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2. Stato dell’arte

4.4 Definizione del modello geologico-tecnico e analisi di stabilità

L’ultima parte del lavoro è stata incentrata sulla definizione del modello geologico-tecnico vero e proprio e su una serie di analisi di stabilità. Anche se si tratta fondamentalmente di una elaborazione globale di tutti i dati raccolti e a disposizione, è giusto includere anche questa fase nella metodologia, avendo impegnato parecchio tempo.

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Una volta correlate le descrizioni delle carote di sondaggio con le prove di laboratorio, con le osservazioni di rilevamento e con tutto ciò che è stato ritenuto utile, si è proceduto con il definire il modello geologico-tecnico dell’area di studio, realizzandone uno schema lungo tre distinte sezioni, preparate con il software Autocad (versione per studenti). Una di queste è stata selezionata per le analisi di stabilità, svolte con il software Geostudio Slope/W. In questo senso, sono state molteplici le tecniche utilizzate per la ricerca delle superfici di scorrimento critiche e la definizione dei parametri geotecnici da back-analysis. Utilizzando il metodo di Morgenstern & Price (1965), si è spaziato dalla ricerca della geometria di rottura tramite Grid&Radius sino a quella con superficie di scorrimento definita, passando per l’Entry&Exit. Il lavoro è stato organizzato come segue:

Ricerca dei parametri di back-analysis con Grid&Radius e versante omogeneo (unico materiale), molteplici condizioni piezometriche

Ricerca dei parametri di back-analysis con Grid&Radius + Entry&Exit e versante naturale, molteplici condizioni piezometriche

 Analisi di stabilità e progettazione interventi di mitigazione di vario genere

La verifica delle condizioni di stabilità dei pendii viene comunemente effettuata con il metodo dell’equilibrio limite. Tale metodo si applica generalmente a sezioni bidimensionali del pendio, e prevede una serie di assunzioni.

La resistenza al taglio richiesta per l’equilibrio è comparata con la resistenza al taglio disponibile in termini di Fattore di Sicurezza (assunto costante lungo tutta la superficie di rottura), dato dal rapporto tra la risultante delle forze (o momenti) resistenti e la risultante delle forze (o momenti) agenti. Quando F = 1, quindi, il pendio è in condizione di equilibrio limite, mentre valori di F > 1 indicano condizione di stabilità. Valori inferiori ad 1 non hanno alcun tipo di significato, dal momento che non è possibile che le forze agenti superino quelle resistenti (se si ha un crollo nelle resistenze, anche gli sforzi di taglio associati subiranno tale caduta).

Il metodo dell’equilibrio limite permette di ottenere soluzioni staticamente determinate solo per superfici di rottura planari, attraverso l’analisi con pendio indefinito (Skempton & Delory, 1957), ideale per frane di scivolamento traslativo, o con metodo dei cunei (Seed & Sultan, 1967), ideale in casi in cui la superficie di scorrimento possa essere approssimata mediante due o tre linee rette. Nel caso di superfici curve, è possibile ottenere una soluzione approssimata utilizzando una tecnica di integrazione numerica e facendo delle opportune assunzioni sulle forze in gioco. Il problema è staticamente indeterminato, in quanto il numero di incognite del sistema (6n-2) è superiore a quello delle equazioni disponibili (4n). Pertanto è necessario effettuare (2n-2) assunzioni per rendere staticamente determinato il problema. In letteratura sono proposti diversi metodi per fare ciò, in molti di questi viene decretato un numero di assunzioni addirittura superiore a quello necessario, per cui non vengono utilizzate tutte le equazioni disponibili. Tali metodi sono detti non rigorosi, mentre quelli che soddisfano tutte le condizioni di equilibrio, e che si basano solo su un numero di assunzioni strettamente necessario, vengono detti rigorosi. Il ricorso a quest’ultimi permette di considerare superfici di scivolamento non necessariamente planari o circolari, questo grazie anche all’utilizzo del computer nelle applicazioni geotecniche e alla disponibilità di software specifici attualmente in commercio, che permettono analisi di stabilità sempre più accurate e realistiche rispetto ai risultati ottenibili con i metodi tradizionali (metodi non

rigorosi), concepiti fondamentalmente per calcoli di tipo manuale.

Analizzando differenti metodi all’equilibrio limite, Fredlund & Krahn (1977) riscontrano discrepanze tra i Fattori di Sicurezza ottenuti inferiori al 4%. Ad ogni modo, secondo Nash (1987), i metodi che forniscono i risultati più accurati sono quelli che soddisfano tutte le

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equazioni di equilibrio, quali Morgenstern & Price o GLE, mentre i metodi basati solo sull’equilibro delle forze o che non soddisfano tutte le condizioni possono dare risultati inesatti.

In particolare, nel metodo di Morgenstern & Price (1965), la massa in frana viene divisa in un numero ridotto di cunei con lati verticali, per ognuno dei quali vengono risolte le equazioni di equilibrio delle forze e dei momenti. Quest’ultime vengono risolte assumendo che il legame tra le forze di interconcio orizzontali e verticali sia esprimibile attraverso la relazione: xi = λF(x)Ei, dove F(x) è una funzione variabile con

continuità lungo la superficie di scivolamento e λ è un fattore di scala. Per una data funzione F(x) ed una data superficie di scivolamento, i valori di λ e del Fattore di Sicurezza vengono

fatti variare iterativamente fino a quando non risultano soddisfatte le condizioni di equilibrio complessive dei momenti e delle forze.

L’utilizzo della funzione di interconcio F(x) (Fig. 33) rappresenta la principale caratteristica

distintiva del metodo di Morgenstern & Price (1965). La scelta di tale funzione è legata alla geometria del corpo di frana: in particolare, nel caso di superfici circolari si può far riferimento ad una funzione di tipo mezzo-seno, mentre per superfici piane è possibile considerare una funzione costante.

Le scelte fatte in fase di analisi saranno discusse nei successivi capitoli, accompagnate dai relativi risultati.

Fig. 33 – Esempi di funzioni interconcio per il metodo

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