• Non ci sono risultati.

Descrizione Delle Attività

CCMC è una Casa di Cura accreditata con il SSN ad indirizzo polispecialistico medico-chirurgico che svolge la propria attività a Catania dal 1976.

Possono distinguersi n. 3 unità operative:

1) RAGGRUPPAMENTO CHIRURGICO

(Chirurgia Generale, Ortopedia e Traumatologia, Urologia, Oculistica) 2) RAGGRUPPAMENTO MEDICO

(Endocrinologia, Medicina Generale e Geriatria, Nefrologia, Lungodegenza) 3) RECUPERO E RIABILITAZIONE

Vengono altresì erogate prestazioni ambulatoriali per pazienti esterni in regime non convenzionato.

4 La prevenzione della Corruzione nella Società 4.1 La Struttura organizzativa

Dal punto di vista organizzativo, la Società si avvale di una struttura imperniata sul principio della separazione delle funzioni e la sua struttura organizzativa è costituita dai seguenti organi:

• Consiglio di Amministrazione

• Direttore Amministrativo;

• Direttore Sanitario;

• Responsabile Settore Acquisti;

• Responsabile della Prevenzione della Corruzione;

• Organismo di Vigilanza 231;

• Collegio Sindacale.

4.2 L’Autorità di indirizzo politico

L’Autorità di indirizzo politico viene affiata al Consiglio di Amministrazione che attribuisce singole deleghe ad un singolo consigliere e/o al Presidente.

Il Consiglio di Amministrazione, eventualmente previo parere assembleare, provvede a:

 designare il Responsabile della Prevenzione della Corruzione (art. 1, comma 7, della L. 190/2012)

 adottare il P.T.P.C. ed il P.T.T.I. ed i relativi aggiornamenti

 adottare tutti gli atti di indirizzo di carattere generale che siano, direttamente od indirettamente, finalizzati alla prevenzione della corruzione.

4.3 Il Responsabile della Prevenzione della Corruzione e l’Organismo di Vigilanza L’art. 1, comma 7, Legge 190/2012 prevede che l’organo di indirizzo politico di ciascun Ente destinatario della norma individui – di norma tra i dirigenti di ruolo in servizio – il Responsabile della Prevenzione della Corruzione. Nel caso della Società, per organo di indirizzo politico deve intendersi il Consiglio di Amministrazione.

Le informazioni relative alla nomina devono pervenire celermente all’ANAC mediante compilazione dell’apposito modulo pubblicato sul sito dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.

Il soggetto individuato come Responsabile deve essere in possesso dei seguenti requisiti oggettivi:

a) stabilità dell’incarico;

b) imparzialità di giudizio;

c) insussistenza di ragioni di incompatibilità;

d) professionalità ed onorabilità del soggetto designato.

Contestualmente all’adozione del presente documento il Consiglio di Amministrazione ha nominato il dottore Alessandro Costanzo (quale Responsabile della Prevenzione della Corruzione);

Il responsabile della prevenzione della corruzione ha il dovere di:

• Proporre al Consiglio di Amministrazione l’adozione del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, la cui elaborazione non può essere affidata a soggetti estranei all’Amministrazione

• Definire appropriate procedure finalizzate alla selezione e formazione dei dipendenti destinati ad operare in settori e/o attività particolarmente esposti al “rischio corruzione”;

• Verificare l’efficace attuazione del PTPC.

• Proporre le opportune modifiche al Piano qualora intervengano mutamenti nell’organizzazione aziendale o nell’attività dell’Azienda

• Verificare l’effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento di attività ove appare più elevato il “rischio corruzione”

• Trasmettere al Consiglio di Amministrazione, entro il 15 dicembre di ciascuna annualità, una Relazione recante i risultati dell’attività svolta da pubblicarsi sul sito web.

In capo all’ODV permangono le funzioni di verifica periodica: delle mansioni e dei processi a rischio reato, del monitoraggio dei processi aziendali a maggior rischio reato, della vigilanza sull’effettiva e concreta applicazione del sistema disciplinare, della valutazione sulla concreta adeguatezza del piano a svolgere la sua funzione di strumento di prevenzione di reati.

