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D EGASPERI 2012: 341 93 P ERASSI 2011a.

94 ARSLAN 2014: 346.

95 ARSLAN 2014: 349. Sull’uso di monete forate anche per collane in epoca romana, PERASSI 2011b. 96 EBANISTA 2013: 459-460; Longobardi 2017: 64-65.

dei recipienti utilizzati. Si tratterebbe del convito rituale svolto in comunione con il morto, dove il frammento ce- ramico, come probabilmente nel nostro caso, indicherebbe la parte di spettanza del defunto97. FF

La conservazione della memoria. Le due necropoli offrono anche la possibilità di cogliere nella realtà ma-

teriale una pratica sociale propria della cultura longobarda, legata alle modalità di conservazione della memoria e dello status e sintetizzata nel titolo di un importante saggio sull’argomento: “donare, distribuire, spezzare”98. Sia a Via Marche sia all’Area Scheibler è possibile osservare la testimonianza del valore simbolico attribuito ad alcuni accessori particolarmente rappresentativi del ruolo sociale del defunto, attraverso la trasmissione eredi- taria di tali oggetti o di parti di essi ai membri della famiglia. A Via Marche sul fianco di una donna ornata con due armille e una collana con un vago in pasta vitrea, è stata deposta la metà di un morso equino con gli anelli funzionali ad agganciare le briglie al filetto, probabilmente raccolti all’interno di un sacchetto in materiale depe- ribile99. L’associazione di un oggetto tipico della sfera maschile in una tomba femminile rivela in modo manife- sto il valore simbolico attribuito all’oggetto trasmesso probabilmente per via ereditaria alla donna da un parente prossimo e forse ripartito tra vari eredi. “La donna del cavaliere” esprime così efficacemente il proprio stato so- ciale, come i cavalieri erano soliti rimarcare il proprio attraverso corredi equini100.

Anche all’Area Scheibler, per quanto la dislocazione degli elementi strutturali delle sepolture, dei resti scheletrici e degli elementi del corredo abbia fortemente compromesso la lettura e l’affidabilità dei contesti, po- tremmo cogliere una pratica analoga nel rinvenimento di elementi di una cintura a cinque pezzi presso sepoltu- re diverse. Unendo i rinvenimenti riferibili a singole tombe ed elementi decontestualizzati è possibile ricostruire un’unica cintura a guarnizioni quintuple riferibile al tipo Grancia tomba 62, databile nella seconda metà del VII secolo d.C. (tipo III101). Sono presenti infatti tutti gli elementi necessari e sufficienti a comporre una cintura e non ci sono elementi doppi: una fibbia con placca, una controplacca, un puntale principale, una placca dorsale che serviva ad agganciare alla cintura una bandoliera con il suo puntale secondario, oltre a una serie di plac- chette ornamentali.

La cintura a cinque pezzi ha una diffusione molto ampia soprattutto nell’Italia settentrionale102 e tra gli esempi più vicini si ricorda in particolare il caso di Lucca S. Romano103. Si tratta di una produzione seriale con caratteristiche formali omogenee e uniformi, che però presenta variazioni anche minimali all’interno dei singoli elementi. Una maggiore standardizzazione morfologica è riscontabile nelle placche cuoriformi e nelle placche a staffa (Grancia t. 62, Lucca S. Romano, Siena, Chiusi104; Lucca Via Fillungo-San Frediano105), mentre variazio- ni di dettaglio, anche minime, che costituiscono il marchio delle diverse botteghe o dei differenti artigiani, non consentono di trovare confronti precisi per gli altri elementi, seppure sia evidente in tutti una comune ispirazio- ne che rende sempre riconoscibile il motivo di base. Tutto ciò mostra l’attività di officine tra loro collegate, in stretto rapporto anche con una committenza di élite; questa considerazione emerge dall’esame di alcune pecu- liarità, come la presenza della zigrinatura in argento delle borchie, che trova un preciso confronto negli esem- plari lucchesi. È da supporre quindi che nell’ambito di prodotti di serie molto uniformi, venissero prodotti anche oggetti di qualità superiore. Lucca appare con maggiore verosimiglianza il centro specializzato per l’attività me- tallurgica in cui possono essere stati elaborati e assemblati gli elementi della cintura pisana: è interessante a questo proposito rilevare l’assoluta somiglianza delle placche a staffa con gli esemplari rinvenuti a Lucca in un contesto riferibile all’attività di un fabbro-bronzista106. CR

