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Il sito è noto esclusivamente attraverso una relazione rinvenuta in archivio, datata al 1985. Purtroppo stante la mancanza di dati cartografici associati alla relazione e di riferimenti puntuali, dato che anche il toponimo non è presente in cartografia, non è stato possibile localizzarlo cartograficamente. Secondo la relazione, all'ingresso dell'abitato di Pimentel, erano visibili numerosi frammenti di embrici e ceramica di epoca romana e medievale. Nel sito si trovava una zona più rilevata dove affiorano banchi rocciosi, un'altra più in basso dove si trovano cumuli di pietrame. Secondo l'autrice della relazione la parte alta poteva essere l'area funeraria, mentre quella a valle l'area abitativa di età tardoromana frequentata anche in età medievale.

In via del tutto ipotetica si propone di identificare questo insediamento con quello descritto dal Ghiani presso la collinetta di Su Nuraxi, indicato dallo studioso con il nome Su Talloraxiu.

Coordinate: - Catasto: -

Tipologia: area di dispersione

Cronologia: Età romana; Età medievale

7.Domus de janas Corongiu

Le domus de janas di Corongiu si trovano a poco più di 1 km a nord del paese, si tratta di due tombe che distano tra loro pochi metri, entrambe della tipologia a pozzetto e attribuibili alla Cultura di Ozieri (Neolitico Recente).

La tomba più interessante, costituita da pozzetto d'accesso antecella e cella, presenta tracce di pittura in ocra rossa e delle decorazioni incise. Le decorazioni rappresentano spirali, motivi a zig-zag cerchi concentrici e linee, simboli genericamente ricollegabili al culto della Dea Madre.La tomba fu scoperta nel 1960 da E. Atzeni. Anche la seconda tomba è costituita da un antecella e una cella interna.

Coordinate: 505080.276,4372025.848; 505080.276,4372025.848 Catasto: - F 5, nn.76-77-125-126

Tipologia: necropoli Cronologia: Età Neolitica

Bibliografia: Usai 1984, Usai 1984b, Usai 1989

8.Domus de janas S'acqua Salida o Pranu Efis

La necropoli si trova a poco meno di 2 km a nord dell'abitato, circa 400 m a ovest dalla strada provinciale 34. Data la vastità e la complessità del sito, e la storia travagliata dell'ultimo secolo, si cerca qui di seguito si riassumere la storia degli studi e delle altre

vicende che hanno riguardato quello che è il sito più importante della zona, come è stato possibile ricostruire principalmente dai dati d'archivio e dalla bibliografia.

Già nota allo Spano e all'Angius, la necropoli fu a più riprese scavata dai clandestini e danneggiata in modo irreparabile dalle moderne cave di sabbia, impiantate nella zona a partire dagli anni '50 del '900. Prima dell'impianto delle cave, da quanto apprendiamo dallo Spano era noto solo un primo gruppo di 4-5 tombe, già svuotate in epoca imprecisata e parzialmente danneggiate. In seguito, nel 1960 durante i lavori di estrazione effettuati con l'ausilio di mine, furono scoperte altre due tombe, che al momento della scoperta erano intatte. Le mine danneggiarono la volta facendola crollare, ma i portelli di ingresso erano ancora in posto, con gli ingressi interrati e non visibili dall'esterno. In superficie (all'interno) erano presenti frammenti di ceramica preistorica e ossidiana, mentre un frammento di embrice sembrava testimoniare un riuso di età romana.

Prima di poter procedere a uno scavo scientifico delle tombe, esse furono vandalicamente scavate e saccheggiate, con lo sconvolgimento dei depositi preistorici. Viste le devastazioni si poté procedere solo a una pulizia con la raccolta del materiale sfuggito agli scavatori clandestini.

Nello stesso anno, 1960 si apprende di ulteriori episodi di scavo clandestino diretti verso altre tombe e anche di un processo contro uno dei responsabili, accusato di gravi infrazioni contro il patrimonio archeologico nazionale.

Nel 1977, in seguito a una segnalazione degli studenti della scuola media di Pimentel, fu scoperta un'altra tomba a pozzetto scavata parzialmente dai clandestini e riutilizzata in età romana. Nella stessa occasione furono rinvenuti anche di mattoni crudi. La tomba fu poi scavata da G.Ugas, mentre i responsabili dello scavo clandestino furono denunciati. Questa tomba si trovava leggermente distante dalle altre, in un'area occupata per attività di cava.

La necropoli, o almeno l'area che sarà poi compresa nell'attuale parco archeologico fu interessata per la prima volta da scavi archeologici scientifici, condotti per conto della

Soprintendenza da Emina Usai, tra il 1981 e il 1983. I risultati di questi scavi furono pubblicati in diversi lavori195.

