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Curva di rotazione da fotometria

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 53-69)

Modello di massa

4.1 Curva di rotazione da fotometria

Capitolo 4

Modello di massa

4.1 Curva di rotazione da fotometria

Lo scopo dell’elaborato è la costruzione di un modello di massa, significa comporre una curva di rotazione esplicitando i vari contributi barionici. Nel nostro caso la galassia è composta da un bulge, da un disco e da una frazione non indifferente di idrogeno neutro HI: la somma delle componenti sarà confrontata con i valori osservati per la curva di rotazione costruita da spettroscopia. Il potenziale gravitazionale può essere tracciato a lunghe distanze grazie alla componente di gas, anche in zone in cui viene meno la componente stellare. Lo scopo dell’articolo di Lelli è inferire il rapporto tra la velocità dovuta alla componente barionica e quella osservata, in base alla diversa scelta di valori possibili di .

In questo elaborato saranno presentati i metodi per ricavare le componenti di velocità dovute al bulge e al disco, mentre per il gas sono stati presi gli stessi dati di Lelli, in quanto la scelta di una fotometria 1D o 2D non influisce su questa componente. La 𝑉 è determinata con l’utilizzo della risoluzione di Casertano (1983) delle formule di Poisson per un disco di spessore finito, con arbitraria distribuzione di densità. La massa totale del disco sarà assunta superiore a quella della sola componente di HI, il fattore è dovuto all’He non trascurabile: 𝑀 = 1.33 𝑀 . Saranno invece trascurabili i contributi di altre molecole presenti in quantità minore o già compresi all’interno delle assunzioni fatte su ϒ =

.

Lo sviluppo delle equazioni porta a due leggi esponenziali per descrivere una 𝐿(𝑟, 𝑧) e 𝜌(𝑟, 𝑧), ovvero luminosità e densità di massa del disco in funzione della distanza dal centro e di un fattore che descrive una distribuzione verticale dello spessore. Da queste considerazioni iniziali si ricava la velocità del gas in funzione del raggio, per i dettagli si rimanda all’articolo, in questo elaborato vengono presi i valori dati per buoni. Una volta

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determinate le velocità dovute alla componente stellare del disco e del bulge come mostrato nelle prossime sezioni, si ottiene la velocità totale barionica con una somma in quadratura delle precedenti, ognuna pesata dal proprio rapporto ϒ, come mostrato dalla formula seguente:

(4.1) 4.1.1 Il contributo del bulge

Storicamente, in prima approssimazione, molti lavori di decomposizione eseguiti sugli sferoidi galattici assumono che questi ultimi siano corpi a simmetria sferica e seguano ciecamente un profilo di luminosità determinato dalla legge di De Vaucouleurs, in realtà ovviamente la situazione è più complessa e si possono ottenere modelli più dettagliati dalle considerazioni seguenti. Si consideri un generico sferoide tridimensionale, con l’unico piano di simmetria (𝑥, 𝑦) corrispondente al piano del disco galattico: il metodo di deproiezione della triassialità per ottenere una brillanza superficiale bidimensionale è descritto da Stark (1977). Si definiscono quindi una brillanza superficiale tridimensionale nel modo seguente: 𝜌(𝑚) = 𝜌(𝑥, 𝑦, 𝑧) , con 𝑚 = 𝑥 + 𝑦 + (𝑧 𝑞⁄ ) in cui la q identifica il rapporto assiale intrinseco del bulge. Con un cambio di coordinate si ottiene un asse lungo la linea di vista, uno coincide con l’asse minore galattico e il terzo è perpendicolare ad entrambi, si riesce così a determinare la brillanza sul piano del cielo come segue:

(4.2) Tenendo conto dell’ellitticità del bulge e di come questa è legata a q, di come viene espressa m in funzione delle nuove coordinate ed invertendo l’integrale di Abel (Binney & Tremaine, 1987), otteniamo un’equazione che esprime 𝜌(𝑚) in funzione della derivata prima della brillanza superficiale ad un certo raggio dal centro. In formula:

