IL CASO CALTAGIRONE, TRA MOBILITAZIONE SOCIALE E INNOVAZIONE ISTITUZIONALE
3.3 Gli anni dal ’92 al ‘97
3.3.2 Dalla mobilitazione sociale all’innovazione istituzionale: da Città Nuova a Liberacittà
Caltagirone, roccaforte democristiana come è già stato accennato, esprimeva tutte le caratteristiche e i costumi di una cultura egemone che aveva basato la propria supremazia su logiche clientelari e assistenziali.
La consapevolezza di quanto accadesse e di quali fossero le dinamiche, ormai da tempo radicate sul territorio, non era certo di pochi: il diffuso malessere legato alla carenza di lavoro, comune a molte realtà siciliane ma ancor più sentito in contesti locali privi di un vero tessuto produttivo, concorreva ad alimentare il ricorso a tale malcostume.
A seguito delle elezioni politiche del 199223, mentre l’Amministrazione Comunale si ergeva a paladina della moralità, facendo intendere che la questione morale fosse un problema estraneo al paese, si costituì un gruppo di persone, legate a tradizioni politiche che facevano riferimento a forze di sinistra, deciso a dimostrare il contrario. Attorno a questo obiettivo si costituisce l’associazione politico ‐ culturale Città Nuova24.
Uno25 dei promotori dell’associazione racconta:
«Questa realtà sembrava non essere scalfita da nessuna delle vicende che stavano interessando il panorama nazionale ma noi al contrario avevamo tutti gli elementi per poter dimostrare il contrario. Decidemmo di fare un’associazione che si chiamava Città Nuova che decise di prendere in esame un caso che era rimasto misterioso: il caso SAPRIN. Riguardava la cessione di un terreno al prezzo simbolico di una lira a metro quadro da parte dell’Amministrazione Comunale a favore di un’impresa appunto la SAPRIN, perché vi si potesse insediare. Il contratto stipulato nel 1961 dall’amministrazione dell’epoca prevedeva che nel caso la fabbrica fosse stata dismessa, la proprietà del terreno sarebbe ritornata al Comune. A distanza di trent’anni questo passaggio non era mai più avvenuto. Piuttosto la proprietà del terreno era passata nelle mani di un mafioso e i 23 5 e 6 Aprile 1992. 24 Il nome scelto incarna i propositi dell’associazione, intenta a ricreare delle condizioni di legalità e trasparenza che erano completamente estranee alla vita politica e amministrativa della città. 25 Intervista a G. C.
proventi della vendita del terreno erano confluiti nelle casse di un ente di sviluppo regionale, l’ESPI, piuttosto che in quelle comunali. Abbiamo fatto un lavoro scrupolosissimo di ricerca e di ricostruzione di atti amministrativi e documenti di ogni genere fino a quando non siamo riusciti a trovare gli elementi che ci servivano per dimostrare l’irregolarità che era stata compiuta e persino i responsabili che avevano fatto sparire la clausola. A quel punto abbiamo organizzato un mega convegno che si è tenuto l’1 giugno 1993 alla torre San Gregorio dal titolo: “Caltagirone – Milano:
questione morale?” e invitammo tutti gli amministratori a parteciparvi.
Avevamo preparato un pamphlet sul caso SAPRIN ricco di dettagli sulla vicenda e avevamo portato gli atti segreti che avevamo recuperato dai notai, dalla commissione di controllo […]
A un certo punto della serata cominciammo a distribuire i pamphlet e gli atti notarili davanti le facce incredule e inebetite dei presenti.
Questo caso rappresentava un esempio conclamato di cattiva gestione che procurava un danno non indifferente per la comunità non solo perché si ritrovava orfana dell’industria senza più avere la disponibilità di un’area comunale, oltretutto gli utili della vendita non erano più rintracciabili. L’iniziativa si trasformò in un vero processo in piazza.
Quell’episodio ebbe un effetto dirompente sulla città, perché per la prima volta era stata dimostrata pubblicamente una palese scorrettezza dell’amministrazione a danno della collettività peraltro in presenza dei diretti interessati che non avevano potuto in alcun modo negare i fatti esposti».
