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ANDAMENTO FLORA NATURALE MORTADELLA DELLE APUANE A 4°C

VIII. Determinazione della massa molecolare tramite SDS PAGE

La batteriocina prodotta da UNI 3 coltivato in MRS 7 e MRS 5 è stata parzialmente purificata e sottoposta a SDS-PAGE per stimare il peso molecolare. Come controllo negativo è stato utilizzato il ceppo UNI 5 coltivato negli stessi terreni.

I gel non colorati, sono stati messi a contatto con piastre di BHI inoculate con L.

innocua, E. faecalis e S. aureus, incubati a 37°C per 24 ore, per individuare quale

banda producesse l’inibizione, mentre un gel con le stesse caratteristiche e tipo di corsa è stato colorato con il Nitrato di Argento (figura 19).

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Il gel colorato è stato poi confrontato con i risultati prodotti dalle colture in piastra.

L’inibizione mostrata nei confronti dei tre target se paragonata al gel colorato evidenzia una banda ad una altezza di cieca 20 kDa di massa molecolare.

Fig. 19 Risultati ottenuti mettendo i gel di corsa a contatto con i microrganismi target (sopra e sotto) e

a destra il gel colorato dove sono in evidenza le bande di inibizione.

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6. DISCUSSIONE

Gli obiettivi di questo studio erano due: verificare se tra i ceppi studiati ci fossero uno o più produttori di batteriocine e valutare i parametri ambientali che influenzano la produzione di batteriocine in vitro.

Tra i 55 ceppi di batteri lattici screenati, 2 ceppi di Lb. plantarum (UNI3 e UNI4) isolati da un formaggio pecorino della zona di Siena a 7 e 45 giorni di maturazione hanno prodotto una batteriocina in grado di inibire la crescita di un microrganismo strettamente correlato (E. faecalis) e di L. innocua. Inoltre la batteriocina prodotta da UNI 3 è in grado di inibire anche Stafilococcus aureus, un microrganismo che risulta tra i criteri microbiologici valutati nei formaggi secondo il Regolamento 2073/2005.

Un’azione inibente nei confronti di ceppi di Pseudomonas fluorescens (produttori di pigmento blu e isolati da mozzarelle) è stata osservata da parte dei ceppi UNI 28, UNI 30, UNI 31 e UNI 34 e merita sicuramente ulteriori approfondimenti considerando un possibile utilizzo pratico nel prevenire “epidemie” di mozzarelle blu come quella verificatasi nell’estate del 2010 in Italia.

Ulteriori studi sono necessari anche per definire la natura dell’azione inibente di 4 ceppi di Leuconostoc mesenteroides (71301 A-C-D-E) isolati dalla mortadella delle Apuane a 26 giorni dalla produzione nei confronti di L. monocytogenes,

Salmonella spp. e Pseudomonas fluorescens: i risultati ottenuti in questo studio

mostrano che coltivando i ceppi in MRS 5 (un terreno a pH 5,5, con glucosio e un tampone citrato/acido citrico) l’azione inibente è presente e ben marcata, tuttavia la ripetibilità dell’esperimento non è stata ancora confermata.

La produzione di batteriocine da parte di batteri lattici è influenzata in modo determinante da alcuni fattori ambientali quali il pH, la temperatura e il tipo di fonte di carbonio e azoto (Metsoviti, 2011; Todorov, 2011). Riguardo alla relazione tra la crescita cellulare e la produzione di batteriocine sono presenti in letteratura dati discordanti: in alcuni casi l’ottimizzazione dei fattori per la crescita cellulare comporta anche la massima produzione di batteriocine (Drosinos, 2006), in altri casi invece (Aasen, 2000) la massima produzione viene raggiunta in condizioni di crescita sub-ottimali. Inoltre specie diverse di batteri lattici danno

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risposte diverse in termini di produzione di batteriocine in condizione ambientali identiche.