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L’angolo i esprime l’inclinazione tra gli assi z e ς, quest’ultimo giace sulla linea di vista. La derivata citata poco fa la si può calcolare dall’espressione della legge di Sérsic e da qui, con calcoli rimandati alla lettura di Binney e Tremaine (1987), si ottiene l’integrale finale che esprime la velocità attribuita al contributo del bulge per la curva di rotazione:

(4.4)

(4.5) In queste formule k è la prima variabile di integrazione che esprime la distanza dal centro, r0 è il fattore di scala della legge di Sérsic, n rappresenta sempre un parametro di tale legge, e è l’eccentricità del bulge, G la costante di gravitazione universale ed infine ϒ il rapporto M/L dello sferoide. A livello computazionale l’integrale si riduce ad una sommatoria, scegliendo piccolo a piacere il passo dm ed il limite superiore dell’integrale in modo da rendere trascurabili i successivi passi addizionabili.

4.1.2 Il contributo del disco

Un disco galattico sottile può essere approssimato con la geometria di uno sferoide infinitamente appiattito (Granados, 2019), partendo dallo studio del potenziale gravitazionale. La distribuzione di massa obbedisce in prima approssimazione alle leggi di Newton, espresse nella forma differenziale di Poisson:

(4.6) In questa formula il potenziale gravitazionale ϕ dipende dalla densità di massa ρ. La soluzione di tale equazione dipende dunque dalla conoscenza di tale densità, la quale non

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prescinde dalla geometria dell’oggetto in esame. Si consideri un ellissoide tridimensionale oblato, la cui forma è descritta dall’equazione seguente nel piano: (4.7) Il disco galattico con la propria distribuzione di massa sono descritti da contributi di spessori dz che attraversano il piano equatoriale: le proiezioni su tale piano permettono di definire una densità di massa superficiale Σ. In riferimento alla figura seguente (Figura 4.1) partendo da queste considerazioni si giunge alla definizione di 𝛴 = 2𝜌𝑞𝑎 come densità di massa superficiale centrale, considerando una densità omogenea ρ ed infine ad una distribuzione di densità come segue:

(4.8)

Figura 4.1: Geometria dell'ellissoide oblato galattico. La linea di vista (LOS) è perpendicolare al piano equatoriale e stanzia ad una distanza di 2𝑞√𝑎 − 𝑅 dal centro galattico. Figura tratta da Granados (2019)

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Per un disco sottile con approssimazione di M/L costante, si sfruttano le equazioni a simmetria cilindrica di Bessel, per ottenere le formule di seguito:

(4.9)

(4.10) La (4.9) è conosciuta come legge esponenziale e di fatti è simile alla Freeman (2.6) ed infine sostituendola nella (4.10) si ottiene la forma finale del potenziale cui è sottoposto il disco sottile in esame, a cui segue l’obiettivo di queste considerazioni: la velocità circolare di un oggetto posto a distanza R dal centro galattico, ovvero:

(4.11) Le I e K sono funzioni modificate di Bessel, definite come armoniche cilindriche, nonché risolventi di particolari equazioni differenziali lineari omogenee del secondo ordine (Abramowits e Stegun, 1965). Da tali considerazioni segue inoltre una formula semplice per la conoscenza della massa totale attribuita al disco galattico, anche in questo caso simile alla precedente (2.7):

(4.12) Anche in questo caso a livello computazionale si tratta di implementare un array con le singole velocità trovate per ogni raggio, da sommare in quadratura con quelle delle altre componenti come esemplificato dalla (4.1). Nella prossima sezione i risultati e il confronto con Lelli.

