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1. Uno sguardo alla letteratura della migrazione p

1.8 Critica della letteratura della migrazione: un caso specifico,

L’apparizione di scrittori e soprattutto scrittrici provenienti dalle ex colonie in principio non è stata analizzata dagli studiosi con gli appropriati mezzi critico-teorici. Nel tempo, il corpus delle opere si è allargato e, parallelamente, negli ultimi anni sono stati pubblicati diversi studi sugli scrittori provenienti dalle ex colonie italiane. Purtroppo, nonostante alcuni contributi particolarmente originali, manca un testo critico di riferimento, che faccia il punto su aspetti fondamentali come l’inserimento o meno in tale categoria dei meticci o degli scrittori di seconda generazione106.

Recentemente, in tal senso, è stato fatto un tentativo dall’intellettuale somalo Ali Mumin Ahad che ha antologizzato alcuni autori postcoloniali in una sezione del Nuovo

Planetario Italiano curato da Armando Gnisci. Nell’introduzione al capitolo, non sono

però espressi, in modo chiaro, i criteri di selezione degli autori.

Fra tutti i testi raccolti in questa antologia di autori stranieri che scrivono in lingua italiana, quelli del presente capitolo hanno la particolarità di sottolineare l’esistenza di una generazione di poeti e scrittori che invece che la loro lingua madre, ossia l’eritreo, l’amarico e il somalo, hanno scelto già da tempo di scrivere in italiano, lingua veicolare della loro istruzione nei paesi di provenienza107.

In realtà nell’antologia figurano anche Ubax Cristina Ali Farah, di origine somala, e Gabriella Ghermandi, di origine etiopica, ma entrambi provenienti da famiglie miste, per le quali l’italiano è da considerarsi come lingua madre, al pari del somalo e dell’amarico. Colpisce inoltre l’assenza di Igiaba Scego, una delle scrittrici più prolifiche: si può ipotizzare che l’autore abbia seguito le posizioni del curatore Armando Gnisci, il quale non considera migranti gli scrittori di seconda generazione, poiché, secondo la sua opinione, farebbero parte della letteratura italiana contemporanea tout court. Eppure anche Ali Farah è nata in Italia, e all’età di tre anni si è trasferita a Mogadiscio, dunque anche nel suo caso si potrebbe parlare di seconda generazione.

Focalizzandosi su un percorso teso a comprendere il concetto di scrittura femminile e la percezione della memoria e del passato, Sandra Ponzanesi ha pubblicato un saggio

106 D. COMBIERATI, La letteratura postcoloniale italiana: definizioni, problemi, mappatura, in Certi

confini, cit., pp. 161-178.

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Paradoxes of Postcolonial Cultures108, dove l’elemento di originalità sta nell’analisi comparata tra scrittori della diaspora indiana e afro-italiana.

È del 2004 il quarto volume del periodico ‹‹Quaderni del ‘900›› il cui titolo recita La

letteratura postcoloniale italiana. Dalla letteratura d’immigrazione all’incontro con l’altro. In particolar modo si rivelano interessanti i contributi di Sandra Ponzanesi109 e di Roberta Di Carmine110; il primo testo fa riferimento a una definizione generale del post coloniale italofono e il secondo all’analisi dell’opera di Shirin Ramzanali Fazel. Risulta indicativo come gli studi più interessanti sulla letteratura postcoloniale italiana siano spesso frutto di uno sguardo esterno. A tal proposito è opportuno citare il lavoro di Caterina Romeo, studiosa italiana che ha insegnato a lungo negli Stati Uniti e che ha letto la letteratura migrante e postcoloniale dal punto di vista dell’alterità rispetto alla cultura dominante, privilegiando da una parte il discorso di genere, dall’altra il rapporto autoctono/straniero111.

Alla luce degli studi precedentemente elencati, diventa necessario stabilire un criterio di definizione.

Cecilia Gibellini offre, nel suo recente volume112, una panoramica della letteratura della migrazione in Italia nei suoi primi vent’anni circa di esistenza, selezionando quegli autori che hanno acquisito una certa notorietà sulla scena pubblica e accorpandoli per temi. Si tratta di una scelta insolita, poiché lascia da parte il criterio geografico113 a vantaggio di quello tematico. L’autrice privilegia cinque ampie aree entro le quali raggruppa scrittori e scrittrici di varie provenienze, che hanno pubblicato in momenti diversi. La prima area, intitolata Arrivare, include passi da tre testi tra i più noti della prima stagione (Io venditore di elefanti. Una vita per forza tra Dakar, Parigi

e Milano di Pap Khouma con Oreste Pivetta, 1990; Immigrato di Salah Methnani con

Mario Fortunato, 1990; Princesa di Fernanda Farias de Albuquerque con Maurizio Jannelli, 1994). In questa sezione, Gibellini inserisce anche un romanzo più recente, Il

108 S. PONZANESI, Paradoxes of Postcolonial Cultures. Contemporary Women Writing of the Indian

and the Afro-Italian Diaspora, Suny Press, Albany, 2004.

109 ID. Il postcolonialismo italiano. Figlie dell’Impero e letteratura meticcia, in ‹‹Quaderni del ‘900››, a.

IV, n.1 (giugno 2004), pp.25-34.

110 R. DI CARMINE, Italophone Writing and the Intellectual Space of Creativity. Shirin Ramzanali

Fazel and Lontano da Mogadiscio, in ‹‹Quaderni del ‘900››, a. IV, n.1 (giugno 2004), pp. 47-54.

