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La definizione di start-up e l’attenzione posta alla parola “crescita” nella definizione stessa hanno insite la possibilità che le start-up falliscano, ovvero che il processo che porta dall’idea all’azienda passando per un business plan si fermi ad un’azienda che però non genera utili e ha un reddito operativo negativo.

La leggenda metropolitana sul tema dice che ben il 90% delle start-up falliscono.

La realtà osservata dallo Statistic Brain Research Institute, agenzia privata statunitense che ha il compito di fornire analisi dei dati e statistiche, dice [g] che quasi il 50% delle start-up supera (o non supera, a seconda del punto di vista) il quarto anno di attività, e che questo dato dipende anche dal settore dove opera la start-up, con % di fallimento che si alzano nel campo dell’informatica (63%).

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Queste, secondo la ricerca, sono le cause principali di fallimento dell’attività. Si può constatare che solo l’1% delle attività chiude per negligenza o frode, quindi i fallimenti arrivano per incapacità o inesperienza degli start-upper. Mancata conoscenza delle strategie di pricing e poca attenzione alle fonti di finanziamento sono definite come le principali cause di chiusura dell’attività.

Nel 2014 in Italia: [h]

• 2663 sono le startup che hanno depositato il bilancio 2014 • 349 milioni di euro il fatturato aggregato generato dalle stesse • negativo per 68 milioni di euro il Reddito Operativo totale • 131000 euro il fatturato medio di ogni startup

• il 50% delle startup non arriva a 25000 euro di ricavi

• nell’ultimo anno le startup hanno dato lavoro a 22000 persone: 16861 soci e 4891 dipendenti

Da questi numeri si possono trarre le seguenti conclusioni: • le startup in Italia in media hanno meno di due dipendenti • lavorano perlopiù in perdita

• il 50% delle startup riesce a coprire con i propri ricavi quasi esclusivamente i costi di struttura Ma perché le start-up falliscono o non generano ricavi sufficienti per espandersi, generare utili per gli azionisti e creare posti di lavoro? Molteplici sono le cause evidenziate da chi lavora nel settore, come start-upper di successo o come venture capitalist.

Per il consulente e giornalista Barry Maher “molti start-upper assumono persone troppo presto, spendono troppo in costi di struttura che rimangono nascosti all’utenza e non hanno un capitale sociale in grado di rendere solidi questi investimenti e di superare gli inevitabili momenti di crisi”. Per Nancy Butler, promotore finanziario di successo ora consulente “molte persone entrano nei business seguendo le loro passioni senza saper gestire il business e senza avere un capitale sociale in grado di sopportare spese impreviste. Per molti business oggi la concorrenza è grande e la tecnologia in continua evoluzione, e la parte finanziaria del business richiede conoscenze e tempo non sopportabili da chi conosce solo la parte operativa”.

Secondo Neil Maxwell, investitore e advisor per Button Financial, “gli start-upper non preparano spesso adeguatamente i primi 3 anni di business. Le attività muoiono perché esauriscono i soldi a disposizione e perché non hanno un adeguato piano di flussi di cassa. L’ideale sarebbe avere il capitale sociale per gestire i primi 3 anni di business senza dover fare ricorso a fonti di finanziamento esterne, e qualora non fosse possibile bisogna comunque lavorare per aumentare il più possibile il capitale sociale senza fare ricorso a mutui che generano debiti”.

(da http://blog.directcapital.com/business-insights/small-biz-news/33-finance-experts-reveal-the-number-1-mistake-small-businesses-make-with-money-and-finances-and-how-to-avoid-it/ )

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2.12 Conclusioni

Gli schemi economico-finanziari di una start-up non si discostano nella loro struttura da quelli di un’azienda operante in un business tradizionale. Tuttavia per una start-up è ancora più importante definire correttamente il piano dei flussi di cassa e quindi il conto economico in quanto i ricavi sono spesso più incerti che in un business tradizionale dovendo le start-up spesso operare in regime di creazione di un nuovo mercato e quindi non avendo a disposizione benchmark di riferimento. Come abbiamo visto descrivere il business e prevedere i ricavi presenta delle specificità dovute al ruolo del Web nella segmentazione della domanda e nella promozione e distribuzione del prodotto/servizio offerto da una start-up e alla definizione delle strategie di pricing, molto importanti per una start-up che solitamente ha un prezzo unitario di vendita molto basso.