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4.2 Modello di massa barionica

Si sono trovate tutte e tre le componenti considerate della velocità, non rimane che comporle insieme. L’elaborato vuole mostrare la discrepanza, ammesso che ci sia, tra i dati osservati dalla spettroscopia e quelli attribuiti alla massa barionica, per questo evidenziare il modello di massa tramite una curva di rotazione è il metodo più utile anziché inferirne la massa finale, dato che direbbe poco ai fini di possibili confronti. Come sarà mostrato di seguito, i risultati subiscono variazioni non indifferenti in base al dato meno certo in esame, ovvero il rapporto M/L delle singole componenti. Lelli, nel proprio articolo, comprende anche una trattazione di tali possibili valori, su studi precedenti delle popolazioni stellari. Le curve di rotazione forniscono inoltre ulteriori considerazioni: si hanno il limite superiore ed inferiore di massa galattica rispettivamente da modelli di massa sferici, approssimazioni delle early-type e da modelli per i dischi galattici. Consideriamo galassie a spirale, di seguito le espressioni per i due modelli: 𝑉 (𝑟) = 4𝜋𝐺

𝑟 𝜌(𝑟)𝑟 𝑑𝑟 (4.13) ; 𝑀(𝑟) = 2

𝐺𝜋 𝑉 (𝑟) 𝑟 (4.14) La distinzione dei vari modelli non è un espediente trascurabile poiché integrando completamente una distribuzione di massa sferica si ottiene un valore del 40% superiore rispetto a quello ricavato dalla stessa curva di rotazione per un disk-model (Rubin et al. 1978). I dati evidenziano in genere una maggiore nel caso delle early-type, inoltre si registra un sistematico appiattimento della curva di rotazione oltre un raggio proprio per ogni galassia a disco considerata, come si può osservare anche nel caso specifico di questo testo (Figura 4.2). Questo appiattimento causa un’unica proporzionalità tra la massa integrata entro un raggio definito e tale distanza dal centro galattico, ma questi valori di massa e velocità non sono spiegabili con la sola componente barionica, né con un unico modello di studio di M/L; si è introdotta la questione nella sezione 1.1.

Lelli presenta due modelli di studio delle popolazioni stellari per un corretto valore di M/L nella banda infrarossa, il DMS (Disk Mask Survey) (Bershady et al. 2010a) e

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BTFR (McGaugh & Schombert, 2015), i quali concernono risultati finali diversi, ma nell’infrarosso entrambi suggeriscono un valore costante. Viene definita la frazione di gas galattico come il rapporto tra la massa di gas e quella totale barionica, questo valore correla con la luminosità totale della galassia e per specifici tipi morfologici un valore troppo basso di M/L rende non comprensibile la presenza di barre e spirali. Ciò porta a concludere un valore probabile di M/L che si attesta su 0.5, come suggerito dal modello BTFR, attribuito al disco, mentre è 0.7 riferito al bulge, sempre in riferimento ai dati di Spitzer per la banda 3.6 μm. Da questi studi è evidente come tale valore possa spiegare solo in parte la curva di rotazione, ma a lunghi raggi è comunque richiesta più massa di quella barionica (Swaters et al. 2014): le componenti galattiche in evidenza dalla fotometria trovano spiegazione con i valori citati, ma sembra necessario introdurre il concetto di materia oscura per spiegare le evidenze empiriche. In altri tipi morfologici invece il comportamento è opposto: le LSB (Low Surface Brightness) trovano spiegazione nella propria curva di rotazione con un valore di M/L pari a 0.5 a lunghi raggi, ma nelle regioni centrali si richiede un ulteriore contributo. Infine un valore superiore a 0.8 è da escludere, poiché implicherebbe per le HSB (High Surface Brightness) un contributo barionico superiore alle evidenze fotometriche. Con queste premesse Lelli porta a considerare un valore medio di M/L pari a 0.5, con un rapporto di ϒ

ϒ = 1.4 per ottenere una fotometria che porta al modello di massa espresso nella figura seguente (Figura 4.2). Viene infine introdotto il concetto di massimalità barionica, espresso dal parametro : più questo valore tende ad 1 e più la curva di rotazione è dovuta alle componenti determinabili e visibili da fotometri. Per un disco puramente esponenziale il picco di tale valore si ottiene ad un raggio pari a 𝑅 = 2.2 𝑅 (Martinsson et al. 2013), quest’ultimo definito storicamente dalla relazione 𝑅 = 3.2 𝑅 . Rbar in generale è indipendente da M/L per le galassie in cui la componente maggiore della velocità barionica è dovuta al contributo del gas, mentre può variare sensibilmente per gli oggetti in cui 𝑉 ~ 𝑉; per questo motivo per differenti galassie il valore di Rbar può ricadere dopo o prima degli altri valori considerati. Il valore più comune di si attesta su 0.85 nell’intero lavoro di Lelli, mentre per UGC02487 è di 0.56, con le considerazioni già attuate sul valore di M/L. Di seguito i modelli di massa ottenuti da Lelli e con i dati

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autonomi per questo elaborato: si è voluto differenziare il modello modificando i valori di M/L.