Partendo da queste considerazioni sono stati studiati i parametri ambientali più adatti alla produzione della batteriocina prodotta da UNI 3.

Da dati di letteratura il range di pH iniziale ottimale è molto stretto: da 5.0.a 6.5, con un valore di 5,5 nel caso dei Leuconostoc, mentre un valore di pH< 4 inibisce completamente la produzione.

In questo studio è stato inserito nella formulazione del terreno un certo quantitativo di acido citrico e citrato di sodio che, sommandosi al citrato di ammonio del terreno di partenza, ha permesso di ottenere un medium con un certo potere tamponante nei confronti dell’acidificazione prodotta dall’acido lattico, principale metabolita prodotto dai batteri lattici durante la crescita.

Questa strategia si è dimostrata giusta: nei terreni tamponati si è avuta la massima produzione di batteriocine. Inoltre il tampone scelto, a base di citrato di sodio, è coerente con la composizione della matrice carnea (salame) da cui provenivano alcuni dei ceppi studiati.

L’aumento della quantità di glucosio e proteine rispetto alla formulazione base del terreno ha sicuramente contribuito ad aumentare la produzione: nel terreno MRS 7 si è avuta in assoluta la più alta attività della batteriocina prodotta da UNI 3. Da ciò si può trarre la conclusione che un aumento della biomassa cellulare va di pari passo con un aumento della produzione di batteriocine.

Per i test nei confronti dei microrganismi indicatori in questo studio è stato tentato un approccio diverso rispetto a quanto di solito riportato in letteratura: i surnatanti da testare non sono stati portati a pH neutro prima dell’uso bensì al pH in cui avrebbero agito nella matrice alimentare: in questo modo si è voluto simulare la condizione “in vivo” per verificare l’effetto della batteriocina.

Infine la SDS-PAGE ha determinato in 20 kDa la massa della batteriocina UNI 3: da questo risultato si può escludere che la batteriocina in questione appartenga alla classe 1 o 2 secondo la classificazione corrente, tuttavia sono necessari ulteriori studi per una migliore caratterizzazione ( ad esempio verificare la resistenza alle alte temperature o a condizioni estreme di pH o all’azione di altri enzimi).

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7. CONCLUSIONI

Dai risultati ottenuti in questa tesi è stato dimostrato che l’individuazione di batteri lattici produttori di batteriocine in vitro non è affatto semplice, data la moltitudine di possibili combinazioni di fattori ambientali e di componenti del terreno "artificiale" che ne influenzano la produzione.

Inoltre è noto che il passaggio dallo studio in vitro alle applicazioni in vivo (ad esempio l’utilizzo di ceppi batteriocinogeni direttamente negli alimenti allo scopo di migliorarne la sicurezza microbiologica) non è semplice, infatti gli alimenti hanno una composizione più complessa e variabile rispetto alle condizioni ricreabili in laboratorio, senza contare che i ceppi food-grade devono essere anche sottoposti a prove di sensibilità agli antibiotici, non potendo essere considerati validi se risultano antibiotico-resistenti.

Nonostante ciò l’applicazione di tali batteri o di estratti crudi delle batteriocine in campo alimentare è già in atto (ad esempio nel caso della nisina, una batteriocina comunemente usata e il cui impiego è legale) e numerosi sono i lavori scientifici pubblicati negli ultimi anni (Galvez, 2008) su questo argomento.

In questo studio è stato particolarmente interessante il ritrovamento di ceppi batteriocinogeni isolati da prodotti tradizionali, in quanto un loro possibile uso come starter o come colture protettive negli stessi alimenti non andrebbe a modificare la tipicità della flora microbica naturalmente presente.

Inoltre se la batteriocina, attiva contro lo Stafilococcus aureus ATCC, risultasse attivo anche nei confronti di Stafilococcus aureus meticilina-resistenti altri tipi di applicazione potrebbero essere studiati, ad esempio come antibiotico per uso topico.

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