Questo tipo di cintura non caratterizza solo sepolture più o meno prestigiose di armati, ma si ritrova an- che associata ad individui non armati e che non mostrano una particolare connotazione socio-culturale. Non si tratta dunque di una cintura unicamente militare, né la sua presenza può giustificarsi con un esclusivo significa- to apotropaico. La cintura potrebbe invece costituire un simbolo di dignità e prestigio derivante da un ruolo uffi- ciale nelle gerarchie di potere e di controllo concesso da un’autorità superiore, secondo il modello del cingulum

97 VITRI et al. 2014: 315. 98 LA ROCCA 1998.

99 Per finimenti equini associati ad una sepoltura femminile, vedi ad es.: DE VINGO 2010: 49. 100 LA ROCCA 1997: 39.

101 CITTER 1998: 192.

102 Repertorio dei rinvenimenti in Toscana, con particolare riferimento al tipo III in CITTER 1998: 194, nota 19. 103 VON HESSEN 1975: tav. 10.

104 VON HESSEN 1971; VON HESSEN 1975. 105 CIAMPOLTRINI 2011: 58.

di età tardo-imperiale. Il soggetto a cui era conferito tale ruolo aveva probabilmente l’obbligo di acquistare a proprie spese la cintura, presupponendo dunque adeguate capacità economiche. Tali contrassegni di autorità erano socialmente riconosciuti tanto da far parte dell’abbigliamento del defunto107. La cintura come simbolo di dignità e prestigio derivante da un ruolo ufficiale nelle gerarchie di potere sarebbe stata suddivisa tra i membri di un’unica famiglia, come sembrerebbe del resto suggerire la posizione ravvicinata delle tombe da cui i pezzi provengono. In necropoli indagate più estesamente, questa pratica ha reso talvolta possibile seguire il filo di queste relazioni nel susseguirsi delle generazioni. Si tratterebbe di un’eredità simbolica recepita durante i fune- rali di un parente e trattenuta fino alla morte dagli eredi. Questo passaggio materiale ne simboleggiava uno concettuale, ovvero la trasmissione del prestigio e il mantenimento delle relazioni sociali entro cui erano definiti i rapporti di supremazia e di clientela108: la pratica, infatti, sembra esprimere sia un legame personale sia una trasmissione simbolica di status. La suddivisione della cintura, ampiamente attestata archeologicamente (ne- cropoli di Leno, tombe 180-234, Collegno, tombe 60-69, 156109), compare anche nelle fonti scritte: nel proprio testamento redatto nel 745, Rottopert di Agrate, tra le altre cose, prescrive che la sua cintura (ringa mea aurea) sia spezzata e distribuita dalla moglie ai poveri, nel caso in cui il figlio non intenda riscattarla110. FF

Le comunità e il territorio. Se la limitatezza spaziale delle indagini archeologiche di Via Marche e

dell’Area Scheibler non consente di valutare l’entità complessiva delle sepolture di età longobarda e delle co- munità di riferimento, è possibile osservare, attraverso gli elementi del corredo, alcuni tratti comuni, come la presenza di uno o pochi oggetti e l’assenza di armi: questa non va attribuita a una graduale e selettiva scom- parsa di elementi di corredo dal momento che, in questa fase cronologica, gli armamenti sono ancora ampia- mente attestati nelle sepolture in Piazza Duomo.