Figura 4.2: Modello di massa di Lelli per UGC02487. La linea tratteggiata verde rappresenta il contributo di HI, quella viola del bulge, quella rossa del disco ed infine quella blu è la somma dei contributi. I pallini neri sono i valori della velocità registrata da spettroscopia. La forte discrepanza tra i valori osservati e quelli fotometrici necessita di un ulteriore contributo di massa ipotizzato. Rbar rappresenta il raggio stimato di massimalità barionica, Reff è il raggio efficace (raggio entro cui è contenuta la metà della luminosità totale galattica), R2.2d rappresenta un raggio determinato dal modello DMS

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Figura 4.3: Modello di massa di UGC02487 in banda Spitzer con i valori di M/L per disco e bulge rispettivamente di 0.5 e 0.7. I colori rappresentano: verde per il gas, blu per il disco, rosso il bulge e nero il totale

Figura 4.4: Modello di massa di UGC02487 in banda Spitzer con i valori di M/L per disco e bulge rispettivamente di 1 e 1.4

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Figura 4.5: Modello di massa di UGC02487 in banda Spitzer con i valori di M/L per disco e bulge rispettivamente di 1.5 e 2.1

Figura 4.6: Modello di massa di UGC02487 in banda Sloan con i valori di M/L per disco e bulge rispettivamente di 0.5 e 0.7

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Dalle immagini precedenti si intuisce quanto la curva di rotazione sia dipendente dal valore di M/L: in Figura 4.3 si è ottenuto un modello di massa nelle stesse condizioni di quello provato da Lelli ed i risultati hanno similitudini e discrepanze. Innanzitutto i valori osservati e la componente del gas sono esattamente gli stessi, per le premesse già citate, inoltre si può notare come la forma delle altre due componenti sia ben riconoscibile. La somma finale delle componenti è altresì molto simile, questo certifica la verosimiglianza del lavoro eseguito. Le differenze riguardano le due singole componenti: dalla decomposizione di Gasp2D si è ottenuto un bulge molto importante, contributo maggiore nelle regioni centrali della galassia; per quanto riguarda l’articolo di riferimento invece fin da regioni più prossime al centro il disco ha una rilevanza superiore.

Provando invece ad inventare valori di M/L si è cercato di osservare come potesse cambiare il modello di massa ed i risultati sono mostrati nelle Figure 4.4 e 4.5: le velocità nei due diversi contributi aumentano considerevolmente ma, nonostante queste autoconcessioni, si nota come a grandi raggi siano comunque elevate le discrepanze con i valori osservati. Giocare con i valori di M/L non è comunque concesso oltre un certo limite per questa serie di galassie in osservazione da Spitzer, come spiegato precedentemente, ma tale limite nelle figure è stato ampiamente superato. Infine la Figura 4.6 attesta un modello di massa nelle condizioni suggerite da Lelli per l’immagine SDSS. In questo esempio le velocità sono considerevolmente inferiori e si può inferire e giocare con M/L maggiori dei precedenti: è stata rappresentato un solo modello in quanto le supposizioni teoriche precedenti sono da considerare valide per i dati Spitzer.

Come ultima considerazione, si è cercato di comparare in maniera più fine il modello di massa creato e quello di Lelli e collaboratori, per verificare quanto effettivamente fossero simili le Figure 4.2 e 4.3: si è quindi calcolato, per ogni valore di entrambi i modelli, l’accelerazione gravitazionale definita come la (1.4) per i valori osservati e per la componente barionica, costruendo il grafico seguente, con lo stesso principio della Figura 1.3.

