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Il cymiterium christianorum carolingio: cristianizzazione della morte o progetto politico di soppressione culturale? Il De partibus Saxoniae

Capitolo II – Dalla necropoli tardo antica al cymiterium christianorum carolingio

6. Il cymiterium christianorum carolingio: cristianizzazione della morte o progetto politico di soppressione culturale? Il De partibus Saxoniae

Come ho già evidenziato, ancora nell’VIII secolo la Chiesa interviene raramente nei rituali funebri: rimane evidente uno iato tra le regole scritte e la loro applicazione e c’è una sostanziale tolleranza nei confronti di sopravvivenze e tradizioni cultuali e culturali, per lo meno fino a quando esse non vanno a influire nella regolare performance dell’ortodossia cristiana. Pertanto a questa data, in Europa occidentale, anche in aree cristiane franche e anglosassoni, seppur in casi piuttosto rari e nonostante l’effettivo processo di cristianizzazione della morte in atto, sopravvivono riti di cremazione e sepoltura in tumuli (di origine pre – cristiana), oltre a casi di mutilazione rituale dei cadaveri e sacrifici umani185. Non c’è quindi alcuna forma di chiusura etnica, ma un’assimilazione, più o meno coercitiva, di diverse tradizioni, anche nei rituali funebri, dal momento che essi possono essere considerati aspetti come altri di una cultura. Fatta quest’ultima considerazione e aggiungendo a essa il fatto che, come spiegato, il rituale funebre è un progetto sociale, esso diventa quindi evidentemente un potente mezzo di espressione culturale186. L’aspetto spaziale di una sepoltura va infatti considerato un

marker culturale che indica le dinamiche sociali e i principi organizzativi di una società,

oltre alle relazioni tra i suoi membri187.

Nel 782, tre anni prima della conversione del re dei sassoni Widukind e della nomina di Carlo Magno quale rex et sacerdos, viene emesso il capitolare De partibus

Saxoniae nel corso della guerra per l’annessione dell’area sassone al regno carolingio.

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due interessanti testimonianze sulla persistenza dei sacrifici umani in epoca carolingia sono: una lettera di Gregorio III a Bonifacio (732) contro il commercio di schiavi per queste pratiche, e il Karlmanni Principis

capitulare (742/IV/21), c. 5: Decrevimus [...] sive sacrificia mortuorum sive sortilegios vel divinos sive flacteria et anguria sive incantationes sive hostias immolatitias, quasi stulti homines iuxta ecclesia ritu pagano faciunt sub nomine sanctorum martyrum vel confessorum, Deum et suos sanctos ad iracundiam provocantes, sive illos sacrilegios ignes, quod nied fyr vocant, sive omnes, quaecumque sint, paganorum observationes diligenter prohibeant; Effros, De Partibus Saxoniae, p. 270. Secondo il Van de Noort la

pratica delle sepolture (monumentali) in tumuli sarebbe la risposta dei non cristiani al rituale funebre cristianizzato, e potrebbe quindi essere letta anche come una sorta di sfida o, dal punto di vista carolingio impregnato di ideologia cristiana, una minaccia, esercitata sul piano culturale pagano, all’espansione e alla dominazione carolingia stessa. Ecco perché il De Partibus Saxoniae, che per primo vieta ufficialmente la pratica delle sepolture in tumuli, andrebbe letto più come una manovra politica che cristiana (The context

of Early Medieval barrows in western Europe);

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Effros, De Partibus Saxoniae, pp. 274 – 5;

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L’obiettivo dichiarato è la cristianizzazione dei sassoni, ma c’è da chiedersi quanta volontà possa esserci in questa direzione da parte carolingia, nel momento in cui è in atto una guerra estremamente sanguinosa188. Sono tre i capitoli da analizzare in questo senso:

1. Si quis corpus defuncti hominis secundum ritum paganorum flamma consumi

fecerit et ossa eius ad cinerem redierit, capitae punietur189: il divieto di cremare i defunti;

2. Iubemus ut corpora christianorum Saxanorum ad cimiteria ecclesiae

deferantur et non ad tumulos paganorum190: l’obbligo di sepoltura nei cimiteri cristiani, contro quella in tumuli monumentali;

3. Si quis hominem diabulo sacrificaverit et in hostiam more paganorum

daemonibus obtulerit, morte moriatur191: il divieto dei sacrifici umani.

Per quanto riguarda la cremazione, va detto che essa viene ampiamente abbandonata in Gallia, così come in altre aree dell’Europa romana, seppur in maniera e con tempistiche disomogenee, fin dal II secolo, non tanto per una spinta cristiana, quanto per una volontà di avvicinarsi all’uso romano dell’inumazione. Le sempre più sporadiche sopravvivenze di questa pratica, legate al mondo pagano, parallelamente al diffondersi del cristianesimo, perdurano non oltre il VII secolo nell’Europa ex romana e, nell’VIII, anche in area sassone sono oramai ampiamente abbandonate, pur presentando delle sfaccettature rituali non così dissimili dall’inumazione. Per queste ragioni il capitolare, pur essendo il primo divieto ufficiale di cremazione dei defunti, non sembra avere una motivazione reale in questo senso192.