4.4 I dirigenti nell’ambito delle attività di rispettiva competenza

• svolgono attività informativa nei confronti del responsabile e dei referenti

• partecipano al processo di gestione del rischio

• propongono le misure di prevenzione

• assicurano l’osservanza del modello organizzativo e del codice etico e verificano le ipotesi di violazione, adottando le relative misure gestionali (l’avvio del procedimento disciplinare, la rotazione del personale, etc…)

• osservano le misure contenute nel P.T.P.C.

4.5 L’Ufficio procedimenti disciplinari (U.P.D.)

• svolge i procedimenti disciplinari nell’ambito di propria competenza

• provvede alle comunicazioni obbligatorie all’Autorità giudiziaria

• propone l’aggiornamento del Codice di comportamento

• comunica al RPC, a cadenza bimestrale, i procedimenti disciplinari avviati e relative fasi successive.

Nel caso in esame l’Ufficio procedimenti disciplinari coincide con l’ODV.

4.6 Tutti i dipendenti della Società

• partecipano al processo di gestione del rischio

• osservano le misure contenute nel P.T.P.C.

• segnalano le situazioni di illecito al proprio dirigente/responsabile o all’U.P.D. o a mezzo procedura wistleblowing

• segnalano casi di personale in conflitto di interesse

4.7 I soggetti che a qualsiasi titolo collaborano con la Società

• osservano le misura contenute nel P.T.P.C.;

• segnalano le situazioni di illecito.

5 ELABORAZIONE ED ADOZIONE DEL PIANO 5.1 Generalità

La Società, coerentemente con l’esigenza di assicurare le migliori condizioni di correttezza e trasparenza nella conduzione delle attività aziendali, a tutela della propria posizione e dell’immagine della stessa, delle aspettative dei Soci e del lavoro dei dipendenti, mira a prevenire e contrastare i fenomeni corruttivi potenzialmente configurabili al suo interno con riferimento alle fattispecie di reato previste dalla Legge 190/2012. In particolare, il percorso di costruzione del presente Piano ha tenuto conto dei seguenti aspetti:

a) mappatura, sulla base delle peculiarità organizzativo-gestionali della Società, delle aree interne ed individuazione delle aree a maggior rischio di corruzione valutate in relazione al contesto, all’attività ed alle funzioni della società;

b) accertamento del grado di rischio di commissione dei reati, contemplando i presidi in essere - risk assessment;

c) determinazione per ogni area a rischio, delle eventuali esigenze di intervento utili a ridurre la probabilità che il rischio si verifichi, ovvero confronto dei risultati della “analisi dei rischi” con la best practice, per l’individuazione delle aree di miglioramento - gap analysis;

d) definizione di piani di miglioramento a risoluzione dei principali gap individuati;

e) programmazione di interventi formativi rivolti al personale, con particolare attenzione alle aree a maggior rischio di corruzione;

f) adozione di efficaci meccanismi di segnalazione di accertate o presunte violazioni delle regole della Società - c.d. “whistleblowing”;

g) definizione di flussi informativi al fine di consentire il monitoraggio sull'implementazione del Piano.

5.2 Termini e modalità di Adozione del Piano di prevenzione alla corruzione

L’RPCT sottopone il Piano di prevenzione della corruzione all’attenzione al Consiglio di Amministrazione ai fini della sua adozione entro il 31 gennaio di ogni anno, in ottemperanza a quanto disposto dall’art. 1, c. 8, L. 190/2012. Conseguentemente entro il medesimo termine:

• è pubblicato sul sito internet della Società, all’interno della sezione

“Amministrazione Trasparente”;

• ne è data comunicazione della pubblicazione a tutto il personale della Società a cura del Responsabile del Personale.

5.3 Aggiornamento del Piano

L’RPCT valuta annualmente l’adeguatezza del Piano e propone al Consiglio d’Amministrazione eventuali modifiche e/o integrazioni che si dovessero rendere necessarie, al fine di:

• implementare il Piano, migliorarne l’efficacia e l’effettività, soprattutto qualora si verifichino significative violazioni delle prescrizioni in esso contenute;

• adeguare il Piano alle intervenute modifiche del quadro normativo e/o della struttura organizzativa della Società.

Una volta approvato dal Consiglio di Amministrazione, il Piano così come modificato:

• è pubblicato sul sito internet della Società, all’interno della sezione “Amministrazione Trasparente”;

• ne è data comunicazione della pubblicazione a tutto il personale della Società a cura dell’Amministratore Unico.

