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Crogiolo in zone periferiche del getto

ANALISI TERMICA

3.2.3 Crogiolo in zone periferiche del getto

Gli strumenti di analisi termica presentati finora effettuano una registrazione delle temperature che caratterizzano la solidificazione ed il raffreddamento di piccole quantità di lega. Sono strumenti utili per valutare le influenze di parametri di processo quali composizione chimica ed, in alcuni casi, modalità di trattamento del bagno. Tuttavia risultano poco utili nella valutazione dell’influenza delle diverse modalità di raffreddamento che contraddistinguono ogni singolo processo. In definitiva, spesso non risultano strumenti rappresentativi delle modalità di raffreddamento di un getto durante un processo fusorio industriale.

Per ovviare a questo limite, si è reso necessario lo sviluppo di strumenti in grado di lavorare direttamente all’interno del sistema di colata e registrare le temperature effettive della lega durante lo specifico processo fusorio.

Un sistema già noto nella pratica fusoria industriale è quello che prevede l’inserimento di un crogiolo standard per l’analisi termica (cap. 3.2.1) direttamente in staffa.

In figura 3.7 si riportano alcune delle soluzioni impiegate nelle esperienze sperimentali effettuate. L’inserimento del crogiolo viene effettuato durante le fasi di formatura dello stampo in sabbia mediante diversi accorgimenti tecnici che possono prevederne il posizionamento diretto sul modello (fig. 3.7a,b) oppure l’impiego di tasselli preformati per garantirne un posizionamento più preciso (fig. 3.7c). I cavi per il trasferimento del segnale, opportunamente protetti, attraversano lo stampo in sabbia e possono essere collegati al sistema di acquisizione termica commerciale illustrato in figura 3.1. Il software commerciale registra le temperature misurate dalla termocoppia del crogiolo standard. L’analisi termica di queste temperature deve essere effettuata mediante strumenti informatici differenti da quelli forniti dai sistemi commerciali standard, in quanto questi ultimi sono rigidamente tarati per fornire informazioni valide nel campo di velocità di raffreddamento tipico della lega nel crogiolo posto all’esterno della staffa e raffreddato in aria. In particolare, nei casi oggetto di studio si è

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fatto uso di fogli di calcolo Excel nei quali si sono impiegati metodi numerici EWMA per la pulizia del segnale di temperatura ed in seguito si è effettuata la derivata nel tempo dei dati ottenuti. In figura 3.8 si riporta un esempio di acquisizione termica effettuata con crogiolo standard posto all’interno dello stampo durante un processo di colata di ghisa sferoidale effettuato durante una delle attività sperimentali.

a) b) c)

Figura 3.7 – Acquisizione delle temperature in zone periferiche del getto. a)Posizionamento del crogiolo standard sul modello in fase di formatura b)Crogiolo standard nel bordo interno di uno stampo in sabbia c) Schema di un tassello per posizionamento laterale del crogiolo standard.

Una strumentazione di questo tipo presenta, in primo luogo, il vantaggio di monitorare le temperature effettive della lega all’interno dello stampo in sabbia durante tutto il processo. Inoltre, come si può vedere in figura, si possono posizionare più punti di acquisizione nello stesso stampo. La conoscenza dell’andamento delle temperature in diversi punti del getto è indispensabile per la validazione delle simulazioni del processo fusorio. Grazie a questi strumenti, nel caso in cui le temperature simulate non trovassero riscontro con quelle misurate, risulta possibile individuare eventuali problemi nella caratterizzazione dei parametri di processo che influenzano le modalità di raffreddamento del getto, fra i quali proprietà termo-fisiche delle sabbie, coefficienti di resistenza termica all’interfaccia, condizioni al contorno. Come è emerso dal capitolo 2, la definizione delle velocità di raffreddamento nelle diverse fasi del processo e nelle diverse zone del

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getto è condizione fondamentale per una corretta previsione delle microstrutture.