Peraltro proprio quella sera del convegno fu arrestato un noto esponente della dirigenza democristiana calatina con l’accusa di aver intascato delle tangenti per un appalto pubblico, una vicenda che assieme al caso SAPRIN dimostrava che nemmeno l’amministrazione calatina era estranea a quelle pratiche poco trasparenti, familiari alla gestione della Democrazia Cristiana nel resto d’Italia. Al contrario erano evidenti le connessioni e gli affari illeciti che intrattenevano ampi settori della politica con le forze economiche. Era quindi evidente l’emergenza di una questione morale che gettava non poche ombre sulla trasparenza delle procedure e in particolare sulla gestione della cosa pubblica. Cominciava a barcollare il
mito dell’impeccabilità della dirigenza democristiana, di cui si iniziava a dubitare persino dell’autenticità del suo interesse verso la collettività.
Città Nuova prosegue la sua attività battagliera in continua opposizione alla dirigenza democristiana e attenta a denunciare le irregolarità che passavano in sordina, ma ciononostante la solidità dell’amministrazione non viene minacciata in alcun modo grazie al largo consenso che gode all’interno del Consiglio Comunale.
Ma tale stabilità ha ormai i giorni contati.
Infatti Città Nuova con l’iniziativa sulla SAPRIN aveva fatto breccia su quanti sospettavano che l’amministrazione fosse poco trasparente ed erano profondamente critici nei confronti dei meccanismi di elargizione di favori in cambio di lauti consensi, messi in atto dalle politiche democristiane:
«Non era più accettabile il livello di degrado che aveva colpito la pubblica amministrazione, ci si sentiva quasi succubi di un sistema a cui bisognava necessariamente partecipare per non essere tagliati fuori, a maggior ragione se non avevi un’occupazione o eri un libero professionista. Il gioco era semplice: se entravi nel meccanismo lavoravi, altrimenti no. Tutto questo aveva a che fare con la libertà individuale ed era un prezzo troppo
alto da pagare»26.
Malumori, insofferenza e la cresciuta diffidenza nei confronti di un apparato di potere che al di là dei fasti e dei vantati appoggi politici non costruiva valide opportunità di crescita in un territorio, peraltro troppo viziato dalla politica clientelare, venivano condivisi da più di un piccolo gruppo di dissidenti e oppositori politici.
Ed è proprio all’interno di tale associazione che viene elaborata l’idea di un impegno più significativo che potesse incidere sui reali processi di sviluppo della città, non solo sugli aspetti culturali ma più squisitamente su quelli politico‐amministrativi: 26 Intervista a M.C., simpatizzante di Città Nuova.
«Decidemmo che la nostra azione politica non poteva limitarsi alla denuncia, che dovevamo mirare più in alto per cercare di cambiare realmente le cose e fermare questa deriva degenerativa. Occorreva
proporre una nuova classe dirigente»27.
Città Nuova decide così di sperimentare al suo interno un metodo partecipato per indicare il nome di un proprio candidato sindaco da supportare alle prossime elezioni amministrative fissate per il 21 novembre 1993: «Fu una riunione molto partecipata in cui venne proposta una rosa di nomi ritenuti adatti a essere candidati a sindaco e alla fine l’assemblea decise per Marilena Samperi»28. Nasce con questi presupposti Liberacittà, una lista29 con un simbolo che raccoglie l’eredità di Città Nuova, ma che manifesta la volontà di un impegno che valichi i confini della “pura” lotta politica ‐ intrisa di confronti dialettici e di dura opposizione nelle aule consiliari ‐ capace di esprimere una possibile alternativa di governo alla ormai più che quarantennale egemonia amministrativa della Democrazia Cristiana.
Liberacittà si propone quindi alla città con l’intento di ripristinare uno stato di legalità e di trasparenza nei palazzi di potere30, perché «ogni
favore diventi un diritto»31 e perché si attivi «un processo di
riappropriazione dal basso delle istituzioni attraverso un nuovo livello di
27 Intervista a C. G., uno dei promotori di Città Nuova. 28 Intervista a E. D. S., uno dei promotori di Città Nuova. 29 La lista è costituita da 29 candidati al Consiglio Comunale e include persone che provengono dai partiti ma anche gente che non è mai stata militante in alcuna formazione politica. A capo della lista figura il nome della candidata a sindaco: Marilena Samperi. In appendice si allegano i documenti della nascente lista elettorale.
