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CAPITOLO 3 IL PROCESSO DI SVILUPPO DELLA POLITICA FORMATIVA

3.3 I DESTINATARI DELLA FORMAZIONE

Quando pensiamo ai destinatari della formazione crediamo che siano costituiti da soggetti che necessitano, più di altri, di momenti di crescita e di sviluppo delle proprie competenze: nella realtà non è così. Diverse analisi empiriche dimostrano che gli individui che percepiscono maggiore formazione da parte delle imprese, sono coloro che già dispongono di un buon bagaglio culturale127.

Bishop sostiene che i lavoratori che godono di un livello di istruzione superiore, che ricoprono ruoli di grande responsabilità in cui svolgono compiti cognitivamente complessi, coloro che lavorano a tempo pieno e caratterizzati da un basso rischio di turnover, i neo-assunti e addirittura uomini sposati, siano le persone soggette a maggiore formazione e perciò sono previsti da parte dell’impresa, periodi più lunghi per il loro apprendimento. In definitiva secondo Bishop, l’ammontare e la possibilità di ricevere formazione si corre la

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Cfr. Costa G. (1997) op. cit.; Carducci P. (1995) op. cit.; Canonici A. (1988) op. cit.; Solbiati M. (1995b) op. cit

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Cfr. Cherrington D. J. (1995) op. cit.; Bishop J. H. (1994,1996) op. cit.; Olson C. A. (1996), “Who Receives Formal Firm Sponsored Training In The U.S.?”, (http://socrates.berkeley.edu./~ilr/ncw/wpaper).

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positivamente alla classe sociale a cui il soggetto appartiene; questo non fa altro che acuire le differenze individuali all’interno dell’impresa128.

Per Olson esiste anche una relazione tra l’età del destinatario dell’intervento formativo e la probabilità di ricevere formazione dal datore di lavoro. Secondo lo studioso il rapporto tra questi due elementi segue una forma ad “U” rovesciata, dove la possibilità di ottenere formazione è massima intorno ai 35 e i 44 anni, mentre si presenta simile – con livelli di probabilità più bassi – per coloro che hanno meno di 25 e più di 55 anni di età.

I destinatari della formazione vengono distinti sulla base della categoria professionale a cui appartengono e del livello gerarchico in cui sono posizionati, in modo da rendere il gruppo di discenti tra loro più compatto – essendo formato da soggetti con interessi simili – e da congegnare l’intervento formativo sviluppando aspetti più aderenti alle varie categorie professionali presenti in impresa. I partecipanti all’attività formativa sono distinti, ulteriormente, secondo la collocazione che occupano nell’ambito del ciclo di vita professionale, infatti, le esigenze formative di un neo laureato sono differenti rispetto a quelle di un lavoratore con anni di maturata esperienza alle spalle, quindi, presuppongono interventi formativi differenti129.

A questo punto è necessario esaminare se i dipendenti vogliano effettivamente farsi destinatari del processo di formazione. In genere si ritiene scontata la risposta, reputando che ogni individuo sia desideroso di apprendere e di divenire più competente, in modo da migliorare le proprie potenzialità e rendersi maggiormente spendibile nel mercato del lavoro. La realtà non è però così scontata e lo studio di Clifton mostra come vi siano scarse evidenze empiriche per sostenere una tale affermazione130.

Clifton ritiene che le scelte di frequentare o meno un corso di formazione da parte della forza lavoro siano vincolate oltre che da condizioni di carattere economico e psicologico, anche da limiti connessi al lavoro e da fattori familiari. Prendere in considerazione questi elementi, secondo la studiosa, è importante

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Cfr. Bishop J. H. (1994,1996) op. cit

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Cfr. Costa G. (1997)

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perché in definitiva, il successo delle strategie competitive realizzabili in impresa dipende dalla buona volontà e dalla motivazione dimostrata dai lavoratori nel partecipare alle attività di formazione. L’auto efficacia insieme alla motivazione costituiscono fattori rilevanti che se presenti nei dipendenti rendono più certo il conseguimento dell’obiettivo formativo: il soggetto crede nelle sue potenzialità, recepisce con entusiasmo l’attività di formazione e si attiva per far proprie tutte le informazioni e conoscenze che da essa derivano.

Anche la presenza di eventuali limitazioni nell’ambiente lavorativo costituisce un elemento da considerare e che può scoraggiare il personale a partecipare ai corsi di formazione erogati dall’impresa; infatti, se lo stesso ha la consapevolezza di non poter impiegare realmente nel posto di lavoro quanto appreso, recepirà il corso come inutile e quindi da non frequentare.

Le attività di formazione possono generare, inoltre, diffidenze o resistenze nel personale tali da limitare la loro partecipazione agli interventi formativi programmati in azienda.

Ad esempio, il dipendente può temere l’instaurarsi di cattivi rapporti – una volta ritornato alla routine del suo compito – nei confronti dei suoi colleghi che non hanno partecipato alla formazione oppure può sentirsi imbarazzato a presentarsi a un corso in cui vi sono solo estranei: queste sono condizioni che possono agire come deterrente alla frequentazione delle attività di formazione da parte del personale, scoraggiandone il desiderio di apprendere per sviluppare le proprie competenze131.

Per Clifton, intervengono poi, una serie di fattori non attribuibili al contesto lavorativo, ma agli impegni familiari di ogni singolo, capaci di influenzare gli atteggiamenti e i comportamenti dei dipendenti connessi al lavoro.

La studiosa ipotizza difatti, l’esistenza di una correlazione negativa tra le ore spese per l’adempimento dei compiti familiari e l’intenzione di partecipare agli interventi formativi: più ore si dedicano alla famiglia, minore è la partecipazione alle attività di formazione previste in azienda e minore la volontà di affrontare

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viaggi per intervenire a dei corsi esterni132. Si crea, per Clifton, un conflitto tra il ruolo familiare e il ruolo lavorativo relativamente al tempo da dedicare a entrambi, ciò causa assenteismo, scarsa partecipazione e motivazione nelle attività proposte dall’impresa.

Compito dell’organizzazione è il sostenere il bilanciamento tra questi due ruoli, infatti, tanto più il personale avrà la consapevolezza di questo impegno assunto dell’azienda nei loro riguardi, maggiore risulterà l’intenzione di partecipare ad attività formative.

In sintesi, gli studi di Clifton mostrano come si devono esaminare, oltre a fattori prettamente attinenti all’ambiente lavorativo, anche aspetti che esulano da questo, al fine di individuare l’effettiva volontà e partecipazione del personale agli interventi di formazione133.

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Clifton afferma come l’intenzione di partecipare ai corsi di formazione vari tra donne e uomini: le responsabilità connesse alla cura dei bambini conducono le prime a decrementare il tempo da dedicare alleattività formative rispetto ai secondi. Si veda Clifton J. (1997) op. cit.

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CAPITOLO 4 UN CASO AZIENDALE : WIND

TELECOMUNICAZIONI S.P.A.