cassa integrazione in deroga
La conservazione dell’occupazione e della capacità produttiva delle imprese è il banco di prova sul quale la compagine governativa si sta misurando maggiormente nel contesto emergenziale da COVID-19. Con il decreto “Agosto” il Governo emana nuove misure in materia di trattamenti di integrazione salariale per fronteggiare le riduzioni o le sospensioni dell’attività lavorativa del secondo semestre del 2020.
Si definiscono le modalità di concessione dei nuovi periodi di integrazione salariale di cui potranno beneficiari i datori di lavoro che, nell’anno 2020, sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 (ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del Decreto “Agosto”). Le tipologie di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto continuano ad essere quelle previste dal Decreto “Cura Italia”, agli articoli da 19 a 22-quinquies (come convertito, con modificazioni,
dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 e successive modificazioni). A fronte di un impianto normativo invariato, però, la decretazione d’urgenza rinnova i termini per la loro concessione.
L’istituzione di nuovi periodi di trattamento CIGO (cassa integrazione guadagni ordinaria), CIGD (cassa integrazione guadagni in deroga) e AO (assegno ordinario), in relazione ai consueti ambiti applicativi, è pari a complessive diciotto settimane collocate nel periodo ricompreso tra il 13 luglio 2020 e il 31 dicembre 2020, a cui è possibile fare ricorso in due tranches da 9 settimane. Il Decreto “Agosto” opera un azzeramento dei periodi di integrazione salariale previsti dalla previgente disciplina e svincola da questi ultimi la concessione dei nuovi periodi di trattamento.
La norma prescrive un’immediata facoltà di accesso alla prima tranche di 9 settimane ai datori di lavoro che subiscono riduzioni o sospensioni dell’attività lavorativa a causa della crisi epidemiologica. L’unica condizione legale è fissata per l’incremento delle ulteriori nove settimane (seconda tranche), riconosciute esclusivamente ai datori di lavoro ai quali sia già stato interamente autorizzato il precedente periodo di nove settimane (prima tranche) e, al contempo, sia integralmente decorso. Le predette diciotto settimane costituiscono la durata massima che può essere richiesta con causale COVID-19 dal 13 luglio 2020 fino al 31 dicembre 2020, con la conseguenza che i periodi di integrazione precedentemente richiesti e autorizzati ai sensi del predetto decreto-legge n. 18/2020, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020 sono imputati, ove autorizzati, alle prime nove settimane previste dal Decreto “Agosto”.
Le due tranches di trattamento si differenziano anche per le disposizioni relative al finanziamento della prestazione. Mentre le prime 9 settimane di integrazione salariale continuano, senza eccezioni, ad essere riconosciute senza alcun costo per i datori di lavoro che ne fruiscano, la disciplina regolativa delle ulteriori 9 settimane prevede l’istituzione di un contributo addizionale variabile in base alla presenza e all’entità di un calo di fatturato. Nello specifico, il contributo addizionale è determinato sulla base del raffronto tra il fatturato del primo semestre 2020 e quello del corrispondente semestre 2019, pari:
a) al 9 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al venti per cento;
b) al 18 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato.
Sopravvivono ipotesi di “gratuità” dello strumento, per i datori di lavoro che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20 per cento e per coloro che hanno avviato l’attività di impresa successivamente al 1° gennaio 2019, i quali possono beneficiare dell’esenzione del contributo addizionale.
Al momento di presentazione della domanda delle ulteriori 9 settimane di trattamento di integrazione salariale (seconda tranche), il datore di lavoro è tenuto ad autocertificare lo stato del fatturato aziendale. In sede di autorizzazione, l’INPS individua l’aliquota del contributo addizionale che il datore di lavoro è tenuto a versare sulla base dell’autocertificazione allegata alla domanda. Il contributo andrà
versato a partire dal periodo di paga successivo al provvedimento di concessione dell’integrazione salariale. La sussistenza dei requisiti di fatturato sarà oggetto di verifiche da parte dell’INPS e dell’Agenzia delle entrate, autorizzati ex lege, a condividere i dati in proprio possesso.
In mancanza di autocertificazione, l’ammontare del contributo addizionale è determinato tramite aliquota del 18 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.
Il termine di presentazione delle domande di accesso ai trattamenti viene mantenuto dal Decreto “Agosto” alla fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa, a pena di decadenza. In fase di prima applicazione, è concesso un differimento del termine alla fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto (30 settembre 2020).
Anche i termini per l’invio all’Istituto previdenziale di tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale, in caso di pagamento diretto delle prestazioni, restano invariati. Il datore di lavoro è tenuto ad inviare entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dall’adozione del provvedimento di concessione. Qualora di miglior favore, in sede di prima applicazione, il termine di invio dei dati per il pagamento diretto (attualmente tramite il mod. SR41) è spostato al trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto. Nella nuova disposizione non si registra alcun affievolimento delle conseguenze relative al decorso dei termini; il loro inutile sforamento comporta il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.
