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2.2 Analisi dei libri

3.1.3 Daniele Gouthier Il bello della matematica

1. Quali sono stati gli obiettivi che Si è posto nell'intraprendere il lavoro di scrittura del libro?

Sono diversi i piani sui quali posso rispondere a questa domanda. E dipen- dono da come individuo i destinatari del libro. Grossolanamente li possiamo distinguere in studenti e insegnanti. Ma poi è necessario ranare la loro denizione: dobbiamo tenere conto del contesto culturale e della composi- zione del corpo insegnanti. Il bello della matematica è stato pensato per una società diversa da quella di un recente passato. Ecco le principali dierenze da cui ho mosso.

1. Signicativa e crescente presenza di stranieri. 2. Crisi del rapporto tra scuola e famiglia.

3. Cultura sempre più veicolata da nuovi media con alcuni corollari impor- tanti:

a. radicale riduzione dei tempi d'attenzione; b. presa dell'interesse molto labile;

c. prevalenza del visuale sul verbale.

5. Ma soprattutto c'è la grande (e ignorata!) emergenza nazionale: una diusa ed endemica crisi della lettura.

Gli insegnanti poi sorono di una scarsa credibilità sociale, sono di un'età medio-alta, hanno una formazione che ha previsto poca matematica.

Questa la cornice sociologica in cui mi collocavo. Poi c'è la mia posizione ideologica: la matematica deve essere per tutti. La società della conoscenza  quale l'Europa pur con faticosi stop-and-go e con alcune insensate marce indietro sta diventando  richiede cittadini consapevoli del ruolo della scien- za e della matematica. Consapevoli non vuol dire portatori di conoscenze, ma capaci di contribuire a prendere decisioni in condizioni di ignoranza. Un cittadino oggi deve saper fare la seconda domanda: su un tema sensibi- le (per esempio, la TAV, gli OGM, la stepchild adoption) il cittadino deve idealmente poter fare domande agli esperti e soprattutto deve saper fare la seconda domanda, quella che nasce dalla risposta degli esperti.

Se la matematica deve essere per tutti, bene una didattica che curi le code della gaussiana (le eccellenze da un lato e l'inclusione dall'altro), ma soprat- tutto una didattica che curi gli studenti nel mezzo.

Da qui discendono gli obiettivi che mi ero posto:

1. un libro di facile leggibilità. Frasi brevi, sintassi elementare, linguaggio piano: non dobbiamo perderci per strada (quasi) nessuno perché leggere è dicile.

2. la maggior presenza possibile di visualizzazione per sfruttare i codici co- municativi ai quali gli studenti sono abituati.

3. lezioni brevi, stringate, essenziali con oerta immediata della prima ap- plicazione per andare incontro ai ridotti tempi d'attenzione.

4. varietà d'esercizi con batterie forse meno numerose di quelle di altri corsi, ma con uno spettro di tipologie più ampio per andare incontro a possibili diversi interessi (di studenti e insegnanti).

5. contestualizzazione della matematica nell'arte, nella tecnologia, nella sto- ria, nelle scienze naturali. E presenza di matematica e realtà con attenzione a che la realtà sia signicativa per la sensibilità dei ragazzi, non solo per quel- la di noi adulti.

2. Può spiegarci brevemente su quali aspetti si è focalizzata maggiormente la Sua attenzione per perseguire gli obiettivi di cui sopra?

Con la redazione ho lavorato molto sul linguaggio cercando di raggiungere un obiettivo tra linguaggio matematico rigoroso e linguaggio naturale elementa- re. Ho dato ampio spazio alle foto (dalle aperture dei capitoli alla presenza piuttosto alta di fotograe sia nella teoria che negli esercizi) che in altri corsi non si trovano così frequenti. E ho fatto continuo ricorso a schemi e info-

grache, in linea con quanto avviene anche in altri corsi. Ho contenuto ogni lezione in una pagina in modo da dare un colpo d'occhio unitario su un concetto. Ho dierenziato molto gli esercizi rinunciando alla ripetitività delle batterie. Ho fatto frequente ricorso alla realtà nelle accezioni ricordate sopra.