Le tombe indagate formano un complesso di dieci ipogei, divisi in due gruppi, denominati A e B, che oggi sono separati da una strada rurale e distano fra loro circa 150 m.

Nel complesso A tra le tombe più monumentali c'è la tomba n.5196 caratterizzata da un

lungo dromos, realizzato in una fase successiva rispetto al primo impianto della tomba. È formata da diversi ambienti, una grande cella e tre piccole celle laterali che originariamente appartenevano a un'altra sepoltura (5 bis). Questa tomba sembra avere la connotazione di una tomba-santuario.

La tomba n.2 è costituita da un pozzetto d'accesso e da una cella rettangolare, ha anch'essa caratteri di monumentalità: il soffitto, ora in parte crollato, era originariamente sorretto da due pilastri, mentre nel pavimento trova posto una vasca dotata di coppelle, probabilmente con funzione rituale. Sulla parete opposta all'ingresso sono dipinte in ocra rossa due protomi taurine con schema a T entro un riquadro rettangolare, motivo tipico della tradizione religiosa neolitica sarda, da collegare al principio vitale maschile.

La tomba n.6 si articola in un corridoio d'accesso, un'antecella e una cella e si caratterizza per lo schema planimetrico circolare e il soffitto scolpito a simulare travi lignee, entrambi elementi che riproducono le capanne abitative dei vivi.

La tomba n.3, con ingresso a ovest, si compone di antecella e camera funeraria rettangolare. Accanto a questa si trova la tomba n. 1, che si compone di un piccolo dromos, un'antecella e una camera funeraria dotata di vasca. Infine la tomba n.4 presenta anch'essa un'unica cella, preceduta da antecella e corridoio d'accesso.

Nei pressi di questo primo gruppo di tombe è stata anche individuata quella che è stata interpretata come un'area sacra con focolare e coppelle, che sembrerebbe connessa con i rituali funebri e forse anche con altri tipi di rituali che venivano celebrati nell'area funeraria- sacra.

195 Usai 1984, Usai 1984b, Usai 1989.

196 La numerazione adottata in questa descrizione si riferisce alla planimetria allegata all'ultimo progetto di “valorizzazione del sistema archeologico”: tav.5.

Sul bancone roccioso sono visibili anche pronunciati solchi paralleli, tradizionalmente interpretati come segni di ruote di carri di epoca romana, forse in connessione allo sfruttamento della vicina cava di arenaria, in uso in età romana.

Il gruppo B si compone di 3 sepolture. La n.1 unicellulare, con pozzetto d'accesso e antecella, la n. 2 con lo stesso schema planimetrico, e la n.3 composta da corridoio d'accesso, antecella e cella dotata di vasca. Anche le tombe del gruppo presentano elementi architettonici come colonne e bancone ricavati nella roccia.

La necropoli viene attrbuita alla Cultura di Ozieri, e datata quindi al Neolitico Recente, ma non mancano attestazioni di un riuso durante il Bronzo antico (cultura di Bonnanaro), in età punica e romana.

Nel 1985 in un anfratto interessato da scavi clandestini sono stati rinvenuti frammenti di scorie di fusione e di ocra rossa che farebbero pensare a un'officina per la lavorazione del metallo o un ripostiglio.

È del 1990 la notizia che la necropoli subisce danneggiamenti a causa dell'apertura di nuovi fronti della vicina cava di sabbia, in seguito a questo episodio i lavori nella cava saranno bloccati e negli anni successivi il Comune di Pimentel intraprenderà l'iter per l'acquisizione dei terreni dove insiste la necropoli.

Le indagini archeologiche sono riprese negli anni '90. Nel 1996-1997 sono stati eseguiti i primi lavori di sistemazione dell'area archeologica, con la ripulitura del sito e la costruzione di recinzioni a secco. Durante questi lavori si son rinvenute le prime tracce della cava di arenaria di età romana.

Nuove indagini, volte alla sistemazione attuale dell'area archeologica, anche con la costruzione di un edificio da adibire a centro servizi, sono state svolte nel 2006 e nel 2007. In queste ultime brevi campagne lo scavo ha permesso di individuare almeno cinque sepolture attribuibili a un riuso della necropoli avvenuto in età romana. Lo scavo, che ha interessato l'area immediatamente a ovest del settore di necropoli denominato B, ha permesso di individuare due tombe a enchytrismòs, le tombe erano costituite da due anfore africane del II- III secolo d.C parzialmente conservate con tutto il corredo funerario dentro. Durante lo stesso

intervento furono anche riconosciuti i resti di tre fosse che probabilmente contenevano delle inumazioni, scavate nel 2007 e rinvenute parzialmente danneggiate in seguito agli scassi agricoli e scavi clandestini, le cui tracce sono state riconosciute durante lo scavo archeologico. Questa tombe hanno restituito elementi di corredo formati da ceramica di vario tipo: scodelle, brocchette, boccalini, bottiglie e lucerne197. In base alle tipologie ceramiche, specialmente

anfore e sigillata africana, la datazione è stata fissata a età imperiale e precisamente al II-III sec.d.C.

