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ITALIANA DI NUTRIZIONE UMANA, REVISIONE

3.2 Definizione di alimento funzionale

Il concetto di functional foods ebbe origine in Giappone. Nei primi anni ’80 diversi studi demografici dimostrarono che la vita media della popolazione era notevolmente aumentata parallelamente all’incremento dell’aspettativa di vita e all’aumento dei costi sanitari. Pertanto le autorità sanitarie giapponesi riconobbero la necessità di migliorare la qualità della vita di un numero crescente di anziani per poter così controllare i costi sanitari; a tal scopo furono finanziati dal governo 86 programmi specifici per la ricerca e lo sviluppo delle funzioni degli alimenti. Quindi, nel 1991 fu introdotto il concetto di alimenti specificamente sviluppati per favorire la salute o ridurre i rischio di malattie e fu coniato il termine FOSHU, cioè “ Foods for Specified Health Use”; nello stesso anno furono anche stilate le norme relative ai prodotti FOSHU e tali prodotti furono ufficialmente definiti come un sottogruppo della categoria degli alimenti destinati a speciali usi dietetici.

Tuttavia, sebbene in Giappone i functional foods costituiscano una categoria ben distinta e definita di prodotti alimentari, negli altri Paesi la situazione non è ancora ben chiara tanto che, sebbene diverse organizzazioni, autorità nazionali e corpi accademici ed industriali abbiano proposto delle definizioni per questo tipo di prodotti, non esiste ancora una definizione universalmente accettata per i functional foods. Non deve comunque stupire questa grande differenza tra il mondo occidentale e quello orientale nei confronti di questa categoria di prodotti. Infatti in Oriente i cibi funzionali fanno parte da secoli della cultura di questi Paesi; nella Medicina Tradizionale Cinese, cibi dotati di effetti curativi sono descritti già dal 1000 a.C. Sin dall'antichità, i Cinesi hanno compreso che i cibi hanno effetti sia preventivi che terapeutici e che sono parte integrante della salute, un punto di vista che ora sta ottenendo crescenti consensi in tutto il mondo. In Occidente, invece, i cibi funzionali sono visti come una rivoluzione.

In generale, comunque, in accordo con la maggior parte delle definizioni date dai vari organismi, un alimento può essere considerato funzionale se dimostra, in maniera soddisfacente, di avere effetti positivi su una o più funzioni specifiche dell’organismo, che vadano oltre i normali effetti nutrizionali, in modo tale che sia rilevante per il miglioramento dello stato di salute e di benessere e/o la riduzione del rischio di malattia.I prodotti funzionali devono comunque rimanere “ alimenti ” come tradizionalmente li conosciamo, e non presentarsi in forma di pillole o capsule, ed inoltre devono dimostrare la loro efficacia nelle quantità normalmente consumate nella dieta. Funzionale può essere un alimento integrale naturale, un alimento a cui è stato aggiunto un componente o un alimento da cui è stato eliminato un componente, con mezzi tecnologici o

biotecnologici. Può anche trattarsi di un alimento in cui è stata modificata la natura o la biodisponibilità di uno o più componenti, o una qualsiasi combinazione di queste possibilità. Infine un alimento funzionale può essere destinato alla popolazione in genere oppure a gruppi specifici di persone che possono essere definiti, per esempio, in base all’età o alla costituzione genetica. Esempi di alimenti funzionali sono i cibi che contengono determinati minerali, vitamine, acidi grassi o fibre alimentari e quelli addizionati con sostanze biologicamente attive, come i principi attivi di origine vegetale o altri antiossidanti e probiotici che contengono colture batteriche vive dotate di proprietà benefiche.

Un altro concetto molto importante, strettamente legato a quello degli alimenti funzionali, e a cui si fa riferimento nelle normative e nelle discussioni relative ai functional foods, è quello di “claim” in generale e di “health claims” in particolare. Come definito dal Codex Alimentarius, con il termine “Claim” si intende “qualsiasi messaggio o rappresentazione, incluse quelle grafiche e simboliche, che stabilisce, suggerisce o implica che un prodotto ha particolari caratteristiche che sono in relazione con la sua origine, proprietà nutrizionali, natura, produzione, modo di lavorazione, composizione ed ogni altra qualità”. La situazione relativa al termine “health claim” invece è molto più complessa e controversa tanto che diverse definizioni sono utilizzate nei diversi Paesi. Negli Stati Uniti il termine health claim fa riferimento a “qualsiasi espressione messaggio o rappresentazione, incluse quelle grafiche e simboliche, che stabilisce, suggerisce o implica che esiste una relazione tra un certo prodotto o sostanza e la capacità di riduzione del rischio di malattia.

L’Unione Europea, invece, nella direttiva 2000/13/EC, ha stabilito che è vietato attribuire a qualsiasi alimento la capacità di prevenire, trattare o curare uno stato di malattia. Di fatto, una delle maggiori difficoltà nell’informare i consumatori dei benefici e degli effetti positivi che i prodotti funzionali possono avere sulla salute o comunque su una qualche funzione dell’organismo, è rappresentata dal fatto che c’è una quantità di definizioni e di posizioni diverse riguardo a questi termini.

L’Unione Europea sostiene lo sviluppo di due tipi di claims per gli alimenti funzionali:

• TIPO A: claim correlati al “miglioramento di una funzione biologica” che fanno

riferimento a specifici effetti positivi di un alimento o componente alimentare su specifiche attività fisiologiche, psicologiche e biologiche che vanno oltre il loro ruolo accertato nella crescita, nello sviluppo ed in altre normali funzioni dell’organismo.

Questo tipo di dicitura non fa riferimento ad una malattia o ad uno stato patologico; ad esempio alcuni oligosaccaridi non digeribili migliorano la crescita di una determinata flora batterica nell’intestino; la caffeina può migliorare l’efficienza cognitiva.

• TIPO B: claim correlati alla “riduzione del rischio di malattia”, che riguardano la possibilità di ridurre il rischio di malattia attraverso il consumo di un alimento o di un componente alimentare che potrebbe contribuire alla riduzione del rischio di una data malattia o di uno stato patologico grazie a specifici nutrienti o non nutrienti in esso contenuti (ad esempio il folato può ridurre in una donna la probabilità di avere un figlio con difetti del midollo spinale ed un apporto sufficiente di calcio può contribuire a ridurre il rischio di osteoporosi nell’anzianità).

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