111 C. ROMEO, Narrative tra due mari, Roma, Carrocci, 2006.

112 C. GIBELLINI, Scrittori migranti in Italia (1990-2012), Fiorini, Verona, 2013. 113 Come ad esempio il lavoro curato da Gnisci nel Nuovo Planetario Italiano.

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latte è buono di Garane Garane (2005). Appare originale la scelta di affiancare testi

come quelli di Khouma o Methnani, che raccontano l’avventura migratoria, il viaggio, il faticoso arrivo e inserimento in Italia, a un romanzo come quello di Garane che fonde matrice autobiografica e dimensione funzionale, con un riferimento a un rapporto coloniale tra Italia e Somalia.

Segue la sezione Ritornare, con tre opere molto diverse tra loro (L’essenziale è

invisibile agli occhi di Jarmila Ockayova, 1997; Neyla di Kossi KOmla-Ebri, 2002; Regina di fiori e di perle di Gabriella Ghermandi, 2007), che hanno in comune la

testimonianza del rientro e la conferma di quel senso di spaesamento che molti migranti vivono al ritorno in patria.

La terza ripartizione Ricordare, introduce il tema della memoria e del suo complesso rapporto con il presente; sono compresi testi come La straniera di Younis Tawfik, Bompiani 1999, Blu Cina di Bamboo Hirst, Piemme 2005 e 500 temporali di Christiana de Caldas Brito, Cosmo Iannone, 2006.

La quarta parte concentra l’attenzione sulle scelte stilistiche piuttosto che su quelle tematiche: Ridere include infatti Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio di Amara Lakhous, 2006, Allunaggio di un immigrato innamorato di Mihail Mircea Butcovan, 2006 e Amiche per la pelle di Laila Wadia, 2007, che hanno il pregio di mostrare l’Italia a partire dallo sguardo straniato di alcuni suoi nuovi cittadini, in quanto sviluppano un rovesciamento della prospettiva euro-italocentrica rendendo il “noi” oggetto dello sguardo dell’ “altro”.

Chiude l’antologia la sezione Lo sguardo dei bambini, che privilegia la prospettiva dei più piccoli, mettendo al centro un altro punto di vista a rischio di emarginazione. Daniele Combierati, nella sua proposta di definizione, presente in La quarta sponda, propende per un allargamento del corpus sia dal punto di vista geografico/spaziale che generazionale. Intervista delle scrittrici che hanno in comune il fatto di essere donne - dunque identità di genere- e di essere frutto di ibridazioni storiche e in un certo senso biologiche tra l’Italia e i paesi delle ex-colonie in Africa. L’Etiopia di Gabriella Ghermandi, l’Eritrea di Erminia Dell’Oro e la Somalia di Cristina Ubax Ali Farah114. Questa provenienza comune comporta però modalità differenti: ci si trova di fronte a scrittrici nate in Italia da famiglie africane o meticcie, come Cristina Ali Farah, oppure

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nate in Africa da famiglie italiane stanziatesi nelle colonie come Erminia Dell’Oro, o altre provenienti da famiglie miste come Gabriella Ghermandi.

Pertanto in un contesto postcoloniale ampliato trovano posto, di diritto, anche le autrici di seconda generazione, che vanno considerante come parte “attiva” della letteratura della migrazione italiana.

Cercando di tracciare un primo bilancio delle scritture postcoloniali di espressione italiana, emergono, secondo Combierati115, tre gruppi di autori, individuabili attraverso il ricorso a zone tematiche e di genere relativamente omogenee.

Nel primo filone sono da includere gli scrittori che, nati e cresciuti in famiglie italiane o miste stanziatesi nelle colonie, hanno contribuito con le loro opere a creare un legame, anche cronologico tra periodo coloniale e postcoloniale. I loro testi si sono spesso ambientati in un’epoca precedente la fine della Seconda guerra mondiale e mettono in scena le contraddizioni presenti nelle comunità locali italiane, non trascurando di dare la parola anche ai colonizzati. Ad esempio, il romanzo di Erminia Dell’Oro Asmara Addio offre rappresentazioni interessanti di vita quotidiana di comunità che altrimenti sarebbero state dimenticate. Il punto di vista di questi autori è prezioso perché costituisce, per il lettore italiano, uno sguardo interno ed esterno allo stesso tempo.

Un altro gruppo interessante è costituito dalle narrazioni storico/autobiografiche, che hanno cercato di ricostruire la storia coloniale e post-coloniale italiana. O ancora vi sono romanzi in cui l’elemento storico è fondamentale, le narrazioni si basano su eventi realmente accaduti che vengono presentati secondo una luce diversa. Sono i casi ad esempio di due scrittrici coetanee che hanno pubblicato contemporaneamente i loro romanzi: Gabriella Ghermandi con Regina di fiori e di perle e Cristina Ali Farah con

Madre piccola.

Naturalmente vi sono dei temi trasversali che compaiono in numerose opere, anche in quelle di altre autrici di questa provenienza, quali il tema della guerra, intesa sia come guerra di occupazione italiana, che come guerra tra Eritrea ed Etiopia o come conflitto civile in Somalia; il tema del meticciato e delle mutilazioni genitali femminili; il tema

del ritorno e della delusione.

115 D., COMBIERATI, La letteratura postcoloniale italiana: definizioni, problemi, mappatura, cit., pp.

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