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7 DISCUSSIONE

7.3 Il delta del Po in relazione ai cambiamenti climatici

L’innalzamento del livello del mare (eustatismo) associato al riscaldamento globale ha un impatto diretto sulle zone costiere, minacciando l’ecosistema e l’urbanizzazione. L’innalzamento eustatico negli ultimi 100 anni ha seguito un ritmo medio di circa 0,8 mm/anno, con un massimo di 1,6 mm/anno fra il 1981 e il 1900 ed un minimo di 0,2 mm/anno fra il 1901 e il 1910. Tra il 1960 e il 1980 l’innalzamento è stato valutato in circa 1,3 mm/anno (Bondesan e Simeoni, 1983). Nicholls e Cazenave (2010) hanno identificato a livello mondiale che le aree costiere vulnerabili alle inondazioni includono zone a bassa elevazione e aree densamente popolate, dove il tasso di subsidenza naturale o indotto dall’uomo è elevato. Una serie di osservazioni mostrano che negli ultimi due secoli su scala mondiale, il livello marino è aumentato a tassi molto più rapidi, rispetto agli ultimi due o tre millenni (Veermer and Rahmstorf, 2009; Church et al., 2010; Church and White, 2011; Kemp et al., 2011), con valori superiori a 3,2 mm/anno nell’ultima decade, valore nettamente superiore alla media, per il XX secolo (Meyssignac and Cazenave, 2012; Mitchum et al., 2010; Jevrejeva et al., 2008, 2014; Wöppelmann and Marcos, 2012). Il rischio indotto dall’innalzamento del livello marino deve esser considerato sulla base anche della vulnerabilità costiera e del rischio di alluvione in risposta alla rapida erosione della costa. Inoltre, anche il processo di subsidenza costiera, sia naturale che antropica, può accelerare i problemi costieri, specialmente se combinati con l’eustatismo. Nella Figura 61 viene

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rappresentata la proiezione dell’innalzamento del livello marino globale tra il 1700 e il 2100, basato sul rapporto dell’ IPCC del 2013. Fino agli anni 2000 i dati sono rappresentati con linee di colore marrone chiaro, mentre per il futuro le proiezioni sono indicate con linea di colore rosso (scenario RCP 8.5 – alte emissioni) e di colore blu (scenario RCP 2.6 – emissioni molto basse). Durante il XX secolo il livello marino è aumentato di circa 15 – 20 cm (0,15 – 0,20 m/anno). Le previsioni indicano che il tasso di crescita è destinato salire per il XXI secolo, soprattutto a causa di:

- espansione termica degli oceani;

- scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari;

- scioglimento della Groenlandia e degli strati di ghiaccio dell’Antartide Occidentale. Sempre in Figura 61 si può osservare che la previsione più pessimistica (scenario RCP 8.5), mostra come dal 2000, sia possibile un ulteriore innalzamento del livello marino di circa 0,63 m (indicato dalla freccia rossa), mentre l’eustatismo potrebbe essere di poco superiore a 0,20 m secondo lo scenario RCP 2.6. Secondo il rapporto dell’IPCC del 2013 (scenario RCP 8.5), il minimo livello di innalzamento previsto entro la fine del secolo, è pari a 0,53 m mentre il massimo raggiunge i 0,97 m. Nel periodo 1901 – 2010, il livello globale medio del mare è cresciuto di 0,19 m (0,17 – 0,21) m. Nello specifico tra il 1971 - 2010 l’eustatismo è stato pari a 2,0 (1,7 – 2,3) mm/anno e 3,2 (2,8 – 3,6) mm/anno nel periodo 1993 – 2010. Dai primi anni ‘70, la perdita di massa dei ghiacciai e l’espansione termica degli oceani hanno comportato un innalzamento di circa il 75% del livello medio marino a livello globale (www.ipcc.ch).

Figura 61 Proiezione dell’innalzamento del livello marino globale dal 1700 al 2100, basato sul rapporto AR5 – WG3 “The Mitigation of Climate Change. 2014