Per quanto riguarda la sepoltura in tumuli monumentali essa, durante il regno di Carlo Magno, analogamente alla pratica della cremazione, è in declino e pertanto, dal momento che, come per altri layouts funebri, le si può attribuire un significato culturale, anche su questo aspetto il capitolare sembra avere un obiettivo più politico che religioso. Sembra infatti che l’intento sia quello di vietare una forma di manifestazione culturale di

188 Effros, De Partibus Saxoniae, pp. 267 – 9;

189 De partibus Saxoniae, c. 7; per le considerazioni anche: De Clerq, La législation religieuse franque de

Clovis à Charlemagne, pp. 167 – 169; 190 De partibus Saxoniae, c. 22; 191 De partibus Saxoniae, c. 9; 192

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un popolo che si vuole sottomettere, più che assimilare193. Parallelamente al divieto di sepoltura nei tradizionali tumuli monumentali va letto poi l’obbligo di inumazione nei cimiteri cristiani. Essi, come visto, portano, tra le altre cose, a una forma di anonimato e indifferenziazione dei defunti, i quali non vengono più identificati per le loro specificità personali, tra cui l’appartenenza culturale, ma semplicemente per l’inclusione o l’esclusione all’Ecclesia. Obbligare quindi i sassoni a essere sepolti in cimiteri cristiani, dopo aver loro vietato la tradizionale sepoltura in tumuli, significa privarli di un potente strumento di distinzione, personale e culturale, per cui quindi anche questo capitolo, come il precedente, sembra essere più che altro uno strumento politico di soppressione di una cultura e quindi di una società194.

Se si considera poi il fatto che i sacrifici umani non potevano essere una pratica così largamente diffusa, si può concludere affermando che con il De Partibus Saxoniae l’intento di Carlo Magno sembra essere quello di dis – integrare i sassoni, partendo dalla morte per raggiungere lo scopo, congiuntamente alle manovre militari, nella società dei vivi195. L’idea di cristianizzazione della morte viene quindi utilizzata da Carlo Magno, in questo frangente, per “fagocitare” una società riducendone ogni possibile istanza di espressione e rivolta attraverso il suo azzeramento culturale, e quindi identitario, che trovava una sua forma di espressione nei rituali funebri.

Anche da quest’ultimo esempio si evince quindi l’importanza del significato delle pratiche funebri per la definizione, attraverso la conservazione della memoria, delle identità dei singoli defunti, delle proprie famiglie e delle comunità stesse. Le aree cimiteriali sono quindi dei luoghi che, partendo proprio da questa stratificazione di significati sociali e politici che vi si concentra, necessitano di una particolare cura e attenzione, come dimostra l’intensa attività legislativa a difesa delle sepolture, che andrò a esaminare nel capitolo successivo.

193

Effros, De Partibus Saxoniae, p. 276 e 282 – 3;

194

Effros, De Partibus Saxoniae, p. 283;

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ritengo che, in questo senso, Carlo Magno dimostri di avere ben in mente l’efficacia del parallelismo tra società dei vivi e società dei morti implicito nell’idea di Ecclesia;

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Capitolo III – Contro il prete Lorenzo: la violazione di sepoltura e

l’actio de sepulchro violato

La complessità dell’evoluzione delle strutture cimiteriali e delle sepolture e il suo significato, il coinvolgimento dell’intimità e della religiosità umana e l’intervento tanto delle autorità laiche quanto di quelle ecclesiastiche con i relativi interessi, permette di capire come sia stato altrettanto complesso e di difficile gestione il fenomeno della violazione delle sepolture. Questo crimine, se nella maggior parte dei casi è commesso da semplici ladri, con una frequenza tutt’altro che irrilevante coinvolge preti o presbiteri, come dimostrano in particolare la lettera di Cassiodoro contro Lorenzo (Variae IV.18) e una novella di Valentiniano III. Questi due documenti sono la testimonianza che, partendo dal presupposto che gli ecclesiastici non siano dei ladri comuni, ma che probabilmente si arroghino il diritto di intervenire direttamente sulle sepolture derivandolo da una certa familiarità con la manipolazione di quanto sepolto nel sottosuolo (tesori, ma soprattutto reliquie), Chiesa e Stato paiono coinvolti in una competizione sulla gestione delle sepolture. Ulteriore riprova di questo fatto sono infatti da un lato le leggi emanate in materia da parte dell’autorità imperiale e dall’altro le numerose testimonianze che si possono rimandare all’ambito ecclesiastico e che spesso sembrano voler esautorare lo Stato nella battaglia contro i violatori di sepolture a colpi di penitenze e interventi miracolosi. Contemporaneamente le famiglie, detentrici dello ius sepulchri, in decorazioni, iscrizioni ed epitaffi, diffusi in particolare tra II e IV secolo e contenenti indicazioni di sanzioni, ammonimenti e maledizioni, cercano di garantire una qualche forma di protezione alle sepolture familiari, luogo di conservazione della propria memoria ancestrale, dal momento che esiste un tradizionale forte sentimento che una tomba, in quanto res religiosa, non debba essere violata e che sia necessaria una rigorosa attività legislativa per la sua protezione. Tutto ciò almeno fino alla definizione del cymiterium

christianorum. Studiare quindi le violazioni delle sepolture e le azioni intraprese contro

questo genere di atti si rivela un interessante punto di partenza per analizzare società e credenze196.

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