sa. Fu così che anche per i cittadini somali presenti sul suolo italiano furono implemen- tate misure ad hoc al fine di far fronte alle situazioni disagevoli in cui i profughi versa- vano – disagi dovuti all’impossibilità ad accedere alla protezione prevista dalla Conven- zione di Ginevra. Molte furono le richieste di asilo rigettate e i dinieghi, come sempre, mancava l’elemento di individualità delle persecuzioni. Secondo la legge quindi tutti sarebbero dovuti essere rimpatriati, ma questo non era possibile a cause dell’inesistenza di autorità somale con cui dialogare e delle condizioni dei porti e degli aeroporti. Mi- gliaia erano quindi i Somali che si trovarono bloccati in un limbo giuridico-amministra- tivo. Di fronte all’inadeguatezza del sistema di accoglienza, alla mancanza di un’assi- stenza anche materiale e abbandonati a loro stessi, molti trovarono sistemazione occu- pando alcuni edifici in diverse città italiane. A Roma per esempio furono occupati l’Ho-

op. cit., p. 114

tel World, l’Hotel Pierre e l’Ambasciata somala. Anche qui le condizioni di igieniche e di sicurezza erano pessime: all’Hotel World hanno vissuto per anni ben 1.200 persone. L’unica risposta del governo italiano è stata quella del 1992, quando venne concesso un permesso di soggiorno per lavoro e studio temporaneo della durata di un anno. Il decre- to in questione e i documenti concessi furono annullati nel 1999. Da allora quindi i 93

somali permangono in una condizione di clandestinità. A cause di questa gestione inef- ficacie infatti molti somali sono emigrati in Nord Europa e in Canada.

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