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L’ultima pagina del programma elettorale della nuova compagine amministrativa recita:
«Promesse? Una sola. Una amministrazione che garantisce: Imparzialità, Partecipazione nelle procedure amministrative, Pubblicità degli atti amministrativi, Competenza, Onestà, Credibilità, trasparenza, Pluralismo, Assoluta indipendenza dai partiti». Cfr. materiali in Appendice.
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Uno dei primi motti di Liberacittà recitava: «“Ogni “favore” è un diritto, non farti ingannare. La
mafia non è solo sangue, la mafia serpeggia tra i favori». Nello slogan vi è un chiaro riferimento
ai rapporti che intercorrevano tra politica e comune cittadino. I diritti non avevano alcuna cittadinanza ed erano mortificati dalla logica del favore. Cfr. materiali in Appendice.
partecipazione del cittadino comune alla gestione della cosa pubblica»32 ma soprattutto con una squadra di amministratori che non ha diretti legami con la politica e che si distingue dalle altre proposte per essere costituita da stimati professionisti appartenenti alla cosiddetta società civile33.
La prova di quanto sia dirompente la presenza di Liberacittà nella scena politica del paese è data dalle modalità che implementa nello stabilire un contatto diretto con la gente comune, a partire dalla presentazione completa della compagine amministrativa. L’ortodossia delle procedure elettorali richiedeva infatti che al primo turno non venisse ufficializzata l’intera compagine amministrativa in modo da lasciare margini ad accordi (nel gergo politico “apparentamenti”) e successive mediazioni per il secondo turno.
Liberacittà decide di intraprendere una scelta differente e di presentare la propria lista al completo34. Per la prima volta un candidato sindaco si propone a una competizione elettorale indicando i nomi dei propri collaboratori. Non si tratta di una “trovata” estrosa o “futilmente” controcorrente ma di un chiaro segnale di trasparenza che intende stabilire un rapporto di fiducia immediato tra le persone indicate nella lista e tutte le altre che vorranno esprimere la propria preferenza35. Un
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Estratto dal programma elettorale delle amministrative del 1993. Per un ulteriore approfondimento si rimanda alla consultazione dei materiali in Appendice.
33 Il candidato sindaco Marilena Samperi è un avvocato impegnato nel mondo del terzo settore e del volontariato con l’incarico di presidente dell’associazione tossico‐dipendenti OASI, nella quale inoltre prestava assistenza legale gratuita. Gli altri componenti della giunta, come vedremo successivamente, sono liberi professionisti e impiegati pubblici.
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Nel volantino del 16 novembre di Liberacittà, firmato da Marilena Samperi, si legge: «All’inizio
della campagna elettorale ho presentato la lista completa degli assessori che formeranno la mia giunta. Ho scelto ciascuno di loro per la specifica competenza professionale in relazione all’incarico da assolvere e per la loro indubbia e indiscussa moralità. Franco Angiletti (dottore commercialista); Giovanni Campo (docente Pianificazione Territoriale Università di Catania); Franco Ciriaco (preside del Liceo Scientifico); Giuseppe Crocellà (commerciante); Mario Libertino (agronomo dirigente all’Assessorato regionale Agricoltura); Gaetano Minniti (ingegnere tecnico); Franco Pignataro (preside Scuola media “A. Narbone”); Marco Piluso (funzionario Procura – dirigente Croce Rossa Italiana).
Il nome di queste persone, per la stima di cui ciascuno di essi gode nella nostra città, costituisce la migliore garanzia che ciò che diciamo oggi non sarà disatteso domani». Cfr. materiali in
Appendice.
35 Nello stesso volantino del 16 novembre si legge: «Chiedete agli altri candidati come mai non
hanno fatto lo stesso [si riferisce alla presentazione completa della rosa degli assessori, nda]. Chiedete ai chi ha lasciato dei posti liberi in giunta se questi non serviranno a contrattare consensi
atteggiamento radicale che viene mantenuto quando all’indomani del primo turno il candidato di matrice democristiana36, arrivato per terzo nella competizione elettorale, offre al candidato di Liberacittà, piazzatosi per secondo, l’opportunità di un “apparentamento”, di un accordo al prezzo di ritirare quattro degli assessori indicati per inserirne quattro della sua compagine. Il rifiuto è secco e non lascia spazio a ripensamenti: «si va
avanti da soli, costi quel che costi!»37.