Si tratta di sepolcreti suburbani relativi ad individui in cui talvolta è forse possibile riconoscere rapporti familiari; non si può escludere che tra di essi siano presenti anche soggetti della comunità romanza, difficilmen- te riconoscibili in un generale processo di omologazione. Alcuni spiccano per essere stati equipaggiati con og- getti-simbolo, come gli elementi di cintura, che li individuano come appartenenti ad un ceto medio o ad una ge- rarchia medio-bassa, che svolgeva prevalentemente funzioni di tipo amministrativo e di gestione delle proprietà terriere per conto della classe dirigente laica o religiosa.

Le comunità che hanno utilizzato i due sepolcreti potevano dunque essere genericamente coinvolte nello sfruttamento delle risorse agricole e, in modo più specifico, nel controllo e nella gestione delle infrastrutture di aree strategiche. Non sfugge infatti che gli abitati a cui facevano capo le due necropoli si dispongono entrambi in prossimità dell’antico corso dell’Auser, la cui attività fluviale è ancora documentata nel VII secolo d.C.111. Non si può escludere che l’originario detentore della cintura, come è ampiamente documentato, rivestisse un ruolo specifico proprio in relazione al fiume: è possibile infatti che fosse stato incaricato dai detentori del potere di svolgere un’attività di controllo della viabilità “di guadi e ponti, di porti e rive di fiumi” 112 e dunque dei traffici flu- viali.

Per l’Area Scheibler non è invece possibile riferire con un buon margine di sicurezza a questa fase di oc- cupazione l’attività metallurgica indiziata da numerose scorie ferrose113; queste infatti provengono da contesti che, seppur caratterizzati da un’alta percentuale di residualità, non sembrano databili prima del pieno Medioe- vo114.

Le comunità che fanno capo alle due necropoli si dispongono dunque agli estremi opposti della città, prossimi al corso dell’Auser e a direttrici viarie verso la marina da un lato e verso Lucca dall’altro, occupando aree già ampiamente insediate nei secoli precedenti. All’Area Scheibler la necropoli e forse l’abitato si colloca-

107 DE MARCHI,SIMONE ZOPFI 2014: 86-87.

108 Sulla pratica della trasmissione della memoria dei defunti vd. LA ROCCA 1998. 109 Longobardi 2017: 65; GIOSTRA 2017: 92.

110 LA ROCCA 1997: 31-32. 111 CAMILLI 2012: 18.

112 DE MARCHI,SIMONE ZOPFI 2014: 87. 113 GATTIGLIA 2013: 102.

114 Insieme alla ceramica priva di rivestimento decorata con striature a pettine è presente un’abbondante quantità di talcoscisti, che

“in città sono sempre cronologicamente riconducibili al X-XI secolo” (ALBERTI,PARIBENI 2011: 468) e, in un caso, un frammento di un’ansa di brocca con bollo circolare, appartenente ad una produzione databile a partire dalla prima metà/metà del XII secolo: BALDASSARRI 2018: 92-95. L’attività metallurgica, che trova un corrispettivo nell’area di Piazza dei Cavalieri (CORRETTI 2018), te- stimonia la frequentazione dell’Area Scheibler ancora fino ai secoli centrali del Medioevo.

no, secondo una prassi ampiamente attestata115, presso i ruderi di un grande edificio della prima età imperiale, di cui si colgono i segni negli abbondanti elementi architettonici e decorativi fuori contesto. Il complesso sorge- va a contatto con l’antico corso dell’Auser e godeva, oltre che di una posizione paesaggisticamente suggestiva, anche dei benefici derivanti dai traffici fluviali116. In Via Marche, le tombe di età longobarda rappresentano l’ultima fase di utilizzo di una necropoli di lunghissima durata, anch’essa non distante dal corso del fiume. Ap- pare evidente l’interesse di entrambe le aree per lo sfruttamento delle risorse del suburbio in luoghi nevralgici innervati da vie di terra e di acqua, in età imperiale come in epoca longobarda, nel segno di una straordinaria continuità negli usi e riusi di questi luoghi. FF

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