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La Figura 4.7 risalta le differenze considerate approssimative ad uno sguardo più superficiale delle Figure 4.2 e 4.3: Lelli e collaboratori hanno trovato un contributo decisamente maggiore di materia barionica con la fotometria 1D, mentre i dati qui elaborati suggeriscono una maggior presenza di DM. Il grafico può confrontarsi con la Figura 1.3, essa rappresenta i risultati di Lelli per il campione elaborato da SPARC, quindi i dati blu della figura 4.7 sono in linea con le incertezze mostrate dal grafico in introduzione. I dati neri invece si ritrovano fuori dalla media considerata dal campione di Lelli, ai limiti delle incertezze di tali modelli. Non si può fare statistica con un solo risultato, ne inferire la bontà del modello in via generale, ma risuona come campanello d’allarme per sottolineare che, nel caso di UGC02487, i due modelli denotano discrepanze non trascurabili, nonostante a prima vista non fosse così.

Figura 4.7: Comparazione tra le accelerazioni gravitazionali barioniche e quelle osservate dalla curva di rotazione. I dati utilizzati per questo elaborato sono gli stessi di Lelli e collaboratori per quanto riguarda la curva di rotazione, come si evince dalla stessa ordinata dei punti corrispondenti blu e neri. I pallini blu rappresentano il modello di Lelli, i pallini neri quello estrapolato con fotometria 2D

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Conclusioni

L’elaborato è stato scritto dopo un lavoro eseguito in due parti: la prima di ricerca del materiale Spitzer con la scelta della galassia e la sua analisi a computer, la seconda bibliografica e di stesura dei risultati con successivo confronto dei modelli. Lo scopo inziale è stato raggiunto, ovvero si è potuto costruire un modello di massa di UGC02487 ponendolo a confronto con gli stessi dati iniziali di Lelli e collaboratori, ma con un approccio fotometrico diverso nell’analisi delle immagini. I risultati totali mostrati nelle Figure 4.2 e 4.3 paiono identici, anche se differiscono per i diversi contributi relativi di bulge e disco. Ad un’analisi più accurata si è potuta evincere una reale differenza tra i due modelli, non più trascurabile, grazie alla considerazione delle accelerazioni gravitazionali in gioco. In ogni caso ciò non è sufficiente per confermare o sbugiardare la bontà del metodo 2D piuttosto che quello monodimensionale, in quanto unicamente per questo caso specifico le differenze sostanziali non consentono di poter utilizzare il più pratico dei due senza incorrere in incertezze gravi: solo la statistica su numerosi campioni di galassie può dire qualcosa in più e conferma la maggior attendibilità del metodo bidimensionale. Questo lavoro si pone come campanello d’allarme, per attirare l’attenzione sulla diversità dei due modelli, ma talvolta le condizioni potrebbero non richiedere la necessità di una fotometria 2D, a fronte di una verosimiglianza elevata tra le due modalità.

Gasp2D è un ottimo strumento di riduzione ed implementando il formalismo teorico di riferimento restituisce i dati richiesti, come si evince dalle Figure 2.12 e 2.13. Un vantaggio iniziale non indifferente è stato poter lavorare su immagini semi-calibrate, da dover trasformare solo per le unità di flusso. La parte finale dell’elaborato ha inoltre voluto testare diverse tipologie di risultati modificando un parametro fondamentale andando anche oltre i limiti teorici consentiti ed infine, ricollegandosi alla sezione introduttiva, si suggerisce una via per colmare la discrepanza tra i modelli teorici e le osservazioni. Il problema sollevato non è nuovo, ma ben conosciuto, studiato ed introdotto in concezioni cosmologiche più complesse. In particolare si vuole sottolineare l’evidenza di una stretta connessione tra la materia barionica e non barionica, come evinto dalla maggior attendibilità del modello DC14 rispetto al NFW e dalla costruzione dell’accelerazione radiale dovuta ad un potenziale di DM, mostrato con la (3.16). La

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centralità del lavoro si è strutturata sul modello di massa fotometrico di UGC02487, ma le possibili speculazioni sulle discrepanze con le osservazioni sono ancora molteplici.

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