Ulteriori due tombe a pozzetto sono state indagate da G.Ugas e si trovano nell'area della adiacente cava moderna di Su Pranu Efis-Su Pirastu, dismessa di recente.

A pochi metri dal moderno edificio costruito come centro servizi si trova anche una cisterna scavata nella roccia, probabilmente di età romana.

Coordinate: - 505058.638,4372638.494; 505058.638,4372638.494

Catasto: - F 3, nn. 101-109, 137; F 5, nn. 2-8; 20-25, 54, 61, 145-150, 169, 173-174, 181

Tipologia: necropoli Cronologia: Età Neolitica

Bibliografia: Usai 1984, Usai 1984b, Usai 1989, Canino-Cocco 2012.

9.Cava romana di Pranu Efis

A pochissima distanza dal gruppo B di tombe della necropoli di S'Acqua Salida, circa 30 m a sudest si trova il sito di una cava romana per l'estrazione di blocchi di arenaria. La parte messa in luce dai lavori di scavo svolti nel 1997 e nel 2007, ha una planimetria grossomodo quadrata con lato di circa 30 m. A sud tuttavia l'area di cava prosegue sotto l'attuale piano di campagna.

Le indagini non hanno permesso di attribuire alla cava una datazione certa oltre a generica attribuzione a età romana, perché il deposito era formato da strati sabbiosi che non contenevano materiali archeologici.

Lo scavo dei blocchi avveniva in estensione e in profondità: rispetto all'originario piano di campagna sono riconoscibili due diversi livelli di blocchi scavati al di sotto dei piani di calpestio. Già nelle prime indagini nel 1997 era stato individuato un fossato di probabile origine antropica scavato nella roccia, nel quale era stato fatto un piccolo sondaggio che aveva permesso di accertare la presenza di depositi archeologici di età preistorica. Durante le indagini del 2007, il fossato è stato scavato per circa 60 m, il riempimento ha confermato la presenza del deposito preistorico per tutti i circa 60 m scavati, che proprio per la presenza di questo fossato si è salvato dai lavori agricoli. Probabilmente è questo il lembo superstite di un deposito archeologico pertinente a un villaggio prenuragico che si sviluppava sulla sommità dell'altura. I materiali litici, tra cui ossidiana e selce e ceramici permettono di datare l'insediamento al Neolitico finale. La datazione è data in particolare dalla tipologia di alcune punte di freccia di ossidiana e selce, con codolo e alette rinvenute assieme a altri materiali frammentari come punteruoli, vaghi, un anellone, un accetta in steatite, macinelli e pestelli in granito, lame e schegge di ossidiana e altri materiali. La ceramica, molto rovinata, è modellata a mano e inornata (forse anche a causa dello stato di conservazione delle superfici). La parte indagata del fossato si sviluppa per circa 63 m, con profondità variabile tra i 10 e gli 80 cm, per proseguire in un'area ancora non indagata. In esso si susseguono canalette e restringimenti a cui non si è potuta dare un'interpretazione riguardo a significato e funzione.

Tutta la zona è interessata dalla presenza di cave moderne, allo stato attuale tutte dismesse in tempi recenti e in fase di recupero ambientale o rifunzionalizzazione delle aree. In particolare sulle cave delle aree dismesse sono stati recentemente approvati progetti per la produzione di energie da fonti rinnovabili: nel 2013 è stato presentato un ampio progetto relativo a un impianto di minieolico, che riguarda sei lotti distribuiti su un'ampia area, tra cui alcuni adiacenti all'area del parco archeologico, in zone già individuate dal PUC come zone H di rispetto archeologico; sempre nel 2013 nell'area della cava di Su Pirastu, adiacente al parco archeologico è invece stato presentato un progetto per la realizzazione di un impianto fotovoltaico, che sistemato a quota più bassa rispetto al piano di campagna, a debita distanza e non visibile dalle domus, produce un impatto visivo limitato.

Catasto: - F 5, nn.7-8, 147-148. Tipologia: necropoli, cava Cronologia: Età Romana

Bibliografia: Canino-Cocco 2012.

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