Tuttavia, l’impiego di questo tipo di strumentazione, molto efficiente per quanto riguarda la misura delle temperature del processo, presenta alcune limitazioni intrinseche nell’ambito dell’analisi termica della lega. Come si può vedere in figura 3.7 , i punti di acquisizione possono essere posizionati solamente in zone periferiche del getto. Non è possibile misurare le temperature che si hanno nelle zone centrali massive del getto nelle quali ha luogo la solidificazione dei cosiddetti “punti caldi” del getto ai quali sono spesso associate molte difettologie del pezzo. Inoltre la misura viene effettuata in una porzione di lega aggiuntiva rispetto alla geometria originale del getto, che risulta come un appendice che si estende verso le zone esterne. Pur essendo a diretto contatto con il resto della lega, questa porzione, subisce in media un raffreddamento più sostenuto rispetto alle altre zone del getto, presentando più zone superficiali a contatto con la sabbia (zona a modulo termico minore). Questa diversificazione nella modalità di asportazione del calore è particolarmente forte durante le prime fasi del processo, quelle che interessano solitamente la solidificazione, nelle quali la sabbia dello stampo e del crogiolo è ancora fredda ed asporta calore in maniera sostenuta.

In figura 3.8 si può notare infatti un andamento particolare delle temperature misurate con questa metodologia: si osserva un primo rilascio di calore latente, corrispondente ad un primo piccolo piano a temperatura circa costante (dal minuto 12 al minuto 17 circa), ed un secondo piano più duraturo nel tempo (a partire dal minuto 25 circa). Il primo piano, corrispondente al primo massimo della derivata, si ha ad una temperatura di poco inferiore a quella di eutettico di riferimento (1145°C in un classico diagramma Fe-C equivalente) ed individua la solidificazione che avviene effettivamente nel crogiolo, cioè nel punto di misura. Il secondo piano, invece, si ha ad una temperatura di quasi 100 gradi inferiore, temperatura che non corrisponde a nessuna trasformazione vera e propria della lega nel punto di misura. Infatti questo secondo piano è dovuto all’ingente rilascio di calore latente che si ha nelle zone massive all’interno del getto, calore che attraversa le zone già solidificate evacuando verso l’esterno dello stampo. In

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definitiva, il segnale di temperatura registrato con questa metodologia risulta fortemente influenzato dalle dinamiche di solidificazione degli altri punti del getto. Si comprende quindi come, attraverso l’analisi termica, risulti difficile ottenere informazioni precise sulle temperature associate alle trasformazioni metallurgiche che avvengono nel punto di misura. Si possono ottenere inoltre informazioni sui tempi di solidificazione dell’intero getto, ma non sulle temperature a cui avviene la solidificazione nelle zone centrali.

Nelle ultime fasi del processo, che interessano la trasformazione in fase solida, le parti di stampo a contatto con il getto hanno avuto solitamente il tempo di riscaldarsi, e le temperature dell’intero getto, molto più conduttivo della sabbia esterna, subiscono un certo grado di omogeneizzazione. In questo caso le temperature misurate in zone periferiche del getto risultano più rappresentative dell’andamento delle temperature dell’intero getto.

Figura 3.8 - Temperature e derivata prima nel tempo misurate tramite crogiolo standard posto all’interno dello stampo in un processo di colata di ghisa sferoidale. Sono visibili due fasi successive di rilascio del calore latente: solidificazione nel crogiolo e solidificazione in zona massiva del getto.

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In conclusione questo strumento di misura in zone periferiche del getto risulta utile per un monitoraggio generale delle temperature del processo (volto alla validazione di simulazioni termiche) e per un analisi delle trasformazioni eutettoidiche che avvengono nel getto in fase solida. Tuttavia, il suo impiego come strumento di analisi termica presenta grossi limiti, in particolare nella valutazione delle temperature notevoli alle quali avvengono i fenomeni di solidificazione all’interno del getto.