3. Può motivarci la decisione di evidenziare gracamente parti focali del testo (denizioni, proprietà caratterizzanti, etc.) senza dar loro una nomenclatu- ra?

Capovolgo la domanda. A cosa serve la nomenclatura? Serve per strutturare in modo ordinato e coerente una trattazione logico-deduttiva della matema- tica. Anche da questo punto di vista mi ritrovo nel pensiero di Castelnuovo: la matematica è sperimentale alla scuola primaria, intuitiva alla secondaria di primo grado, logico-deduttiva al secondo grado.

La nomenclatura è un di più di formalismo in un approccio sostanzialmen- te intuitivo e giova eettivamente solo a quegli studenti che hanno una forte propensione per la disciplina. Per gli altri è un'ulteriore barriera.

Fare matematica è comunicare matematica. E soprattutto nella comu- nicazione, per me, è essenziale il Rasoio di Occam: tutto ciò che non è necessario va evitato. Quindi va bene guidare la lettura e il pensiero con l'evidenziazione, rischia di essere tecnicistica la presenza della nomenclatura. Come tutte le regole ho fatto ricorso anche a questa cum grano salis. E così alcune proprietà o teoremi signicativi sono stati nominati.

4. Non teme che la scelta di porre vicino agli esercizi promemoria che ricorda- no le proprietà focali o le formule per risolverli, rischi di indurre lo studente a riettere poco sulla scelta del procedimento da seguire?

Questa osservazione è vera per gli esercizi per allenarsi, in altre sezioni la riessione autonoma è essenziale. Il confronto con molti insegnanti (e con alcune famiglie) restituisce un uso del libro che solo saltuariamente prevede la lettura della teoria. Quindi i promemoria, prima degli esercizi per alle- narsi, in molti casi sono l'unica occasione di leggerne un po'.

Secondariamente, è ancora molto frequente una didattica della matematica per regole e non possiamo immaginare realisticamente che sia un libro a sovvertirla.

Inne, come dicevo per gli obiettivi, mi propongo di far procedere nella di- sciplina i più (là scrivevo idealmente per tutti...) e molti ragazzi, nell'alle- namento, vanno presi per mano. L'autonomia di pensiero è un obiettivo alto da perseguire nell'arco del triennio  e molti studenti non maturano ancora no al punto di perseguirlo. Per questo le ho dedicato, per ogni capitolo, due

sezioni di esercizi  i test INVALSI e il riepilogo per competenze. Lì non ci sono promemoria, proprio perché queste due sezioni sono palestre per eserci- tare il pensiero anche facendo scelte personali sul procedimento da seguire.

5. Ritiene che si sia perseguito un processo di concordanza tra i suggerimenti dati nella Guida per il docente e l'impianto dei testi base?

Ho fatto del mio meglio perché fosse così. E infatti la Guida, oltre ad alcuni strumenti tecnici e operativi, contiene riessioni didattiche capitolo per ca- pitolo. Propongo considerazioni sugli errori comuni. Suggerisco libri di una mia personalissima piccola biblioteca matematica. Condivido suggerimenti su ogni lezione. Oro chiavi di interpretazione delle letture. Guido nella soluzione degli esercizi lampadina.

6. Se potesse tornare indietro c'è qualcosa che cambierebbe?

Certamente e lo farò sin dalla prossima edizione. Dovrò rivedere la colloca- zione degli esercizi, ora troppo frammentati tra volume principale e quaderno delle attività. Dovrò fare qualche ulteriore passo avanti nella direzione di un libro che aiuti a imparare a pensare tutti. Dovrò stimolare ulteriormente l'attenzione al rapporto della matematica con la realtà. E soprattutto dovrò tenere conto del dialogo che ho aperto con tanti insegnanti in giro per l'Italia facendo tesoro dei loro suggerimenti.

Perché un corso non può essere pensato statisticamente sulla scrivania di un autore o nella collaborazione con la (pur ottima) redazione. Un corso ha bisogno del dialogo continuo con la comunità degli insegnanti, tanto di quelli che lo adottano quanto di quelli che fanno altre scelte.

3.1.4 Ubaldo Pernigo; Marco Tarocco - Ubi Math

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