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DENUNZIA DI NUOVA OPERA E DI DANNO TEMUTO

Nel documento La tutela inibitoria (pagine 45-50)

1. LE IPOTESI TIPIZZATE DI TUTELA INIBITORIA ALCUNI ESEMPI

1.2. LE IPOTESI DI INIBITORIA PROVVISORIA

1.2.1. DENUNZIA DI NUOVA OPERA E DI DANNO TEMUTO

Art. 1171 c.c. (“Denunzia di nuova opera”): « Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale ha ragione di temere che da una nuova opera, da altri intrapresa sul proprio come sull'altrui fondo, sia per derivare danno alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare all'autorità giudiziaria la nuova opera, purché questa non sia terminata e non sia trascorso un anno dal suo inizio. L'autorità giudiziaria, presa sommaria cognizione del fatto, può vietare la continuazione della opera, ovvero permetterla, ordinando le opportune cautele: nel primo caso, per il risarcimento del danno prodotto dalla sospensione dell'opera, qualora le opposizioni al suo proseguimento risultino infondate nella decisione del merito; nel secondo caso, per la demolizione o riduzione dell'opera e per il risarcimento del danno che possa soffrirne il denunziante, se questi ottiene sentenza favorevole, nonostante la permessa continuazione».

46 Art. 1172 c.c. (“Denunzia di danni temuto”): «Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale ha ragione di temere che da qualsiasi edificio, albero o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare il fatto all'autorità giudiziaria e ottenere, secondo le circostanze, che si provveda per ovviare al pericolo. L'autorità giudiziaria, qualora ne sia il caso, dispone idonea garanzia per i danni eventuali».

Il tenore letterale dell’art. 1171 c.c., in tema di denuncia di nuova opera, e dell’art. 1172 c.c., in tema di danno temuto, manifesta la diversità di impostazione rispetto alle fattispecie, analizzate nel capitolo precedente, che prevedono forme di inibitoria definitiva.

L’assunzione del timore che da una nuova opera “sia per derivare danno alla cosa”, o che da un’opera già esistente possa derivare “pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa” quale requisito per l’accoglimento della domanda, è indice dell’arretramento della soglia di accesso alla tutela inibitoria, rispetto a quelle ipotesi (per la verità non moltissime) in cui la norma richiede la concretizzazione del danno o, quantomeno, che sia già stata posta in essere, e stia proseguendo, la condotta che si intende inibire.

La denuncia di nuova opera, insieme a quella di danno temuto, definite tradizionalmente “di nunciazione”, sotto l’influsso della terminologia propria del diritto romano49, sono azioni poste a tutela non solo della proprietà (come è

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Il Corpus Iuris le disciplinava in D. 39, 1 («De operis novi nunciatione») e in D. 39, 2 («De danno

47 intuibile dall’incipit della norma) ma anche degli altri diritti reali di godimento e del possesso. Ciò rende queste due azioni il tassello che integra il quadro di tutela composto dalle azioni di cui agli artt. 949 c.c. e 1079 c.c. Mentre infatti queste ultime (c.d. azioni negatorie) richiedono la presenza di turbative o molestie alla proprietà per poter ottenere l’ordine di cessazione delle condotte lesive, nell’art. 1171 c.c. è necessaria una nuova opera dalla quale si tema possa derivare un danno alla cosa che forma oggetto del diritto, senza che il diritto stesso sia messo in discussione; così come nell’art. 1172 c.c. si richiede il pericolo di un danno grave e prossimo che sia per derivare da qualsiasi edificio, albero o altra cosa.

Gli artt. 1171 e 1172 c.c. accennano ad una struttura processuale improntata ad un “doppio binario”. Una prima fase è caratterizzata da un procedimento a cognizione sommaria il cui provvedimento conclusivo (un’ordinanza) dispone in via cautelare che venga cessata la costruzione dell’opera (purché questa non sia terminata o no sia trascorso un anno dal suo inizio) o che siano apprestate le opportune misure affinché l’opera già esistente non arrechi danno ad alcuno50. Una seconda fase, caratterizzata da un procedimento a cognizione piena, mira ad effettuare in via definitiva il contemperamento tra gli interessi in conflitto.