Il trattamento di cassa integrazione salariale operai agricoli (CISOA)
Il Decreto “Agosto” estende le possibilità di ricorso all’integrazione salariale anche per gli operai agricoli, ai sensi dell’articolo 19, comma 3-bis, del decreto “Cura Italia”, per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19. La cosiddetta CISOA è concessa, in deroga ai limiti di fruizione riferiti al singolo lavoratore e al numero di giornate lavorative da svolgere presso la stessa azienda per una durata massima di cinquanta giorni, nel periodo ricompreso tra il 13 luglio e il 31 dicembre 2020. La domanda di CISOA deve essere presentata, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione dell’attività lavorativa. Anche il ricorso ai nuovi periodi di CISOA viene svincolato dai trattamenti di integrazione precedentemente richiesti e autorizzati ai sensi del predetto decreto-legge n. 18 del 2020. Quest’ultimi rileveranno soltanto ai fini della determinazione della durata massima del trattamento nel secondo semestre poiché i periodi di CISOA collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020 sono annoverati già nel computo dei cinquanta giorni stabiliti dal Decreto “Agosto” (ex articolo 1, comma 8). In fase di prima applicazione, il termine di decadenza per la presentazione delle domande è fissato entro la fine del mese di settembre 2020. I periodi di integrazione autorizzati con causale COVID-19 sono computati ai fini del raggiungimento del requisito occupazionale di oltre 180 giornate lavorative presso la stessa azienda richiesto dall’articolo 8 della legge n. 457/72 per beneficiare delle integrazioni salariali in favore di lavoratori agricoli a tempo indeterminato.
Rimessione e differimento dei termini di presentazione
In parziale accoglimento delle richieste avanzate dai rappresentanti delle professioni ordinistiche, il Governo introduce alcune norme volte a salvaguardare le domande di accesso ai trattamenti collegati all’emergenza COVID-19, nonché l’invio di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi, compresi quelli differiti in via amministrativa, in scadenza entro il 31 luglio 2020. Per tali adempimenti, i termini decadenziali sono differiti al 31 agosto 2020 (ex articolo 1, comma 9). La norma presenta alcuni margini di incertezza relativi all’ambito applicativo del differimento delle scadenze relative alle procedure per gli interventi di integrazione salariale. La formula testuale della norma dovrebbe differire sia i termini delle procedure in “scadenza” al 31 luglio 2020, sia quelli già “scaduti” a tale data, ovvero con scadenza nei mesi di calendario precedenti. Sul punto è necessario un chiarimento da parte dell’INPS.
In secondo luogo, l’articolo 1, comma 10, prevede il differimento dei termini degli adempimenti in scadenza nel mese di agosto 2020, anche al fine di consentire agli intermediari abilitati e alle organizzazioni di studio un tempo minimo di “decompressione” lavorativa. Così, sono differite al 30 settembre 2020 le domande di accesso ai trattamenti collegati all’emergenza COVID-19 e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi che, in applicazione della disciplina ordinaria, si collocano tra il 1° e il 31 agosto 2020.
In secondo luogo, si propone una modifica del comma 9 dello stesso articolo 1, per rimuovere i margini di incertezza dell’ambito applicativo della norma sul differimento delle scadenze relative alle procedure per gli interventi di integrazione salariale in esame differendo, al contempo, i suddetti termini al 30 settembre. Ci si riferisce ai termini di invio delle domande di accesso ai trattamenti di integrazione salariale collegati all’emergenza COVID-19 e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi (mod. SR41 e pagamento diretto). Per maggiore chiarezza, la formula testuale della norma dovrebbe differire sia i termini delle procedure in “scadenza” al 31 luglio 2020 sia quelli già “scaduti” a tale data, ovvero con scadenza nei mesi di calendario precedenti. Inoltre l’emendamento prolungherebbe il differimento al 30 settembre 2020 dei termini scaduti entro il 31 luglio 2020, concedendo ai datori di lavoro e agli intermediari abilitati maggiore periodo utile per adempiere, anche in considerazione dell’abnorme carico di lavoro amministrativo a cui la categoria professionale è stata sottoposta.
Il limite massimo di spesa previsto a fronte dei nuovi periodi di integrazione salariale è pari a 8.220,3 milioni di euro, ripartito in 5.174 milioni di euro per i trattamenti di cassa integrazione ordinaria e assegno ordinario di cui ai commi 1 e 2, in 2.889,6 milioni di euro per i trattamenti di cassa integrazione in deroga di cui ai commi 1 e 2 e in 156,7 milioni di euro per i trattamenti CISOA. La spesa è monitorata dall’INPS che, raggiunto il limite, non istruirà e autorizzerà ulteriori domande.