Liberacittà sperimenta quindi modalità nuove alla politica con cui raggiungere le persone e stabilire con loro un contatto diretto:
«Le campagne elettorali fino ad allora erano incentrate sulla propaganda, ricche di comizi e di feste dove le persone non avevano alcun ruolo interlocutorio. Noi avevamo un’idea di politica che dovesse incontrare la gente per comprendere quali fossero le loro esigenze, le loro difficoltà ma soprattutto per combattere quel modello culturale “clientelare” che era
entrato a far parte delle coscienze»38.
Organizza manifestazioni, convegni e momenti di incontro in cui si discute dei problemi che interessano le varie categorie sociali calatine, si parla delle donne e del loro ruolo nella società, delle difficoltà economiche che sta attraversando il paese ma soprattutto si dedica molto tempo all’ascolto di quanto la gente abbia da dire. Le iniziative, infatti, si costruiscono in modo chi partecipa non abbia riserve a esprimere la propria opinione e a intervenire nel dibattito. Queste mirano all’assunzione di un reciproco impegno, da parte di chi organizza e di chi partecipa, a seguire le vicende che riguardano la vita cittadina. Si cerca di innescare un processo di “democratizzazione” della politica richiamando i cittadini alla partecipazione attiva.
con i vecchi baroni del voto, a dispetto delle dichiarazioni di rinnovamento e di abbandono dei vecchi metodi spartitori». Cfr. materiali in Appendice.
36 I candidati alla competizione elettorale sono quattro: 2 provengono dalla D.C. (un candidato è Francesco Parisi, esponente di spicco della dirigenza calatina, segretario della D.C. dal 1968 e riferimento assoluto delle amministrazioni che si sono succedute al governo della città; Salvo Russo, militante della D.C. che rappresenta la frangia di opposizione allo strapotere parisiano); Marilena Samperi, candidato di Liberacittà e Gino Ioppolo, esponente del movimento sociale. 37
Intervista a M.S., candidato sindaco. 38
Tali modalità producono un interesse crescente nei confronti di questa “organizzazione” che pian piano assume i caratteri di un movimento cittadino che si fa portavoce di istanze comuni e collettive, di un’emergenza democratica a cui bisogna dare risposta:
«Partecipavo con grande piacere alle manifestazioni che venivano organizzate da Liberacittà e devo dire che come me tanti si avvicinarono a quel movimento. Non avevo mai visto così tanta gente e al tempo stesso così diversa, partecipare alle riunioni, alle iniziative ed essere coinvolta emotivamente. Fu un periodo meraviglioso in cui tutti sentivamo il peso
della responsabilità del cambiamento»39.
Liberacittà riscuote un grande successo in città, le iniziative sono molto affollate e la gente risponde con entusiasmo sentendosi partecipe di un progetto politico che è divenuto collettivo e che deve essere sostenuto con tutte le forze: ripristinare la legalità, riconquistare le libertà personali e collettive e soprattutto riaffermare il concetto di diritto. Il grado di coinvolgimento ed empatia che scaturisce dagli incontri è palpabile: chiunque prende parte alle iniziative lascia dei contributi spontanei per sostenere la campagna elettorale di Liberacittà. Per dare semplicemente l’idea del diffuso grado di partecipazione e condivisione, basti pensare che i contributi raccolti furono sufficienti a sostenere i costi di ben due tornate elettorali:
«Ricordo quella campagna elettorale come la campagna della gratuità, alla fine di ogni iniziativa raccoglievamo i soldi a sufficienza per pagare le spese e organizzare altre manifestazioni. Fu così grande la partecipazione che riuscimmo a coprire per intero i costi di un’intera campagna
elettorale»40.
Senza voler entrare nel merito dei dettagli della contesa elettorale che potrebbero rivelarsi inutili ai fini del nostro studio, non si può certo trascurare l’aggressività e la veemenza dei toni nei dibattiti e nei confronti 39 Intervista a C. L. F., simpatizzante di Liberacittà. 40 Intervista a M. S.
televisivi41 ma anche nei volantini e nei materiali divulgativi42. Mentre Liberacittà mirava a una campagna informativa che denunciasse le irregolarità del candidato della Democrazia Cristiana o della sua parte politica43, al candidato sindaco della società civile erano riservati atteggiamenti di derisione e scherno, attacchi personali per la presunta incapacità e inadeguatezza ad assolvere al ruolo di primo cittadino.