6 INDIVIDUAZIONE DEI RISCHI: I REATI RILEVANTI EX D.LGS. 231/01 ED AI FINI DELLA LEGGE 190/12

6.1. Reati contro la Pubblica Amministrazione richiamati dall’art. 24 del D.Lgs.

231/2001

Malversazione a danno dello Stato (art. 316-bis c.p.).

Tale ipotesi delittuosa ricorre nel caso in cui, dopo aver ricevuto contributi, sovvenzioni o finanziamenti, da parte dello Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità europee, dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non destini dette somme, anche parzialmente, alle predette finalità

Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.)

Tale reato si configura nel caso in cui, mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o mediante l’omissione di informazioni dovute, si ottengano, indebitamente, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee

Truffa in danno dello Stato o altro ente pubblico (art. 640, comma 2, n. 1 c.p.) Questa ipotesi ricorre laddove, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, siano posti in essere artifici o raggiri tali da indurre in errore e da arrecare un danno allo Stato oppure ad altro Ente Pubblico o all’Unione Europea

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.) A differenza della anzidetta previsione delittuosa, la truffa viene posta in essere allo specifico scopo di conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici ovvero dalla Comunità Europea.

Frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 640 ter c.p.)

Tale reato si perfeziona allorquando, alterando il funzionamento di un sistema informatico o telematico o manipolando i dati in esso contenuti, si ottenga un ingiusto profitto arrecando danno allo Stato o ad altro ente pubblico

6.2. Reati contro la Pubblica Amministrazione richiamati dall’art. 25 e ss del D.lgs.

231/2001

Corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p)

Tali ipotesi delittuosa si configura nel caso in cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceva, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa

Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.)

Tale ipotesi delittuosa si configura nel caso in cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio riceva, per sé o per altri, denaro o altri vantaggi per compiere atti contrari al proprio ufficio o per omettere o ritardare atti del proprio ufficio.

Corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.)

Tale ipotesi delittuosa si configura nel caso in cui il reato di corruzione sia posto in essere allo scopo di favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo.

Ai sensi dell’art. 321 c.p. le pene previste dagli artt. 318, 319, 319-ter per il corrotto, si applicano anche al corruttore.

Induzione indebita a dare o promettere utilità (art 319-quater c.p.)

Viene punito il pubblico ufficiale (o l’incaricato di pubblico servizio) che, abusando del suo ruolo, induce taluno a dare o promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità. Viene punito anche chi dà o promette il danaro o l’utilità

Concussione (art. 317 c.p.)

Tale reato si configura nel caso in cui un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio (quest’ultimo è stato reintrodotto dalla L. 69/2015), abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringa taluno a dare o promettere a sé o ad altri, indebitamente, denaro o altre utilità

Istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.)

Tale reato si perfeziona mediante l’offerta o promessa di denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio che rivesta la qualità di pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio, ad omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata.

Ai sensi di quanto previsto dall’art. 25 del Decreto, la responsabilità amministrativa dell’Ente sussiste anche quando i reati di corruzione, concussione ed istigazione alla corruzione si configurino con riferimento ai membri degli organi delle Comunità Europee e di funzionari delle Comunità Europee e di Stati Esteri.

Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci (art.

377–bis c.p.)

Viene sanzionata la condotta di chi, con violenza o minaccia, o con offerta o promessa di danaro o altra utilità, induce un dichiarante (che abbia la facoltà di avvalersi della facoltà di non rispondere) nell’ambito di processo penale a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci.

Corruzione tra privati (Art. 2635 c.c.)

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.

Chi dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e nel secondo comma è punito con le pene ivi previste.

L’art. 25-ter c. 1, lettera s bis) del D. Lgs. 231/01, richiama il delitto di corruzione tra privati con esclusivo riferimento all’ipotesi contemplata al terzo comma dell’art. 2635 c.c (“Chi dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo (soggetti apicali) e nel secondo comma (soggetti sottoposti a direzione e vigilanza) è punito con le pene ivi previste”).

Autoriciclaggio (Art. 648-ter c.p.)

La norma punisce colui che, dopo aver commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce o trasferisce denaro beni o altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa. Tale fattispecie si riscontra, soprattutto, a seguito di particolari reati, come ad esempio: l’evasione fiscale, la corruzione e l’appropriazione di beni sociali.