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Ovviamente i cambiamenti relativi al livello del mare negli ambienti costieri sono da considerare in funzione anche ad altri processi climatici e geologici attribuiti all’eustatismo stesso, a processi glacio – idro –isostatici (GIA) e alla tettonica (compreso il naturale processo di compattazione del terreno) (Lambeck and Purcell, 2005). Per ricostruire stime attendibili di questi movimenti verticali, sono state utilizzate le ultime previsioni GIA per l’area italiana, incluso il più recente sviluppo delle calotte polari per entrambi gli emisferi (Lambeck et al., 2011). Sulla base di questi dati (movimenti tettonici verticali: -0,95 mm/anno e tassi isostatici: -0,21 mm/anno), l’eustatismo varierà tra un livello minimo di 0,59 m e un valore massimo di 0,99 m, entro il 2100. Nell’area del Mediterraneo, una delle zone più critiche è rappresentata dal bacino del Po, dove alcune valutazioni sulle variazioni climatiche hanno confermato che, negli ultimi trent’anni, il riscaldamento è stato di 2,5 °C (inferiore comunque a quello nazionale). Ancora difficile è poi verificare quantitativamente le modifiche a livello marino collegate al termo - eustatismo, ma sicuramente l'instaurarsi di un periodo caldo contribuisce ad accentuare il fenomeno trasgressivo del mare. In particolare la zona deltizia del Po è molto sensibile e vulnerabile all’eustatismo, in termini di risposta geomorfologica, modifiche del paesaggio e cambiamenti ambientali.

Più incerta è invece la risposta ai cambiamenti climatici per quanto riguarda la produzione e il trasporto dei sedimenti alla foce. Uno studio condotto da Bonaldo et al., (2015), prende in esame gli impatti del cambiamento climatico relativamente al trasporto dei sedimenti nei sistemi deltizi del nord Adriatico. Con riferimento al periodo 2070 - 2099, nello scenario A1B dell’ IPCC, viene affermato che le onde che si propagano verso il delta del Po saranno generate più frequentemente da venti di Scirocco, anche se, sia quest’ultimo che la Bora, mostrano una diminuzione del 10%. I venti di Bora e di Scirocco nel futuro potrebbero subire un calo significativo della loro energia, come conseguenza dell’indebolimento dell’attività ciclonica (Pasaric e Orlic, 2004). Questo appare più evidente nelle regioni offshore, piuttosto che nell’area costiera (Benetazzo et al., 2012a). Il moto ondoso lungo la costa non dovrebbe subire invece forti variazioni, in quanto il fondale meno profondo dissipa l’energia e limita l’altezza delle onde. Una modifica nel moto ondoso inoltre potrebbe alterare anche i processi di trasporto dei sedimenti lungo costa, influenzando così l’evoluzione del profilo a scala temporale e l’evoluzione della linea di costa su un arco temporale più ampio. Questo meccanismo può svolgere un ruolo importante negli ambienti a forte attività morfodinamica come nel delta del Po dove è presente una complessa interazione tra l’innalzamento del livello marino e l’apporto di sedimenti (Amorosi et al., 2005; Correggiari et al., 2005).

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Le piogge, inoltre, a loro volta possono influenzare il bilancio sedimentario nel bacino imbrifero, incentivando o indebolendo la progradazione costiera. Un aumento della piovosità aumenterà d’altro canto il rischio di piene ed inondazioni, specialmente in caso di eventi estremi: questo implica che l’area del delta del Po potrà diventare nel futuro altamente suscettibile agli allagamenti da parte del mare (Antonioli et al., 2017).

Legato al fenomeno dell’eustatismo è il processo di risalita del “cuneo salino” nell’area di delta del Po, il quale provoca l’ingresso d’acqua salata lungo il fondo dell’alveo nei tratti terminali del fiume. In particolare, l’interazione tra le acque fluviali e le acque marine si manifesta attraverso l’effetto di espansione del flusso (effetto jet) e l’effetto di galleggiamento, dovuto alla diversa densità delle due masse d’acqua. Spesso, proprio a ridosso della barra nella fronte deltizia, vi è una stratificazione di densità, con un cuneo di acqua dolce in superficie, il quale si assottiglia verso mare e un cuneo salino sottostante (condizioni ipopicnali): gli spessori e le posizioni tra i due cunei variano a seconda del rapporto tra la portata del fiume e il livello di marea (Ricci Lucchi, 1980). Negli ultimi decenni, la risalita del cuneo salino nel delta del Po è diventata sempre più preoccupante. Le cause principali del suo sviluppo sono legate all’utilizzo di risorse idriche e ad una combinazione di fenomeni naturali e antropici che interessano l’intero bacino idrografico, come l’aumento delle portate di magra del Po e l’abbassamento del letto di magra del fiume a causa del prelievo di materiali. A queste si aggiungono poi gli effetti legati alla subsidenza, all’eustatismo e alle opere di adeguamento della foce del Po che hanno migliorato il deflusso delle piene ma anche facilitato l’entrata dell’acqua di mare nelle fasi di alta mare (www.bonificadeltadelpo.it). Nel corso degli anni la risalita del cuneo ha manifestato il seguente andamento:

- durante gli anni ‘50 – ’60, ha raggiunto i primi 2 – 3 km dalla foce; - negli anni ‘70 – ‘80, il cuneo salino ha raggiunto i 10 km dalla foce;

- nel 2000 è stato raggiunto il livello massimo del cuneo salino, pari a 25 - 30 km dalla foce.

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