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IV. L’intervento ergoterapico nella deprivazione occupazionale

4. RISULTATI DELL’INDAGINE QUALITATIVA

4.5 DEPRIVAZIONE OCCUPAZIONALE: IMPLEMENTAZIONE

Se potesse istituzionalmente farlo; in quali aree/ ambiti implementerebbe il lavoro dell’Ergoterapista, in un’ottica di cura e prevenzione della deprivazione occupazionale?

A livello di aree e ambiti nei quali vorrebbe poter fare di più, l’Ergo 1 riferisce di non avere particolari esigenze, tuttavia esprime il desiderio di avere uno spazio adibito alla cucina, con tutto il necessario per poter operare, “perché nell’atelier a me risulta

davvero difficile poter fare attività culinarie.”

In linea con la risposta dell’Ergo 1, anche l’Ergo 2 afferma che momentaneamente non riscontra la necessità di implementare nessun’area o ambito di intervento, tuttavia nella struttura stanno cercando un secondo Ergoterapista per incrementare l’intervento. L’Ergo 3 riferisce invece che a parer suo sarebbe utile poter creare delle collaborazioni esterne con altri enti e CpA, “ad esempio ci sono progetti molto belli come lo scambio di

lettere e racconti con altri istituti.” In aggiunta afferma che le piacerebbe poter

aumentare le uscite e incrementare il coinvolgimento delle famiglie, ad esempio

“proponendo al fine settimana delle attività alle quali possano partecipare.”

In linea con quanto detto dall’Ergo 3, anche dalla CpA 4 emerge il desiderio di avere più attività all’interno della comunità, “la mia idea è che le persone potrebbero vivere

all’interno della CpA siccome necessitano di questi aiuti, ma allo stesso tempo non dovrebbe essere obbligatorio il disinserimento dalla comunità. Si tratterebbe quindi di poter fare più attività nella comunità, come ad esempio la ginnastica, le gite (…).”

Un altro aspetto menzionato dall’Ergo 4 riguarda l’aumento del personale, affinché ad esempio gli orari possano essere meno rigidi: “Ad esempio noi dobbiamo svegliare le

persone entro le 7 e le 9, fare l’igiene e prepararli…questo implica per molte persone, soprattutto quelle che hanno un ritmo di vita lento, una progressiva diminuzione della partecipazione attiva (…) e questo senza dubbio provoca molta deprivazione occupazionale. Inoltre, sostiene ad esempio che “se ci fossero più terapisti, sarebbe possibile individualizzare gli interventi e si potrebbe provare a rispondere agli interessi specifici della persona…diminuendo così la deprivazione occupazionale.”

Proseguendo con la risposta, riferisce che un altro fattore secondo lei importante da riconsiderare riguarda il grande tema delle scelte; afferma infatti che “per una persona è

molto importante poter scegliere, mentre qui finiscono praticamente per perdere la capacità di scegliere. Non scelgono quello che mangiano, quello che vestono, non scelgono a che ora alzarsi e a che ora andare a dormire …”

Quali sono le barriere che potrebbe incontrare nell’attuare gli interventi che mi ha appena descritto?

La principale (e unica citata) barriera identificata dall’Ergo 1, riferita al desiderio riportato sopra, riguarda una questione di spazio, a livello logistico, afferma infatti che

“non è facile trovare l’ambiente.”

Nella risposta alla domanda l’Ergo 2 afferma invece di non riscontrare alcuna barriera nell’ipotesi di un’implementazione, se non un eventuale limite personale a livello ad esempio di creatività.

Sia l’Ergo 3 che l’Ergo 4 invece menzionano delle barriere a livello sociale. Nel primo caso, l’Ergo 3 collega questa barriera al fatto che si tratta di una struttura privata e che

quindi manca il sostegno da parte della comunità. L’Ergo 4 invece sostiene che a parer suo la comunità si responsabilizzi poco per le persone anziane, “per meglio dire aiutano

le persone a trovare una CpA ma poi non si impegnano e non mostrano interesse nel creare una comunità, una rete di risorse, di attività alle quali le persone possano partecipare.” Ritiene che tutto questo sia una barriera anche culturale, di ideologia, la

quale porta “gli stessi anziani ad entrare in CpA con l’idea che ci entrano per

morire…sarebbe invece bello poter cambiare questa visione, fare in modo che gli anziani possano percepire la CpA come una cosa positiva per loro, che gli fornisce gli aiuti necessari per continuare a vivere bene.”

Oltre a quanto già riportato, l’Ergo 3 fa esplicitamente riferimento anche all’aspetto economico, affermando che spesso vengono proposte delle attività che poi non vengono realizzate poiché sono “molto limitati a livello finanziario.” Questo aspetto è emerso anche dall’Ergo 4 nonostante non sia stato citato direttamente.

L’Ergo 4 nella sua risposta fa emergere anche altri 2 aspetti che vengono considerati come barriere, uno di questi è il tempo: “ci vorrebbe qualcuno che abbia soprattutto il

tempo per esplorare questa dimensione (fa riferimento alle collaborazioni con la

comunità), organizzare, creare dei protocolli.” Il secondo aspetto è invece la disponibilità, già accennata in precedenza; l’intervistata afferma infatti di aver “già

provato una volta a riunire il consiglio scolastico locale per proporre agli allievi di fare delle attività con gli anziani (…) ma purtroppo non ha funzionato, nessuno dava la propria disponibilità.”

Concludendo il suo discorso afferma di essere cosciente che “Tutto questo è un po’

utopico, quando penso di proporre queste cose all’istituzione mi interrogo su come potrebbero effettivamente farlo...”

Quali sono i facilitatori che potrebbero favorire l’attuazione degli interventi che mi ha appena descritto?

Come in diverse altre risposte, anche qui troviamo un’analogia tra le quattro interviste: tutti e 4 i partecipanti infatti affermano che un facilitatore è la disponibilità da parte della struttura/datori di lavoro. L’Ergo 1 afferma che “sono ben disponibili ad accettare

qualsiasi proposta o iniziativa”; l’Ergo 2 a sua volta afferma che a livello istituzionale

non ha alcun blocco.

La stessa cosa vale per la CpA 3, nella quale l’Ergoterapista si dice molto soddisfatta dell’apertura da parte dei suoi superiori: “inoltre il nostro gestore ha un’impronta molto

sociale (…) e la sua visione ci permette di fare molte attività che sono rivolte al benessere degli utenti, nonostante rappresentino delle spese.”

Infine anche l’Ergo 4 afferma che a livello di istituzione “non fanno di più solo perché

non possono (…) sono molto aperti alle nuove proposte e le accettano molto volentieri.”

Oltre alla disponibilità da parte della struttura nella quale lavorano, i singoli Ergoterapisti hanno poi riportato anche altri facilitatori come ad esempio il fattore economico: l’Ergo 2 afferma infatti che “Il fattore economico potrebbe essere un limite grandissimo che qui

non ho fortunatamente (…) questo facilita sicuramente la presa in carico in tutte le direzioni.”

L’Ergo 3 cita invece la localizzazione geografica, sostenendo che è molto favorevole. Per quanto riguarda la situazione della CpA 4, nel completamento della risposta viene riportata la percentuale lavorativa: “avere un Ergoterapista al 100% facilita senza

studenti in stage all’interno della struttura e afferma che “essi permettono, durante un

certo periodo di tempo, che vi sia un aumento delle possibilità d’intervento (…), inoltre si dedicano in maniera più mirata ad almeno uno o due utenti.”

Sempre dall’Ergo 4 vengono infine citate le famiglie molto presenti, le quali rappresentano per lei un “un valido appoggio.”

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