6.3 I reati rilevanti ai soli fini della legge 190/12

• Art. 314 c.p. Peculato “Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.”

• Art. 316 c.p. Peculato mediante profitto dell'errore altrui “Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, il quale, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, giovandosi dell'errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.” Oggetto della tutela apprestata dal peculato è il regolare funzionamento, il prestigio della funzione pubblica e il patrimonio della Pubblica Amministrazione. Non integra il reato di peculato l'utilizzazione

episodica, per scopi personali, di beni appartenenti alla P.A., quando la condotta non abbia leso la funzionalità dell'ufficio e non abbia causato un danno patrimoniale apprezzabile. Il reato è invece configurabile anche quando il pubblico ufficiale ometta o ritardi di versare quanto abbia ricevuto per conto della Pubblica Amministrazione.

• Art. 323 c.p. Abuso d'ufficio. “Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni

• Art. 325 c.p. Utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione di ufficio. “Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che impiega, a proprio o altrui profitto, invenzioni o scoperte scientifiche, o nuove applicazioni industriali, che egli conosca per ragione dell'ufficio o servizio, e che debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a 516 euro.”

• Art. 326 c.p. Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio. “Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se l'agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno. Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.”

• Art. 328 c.p. Rifiuto di atti d'ufficio. Omissione. “Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. Fuori dei casi previsti dal primo comma il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 1.032 euro. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.”

• Art. 331 c.p. Interruzione d'un servizio pubblico o di pubblica necessità. “Chi, esercitando imprese di servizi pubblici o di pubblica necessità, interrompe il servizio, ovvero sospende il lavoro nei suoi stabilimenti, uffici o aziende, in modo da turbare la regolarità del servizio, è punito con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa non inferiore a 516 euro. I capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da tre a sette anni e con la multa non inferiore a 3.098 euro. Si applica la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente.”

• Art. 346 bis c.p. Traffico di influenze illecite: “Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, è punito con la reclusione da uno a tre anni. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale. La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie. Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita.” L'art. 346-bis c.p. è stato introdotto con l'obiettivo di reprimere le attività di mediazione illecita poste in essere in cambio della dazione o della promessa indebita di denaro o di altro vantaggio patrimoniale ed, in particolare, condotte propedeutiche a successivi accordi corruttivi.

6.4 Fattispecie di reato rilevanti per la Società

A seguito dell’analisi dei rischi effettuata principalmente attraverso l’analisi della documentazione della Società e le interviste con i soggetti responsabili delle diverse aree, tra le fattispecie sopra descritte, emerge la necessità di una prevenzione specifica nei confronti dei seguenti reati:

• Malversazione a danno dello Stato

• Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato

• Truffa in danno dello Stato e aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

• Concussione

• Corruzione per l’esercizio della funzione

• Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio

• Induzione indebita a dare o promettere utilità

• Istigazione alla corruzione

• Corruzione tra privati

• Autoriciclaggio

• Interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità

• Traffico di influenze illecite

Oltre alle fattispecie sopra elencate, devono essere presi in considerazione – ai fini del presente documento – anche tutti i comportamenti prodromici a tali reati che, sebbene ancora privi di un disvalore penalmente rilevante, possono tuttavia rappresentare la premessa di condotte autenticamente corruttive.

7 AREE DI RISCHIO 7.1 Definizione

Le “aree di rischio” rappresentano quegli ambiti di competenza, attività e intervento dell’Amministrazione rispetto ai quali, in considerazione degli interessi in gioco, possono annidarsi vizi tali da alterare il fisiologico svolgimento dei relativi processi. Tali aree, quindi, devono essere individuate, analizzate e presidiate con attenzione.

Per rischio si intende l’effetto dell’incertezza sul corretto e puntuale perseguimento dell’interesse pubblico e, quindi, sull’obiettivo istituzionale dell’Amministrazione.

L’incertezza coincide con la possibilità che si verifichi un dato evento: lo sviamento dell’azione pubblica rispetto al soddisfacimento dell’interesse della collettività. Per evento si intende, quindi, il verificarsi di circostanze che si frappongono o si oppongono al perseguimento dell’obiettivo istituzionale dell’Amministrazione.

7.2 Individuazione delle aree di rischio

7.2 Individuazione delle aree di rischio

Documenti correlati