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Come ha precisato la Corte di Cassazione (sentenza 25 marzo 1987 n. 2897) «Il criterio discretivo

tra denuncia di nuova opera e denuncia di danno temuto risiede soltanto nel diverso modo in cui l’attività umana ha determinato l’insorgere del pericolo e nella conseguente diversità del rimedio da adottare. La prima, infatti, postula un facere, cioè l’intrapresa di un quid, nel proprio o nell’altrui fondo, capace di arrecare pregiudizio al bene oggetto della proprietà o del possesso del denunciante, e prevede come rimedio l’inibizione di tale intrapresa o la subordinazione della sua prosecuzione all’adozione di determinate cautele; la seconda postula, invece, un non facere, ossia l’inosservanza dell’obbligo di rimuovere una situazione di un edifici, di un albero o di qualsiasi altra cosa, comportante pericolo di un danno grave e prossimo per il bene in proprietà o in possesso del denunciante, e prevede come rimedio l’ordine, a chi abbia la piena disponibilità della cosa costituente pericolo, di eseguire quanto necessario per la rimozione della causa di quest’ultimo».

48 Tenuto conto che le azioni di nunciazione sono preordinate a difesa sia della proprietà o di altro diritto reale, sia del semplice possesso, l’ordinario giudizio di merito successivo alla fase preliminare cautelare ha natura petitoria o possessoria a seconda che la domanda, alla stregua delle ragioni addotte a fondamento di essa (causa petendi) e delle specifiche conclusioni (petitum), risulti, secondo la motivata valutazione del giudice, volta a perseguire la tutela della proprietà o del possesso51.

È da notare come la correlazione tra procedimento cautelare e giudizio ordinario, nell’ambito della denuncia di nuova opera e di danno temuto, sia stabilito direttamente della norma, al contrario di quanto accade per le altre fattispecie, laddove tale correlazione viene desunta in base al richiamo all’art. 700 c.p.c.

Il secondo comma dell’art. 1171 c.c. prevede, addirittura, una forma di protezione per il soggetto cui venga inibita la costruzione dell’opera, nella prospettiva che all’esito del giudizio ordinario risulti prevalente il suo interesse su quello del denunciante. Il giudice, infatti, può stabilire a carico di quest’ultimo un risarcimento del danno subito dal soggetto inibito per aver dovuto cessare la costruzione, nel caso in cui le pretese di chi esperisce l’azione di nuova opera risultino infondate nel successivo giudizio di merito.

Peraltro, è da notare come la norma, in verità, non disponga il potere del giudice di condannare il denunciante al risarcimento del danno, ma lo abiliti ad ordinare le opportune cautele “per” il risarcimento del danno prodotto dalla sospensione dell’opera. Secondo questa lettura, ad avviso di chi scrive più aderente al testo

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49 normativo, il giudice potrebbe stabilire, ad esempio, il sequestro cautelare di alcuni beni del denunciante, laddove il suo patrimonio non sia sufficiente, in prospettiva, a rifondere i danni presuntivamente subiti dal soggetto che costruisce l’opera a seguito della sua interruzione; oppure potrebbe onerare il denunciante della prestazione di una cauzione che assolva, in via preventiva, alla stessa funzione svolta ex post dal risarcimento del danno.

L’ultima parte del secondo comma, invece, prevede un rimedio risarcitorio, che si affianca alla tutela inibitoria, per il danno subito dal denunziante, al pari di quanto già visto per gran parte delle fattispecie sin qui analizzate.

C’è da chiedersi se la necessaria continuità tra giudizio cautelare e giudizio di merito, in quanto prevista dalla stessa norma e non attraverso il rinvio alla disciplina processuale della tutela d’urgenza, sia da intendersi ancora attuale alla luce dell’introduzione del rito cautelare uniforme e della nuova prospettiva assunta dal procedimento a cognizione sommaria, che è stato svincolato dalla appendice ordinaria.

È opinione di chi scrive che tale nuova concezione ben possa essere applicata al procedimento per denuncia di nuova opera o di danno temuto, sulla scorta della considerazione che la nuova prospettiva si basa sul principio di sufficienza del provvedimento reso in sede cautelare, sulla sua attitudine ad esaurire l’esigenza di tutela manifestata con l’introduzione dell’azione. Ciò, ovviamente, precluderebbe ogni pronuncia avente ad oggetto il risarcimento del danno o la demolizione dell’opera, che può essere resa solo al termine di un giudizio a cognizione piena, ferma restando la possibilità per il denunciante (o per il resistente) di introdurre il

50 giudizio di merito laddove voglia avere accesso alla tutela risarcitoria o voglia ottenere il pieno accertamento del proprio diritto.

Nel documento La tutela inibitoria (pagine 45-50)

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