I toni si esasperarono ancor di più quando la sfida elettorale non si concluse al primo turno come tanti non solo auspicavano ma si aspettavano. Infatti la vittoria del candidato della Democrazia Cristiana sembrava praticamente scontata, come poteva mai accadere che un candidato “qualsiasi” riuscisse a imporsi sull’esponente politico più rappresentativo della classe dirigente che aveva amministrato in maniera indisturbata, con al più qualche consigliere all’opposizione, per oltre quarant’anni?
Peraltro la stessa previsione era condivisa dallo schieramento opposto che riteneva davvero improbabile l’obiettivo che Liberacittà si era proposta. Del resto anche lo stesso candidato sindaco, anni dopo dalla sua elezione in un’intervista rilasciata al Formez44 (2004: 12), ammetterà:
«Ho vinto in modo assolutamente anomalo: il mio avversario era Parisi,
che era stato assessore regionale degli enti locali, era onorevole, deputato, presidente della Democrazia Cristiana regionale. Io era ancora più contenta perché pensavo che veramente sarebbe stata una breve parentesi della mia vita invece poi inaspettatamente è scoppiato quello che è scoppiato in tante altre città, in tante altre parti d’Italia: è scoppiata la rivolta dei cittadini»
41
I dibattiti televisivi si tenevano negli studi della tv locale “TVR Xenon”, dove peraltro il conduttore dei “faccia a faccia” nonché proprietario dell’emittente televisiva non aveva molto in simpatia il candidato della società civile a cui spesso riservava tutt’altro che buoni trattamenti. Questi momenti non facevano che consolidare il gruppo intorno al proprio candidato e richiamare i simpatizzanti a un maggiore impegno. 42 Cfr. materiali in Appendice. 43 Ibidem. 44 Il Formez è un’agenzia che opera a livello nazionale e risponde al Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. E’ un centro servizi, assistenza, studi e formazione per l’ammodernamento delle pubbliche amministrazioni.
Superato il primo turno elettorale, la contesa si limita ai due candidati, l’on. Parisi e l’avv. Samperi, e il 5 dicembre 1993 con un risultato che lascerà increduli oltre il 47% dei calatini, il governo della città passerà nelle mani di una nuova classe politica. Liberacittà è riuscita a centrare il proprio obiettivo oltre le più rosee previsioni: ha espresso il sindaco e la giunta municipale ed è riuscita a ottenere 4 consiglieri comunali.
3.3.3 Liberacittà e l’Amministrazione
Se il progetto politico di Città Nuova era stato portato a compimento, adesso occorreva tener fede a quanto detto. Quella grande mobilitazione, che si era costituita intorno a Liberacittà e che nei fatti aveva reso possibile la destituzione della vecchia classe dirigente, si trovava investita di una responsabilità non indifferente e totalmente nuova rispetto ai vissuti delle persone che ne facevano parte.
All’indomani delle elezioni, Marilena Samperi con la sua giunta si insediano nel Palazzo di Città con un Consiglio Comunale costituito da 26 membri afferenti a forze politiche di opposizione e 4 che provengono dalla lista presentata da Liberacittà.
La vittoria inaspettata della lista civica produce un terremoto politico in città acutizzato dal fatto che mentre la percentuale delle preferenze al partito di maggioranza rimaneva pressoché invariata, il voto disgiunto aveva premiato un candidato di rottura rispetto alle passate dirigenze. Questa situazione confermava peraltro la fitta rete di rapporti intessuti tra rappresentanti politici ed elettorato ma allo stesso tempo manifestava prepotentemente i germi di una diffusa voglia di cambiamento.
A fronte delle grandi aspettative, non si può dir certo che le condizioni politiche facevano presagire radicali inversioni di rotta. Al contrario, le difficoltà per la nuova amministrazione erano enormi e non solo legate all’inesperienza dei soggetti:
«Non era semplice riorganizzare una macchina burocratico‐ amministrativa che manifestava i vizi dei vecchi governi. Peraltro i dipendenti della pubblica amministrazione sembravano ostili e mostravano grosse perplessità sulla capacità di sopportazione e di gestione dei nuovi dirigenti. Non dimentichiamoci che parte del consenso alla Democrazia Cristiana proveniva da quei settori la cui gestione dei posti era affidata esclusivamente ai politici e al Comune in particolare le
assunzioni erano una consuetudine frequente della passata
amministrazione»45.
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