A maggior ragione la creazione di una start-up richiede dunque uno sforzo organizzativo nella stesura di un business plan ancora più elevato rispetto a quello richiesto per un’azienda tradizionale. Un’idea non sempre diventa un’azienda e ancora meno spesso diventa un’azienda di successo. Se non supportata da un adeguato business plan un’idea non diventerà mai un’azienda di successo.

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Capitolo 3

Il marketing di geoprossimità

3.1 Introduzione

Non vi è una definizione univoca del marketing di geoprossimità in letteratura. Tuttavia possiamo definire il marketing di geoprossimità come una tecnica di marketing che opera attraverso tecnologie di comunicazione wireless, adatta alla visualizzazione tramite device mobili (smartphone) e che ha come principale obiettivo la promozione di un’attività oppure la vendita diretta di un servizio.

È quindi una tecnica che non segmenta il mercato focalizzandosi su un target ben definito, ma si rivolge a tutti gli individui che si trovano in una determinata area geografica in prossimità di un dispositivo che permette di avviare una comunicazione con gli individui stessi che hanno a loro volta la capacità tecnologica di ricevere la comunicazione.

Il marketing di geoprossimità può essere definito come la versione moderna dei volantini pubblicitari cartacei e trova applicazione in molti contesti commerciali; può essere considerato in veicolo promozionale per un’attività a cui interessa far conoscere i propri prodotti (per un negozio d’abbigliamento potrà essere il catalogo degli abiti, per un ristorante potrà essere il listino, per un supermercato il catalogo dei prodotti); può essere utile come tool di localizzazione per una fiera a cui interessa che l’utenza abbia la mappa degli stand e una breve informazione sul contenuto di essi; può trovare applicazione nell’ambito dell’interattività nel corso di un evento tramite la distribuzione di giochi in Java o in Flash o di videoclip speciali; può avere applicazioni di realtà aumentata e di percorsi turistici indoor utili all’attività di un museo.

L’applicazione a fini commerciali può inoltre prevedere delle offerte sconto personalizzate o temporizzate disponibili a chi è in grado di effettuare comunicazioni con i dispositivi che inviano i segnali.

Un altro sviluppo importante del marketing di geoprossimità è quello legato alle forme di pagamento. La tecnologia Near Field Communication (NFC) fornisce connettività bidirezionale fino a un massimo di 10 centimetri di distanza tra due dispositivi; pertanto è possibile implementare un sistema di pagamento contactless che può consentire di sfruttare immediatamente le offerte sconto ottenute oppure di effettuare forme di pagamento semplici. Dal 2011 il Comune di Milano ha avviato MobilePass, servizio che consente di acquistare abbonamenti ai mezzi pubblici tramite

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PayPal e di convalidare il proprio abbonamento tramite la tecnologia NFC. Questo servizio è stato esteso anche ad altre aziende di trasporti pubblici tra le quali Vicenza e Padova.

Il marketing di geoprossimità è un settore commerciale in enorme espansione, avuta dallo sviluppo delle connessioni da device mobili e da quello dei social media. Se nel 2010 la spesa per il marketing di geoprossimità negli Stati Uniti era di 200 milioni di dollari [1] secondo BI Intelligence nel 2015 questa è salita a 2.5 miliardi di dollari e il 29% delle attività commerciali sfrutta il marketing di geoprossimità per promuovere la propria attività.

Nel corso del capitolo andremo a parlare della tecnologia a sostegno del marketing di geoprossimità e prenderemo in esame la situazione nel Mondo, parlando di uno degli esempi principali del marketing di geoprossimità, e in Italia.

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