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determinazione dell’utile residuo da ripartire sulla base delle “unique benchmarkable contributions” e “unique intangibles”

(EBITDA) Spese d’esercizio 3 6 9 Altre spese operative 2 4 6 Costi sviluppo beni immateriali 30 40 70 Utile d’esercizio (Operating Profit)= EBIT 5 80 85

Step 1: determinazione della redditività “ordinaria” iniziale per lo svolgimento di attività produttive comparabili (nell’esempio, Costi di Produzione + 10% )

A 60 + (60 * 10 %) = 66

Æ remunerazione iniziale per l’attività di produzione svolta da A = 6 B 170 + (170 * 10

%) = 187

Æ remunerazione iniziale per l’attività di produzione svolta da B= 17

Utile complessivo allocato sulla base della remunerazione di attività ordinarie

6 + 17 = 23

Step 2: determinazione dell’utile residuo da ripartire sulla base delle “unique benchmarkable contributions” e “unique intangibles”

• Nel caso il residual profit coincide con l’operating profit si otterranno i seguenti risultati:

Utile d’esercizio complessivo (EBIT) 85

Utile giá ripartito sulla base dello Step 1 23 Utile residuo da allocare in proporzione al contributo 62

 

relativo di A e B allosviluppo dei beni immateriali

Residual profit attribuito ad A : 62 * 30/70 26.57 Residual profit attribuito a B : 62 * 40/70 35.43

Utile complessivo attribuito ad A : 6 (remunerazione iniziale) + 26.57 (residual profit)

32.57

Utile complessivo attribuito a B : 17 (remunerazione iniziale) + 35.43 (residual profit)

52.43

Totale

 

6. Proposta di Riformulazione della Norma Interna in

materia di Prezzi di Trasferimento

Sulla base delle considerazioni svolte nei capitoli precedenti, ritengo allora necessario – alla luce delle rilevate difformità sussistenti tra la nozione di “valore normale” come prevista nella disciplina interna e l’arm’s length principle di derivazione convenzionale – suggerire un intervento riformatore della disciplina italiana in materia di prezzi di trasferimento come segue:

1. Procedere all’inserimento – all’interno dell’articolo 9 del TUIR (o, in alternativa, all’articolo 110, comma 7 dello stesso) - di un riferimento espresso al termine “condizioni” come espressamente previsto dall’articolo 9, comma 1, del Modello di Convenzione OCSE. Siffatta modifica, invero, permetterebbe di ristabilire quel level playing field tra A.F. e contribuente nell’utilizzo di tutte le metodologie contemplate nelle TP Guidelines e così ovviare agli ostacoli emergenti soprattutto quando la transazione in verifica è posta in essere con un Paese con il quale l’Italia non ha stipulato una Trattato contro le doppie imposizioni. A tale riguardo, si potrebbe contemplare un rimando espresso alle TP Guidelines nell’ipotesi in cui queste (come è effettivamente il caso) siano oggetto di un periodico aggiornamento;

2. Una volta implementato il punto sub 1), sarebbe utile un intervento a livello di prassi amministrativa preordinato alla rimozione della gerarchia metodologica la quale, alla luce della modernizzazione dei modelli imprenditoriali posti in essere dai gruppi multinazionali, non ha più ragione di essere. A tale riguardo, si propone di adottare il seguente linguaggio: “La selezione di una metodologia ai fini dell’individuazione del valore normale (o prezzo di libera concorrenza) deve essere sempre preordinata all’individuazione del metodo più appropriato alla luce dei fatti e delle circostanze del caso concreto. A tale riguardo, la scelta del metodo più appropriato deve essere effettuata avendo specifica considerazione a: (i) i punti di forza e di debolezza di ogni metodo; (ii) la ragionevolezza del metodo alla luce della tipologia di transazione oggetto di analisi (tipologia la cui individuazione deve essere frutto di un’approfondita analisi funzionale); (iii) la disponibilità di informazioni e dati ragionevolmente attendibili (con specifico riferimento a transazioni comparabili tra soggetti indipendenti) al fine di applicare il metodo selezionato e/o altri metodi; (iv) il livello di comparabilità esistente tra la transazioni poste in essere da imprese associate e quelle di soggetti terzi, ivi inclusa l’affidabilità delle rettifiche di comparabilità da porre in essere al fine eliminare eventuali differenze”;

3. Data la oggettiva semplicità di applicazione, suggerisco di mantenere il riconoscimento di una preferenza (si badi bene, non di una gerarchia!) nei confronti dei metodi c.d. “tradizionali” solamente se e nella misura in cui questi ultimi ed i metodi “reddituali” possono essere applicati in maniera egualmente attendibile;

 

4. Tuttavia, alla luce di quanto discusso nel corso del presente elaborato, ritengo imprescindibile dare riconoscimento espresso a tutte quelle situazioni nelle quali i metodi reddituali (e segnatamente, il TNMM ed il Profit Split Method) portano a risultati più attendibili di quanto, invece, non possono garantire i metodi tradizionali. Faccio riferimento, in particolare, a quelle ipotesi in cui – alla luce dell’analisi funzionale di una transazione tra imprese associate, se confrontata con la valutazione di una similare tra entità comparabili – emerge che una net profit margin analysis è più affidabile di una gross profit margin analysis, in termini di migliore approssimazione della “forchetta’ di valori ritenuti ad arm’s length. A titolo di esempio, si può ragionevolmente ritenere che un’analisi sui margini netti di utile sia validamente sostenibile perché ad esempio, (i) viene individuato un livello di spese operative al di sotto del margine di contribuzione lordo per il quale la tested party non è responsabile. Un’altra ipotesi concerne (ii) tutte quelle transazioni nelle quali l’utilizzazione di beni immateriali unici ad alto valore aggiunto (c.d. significant unique intangibles) generati dall’attività di entrambe le imprese associate ovvero (iii) lo svolgimento di funzioni altamente integrate rende il metodo di ripartizione degli utili più appropriato di une one-sided method. Inoltre, (iv) quando non vi sono – ovvero sono limitate – le informazioni sui margini lordi di contribuzione applicati da soggetti terzi comparabili, metodi quali il Cost Plus o il Resale Price sarebbero di più difficile applicazione a eccezione dei casi in cui vi siano comparabili interni soddisfacenti;

5. Da ultimo, una disciplina dei prezzi di trasferimento che possa definirsi completa, a prescindere dal metodo utilizzato, deve riconoscere un ruolo centrale all’analisi di comparabilità. In particolare, la nozione di comparabilità presuppone l’esame di due elementi: (i) la transazione tra imprese associate e (ii) quella tra soggetti indipendenti ritenuta potenzialmente comparabile. Ciò che preme rilevare in questa sede è la circostanza che la ricerca di transazioni comparabili non deve essere né confusa, né separata con l’analisi di comparabilità.

6. In conformità a quanto affermato nel punto 5, si suggerisce pertanto un processo (che chiameremo 10 steps process) nel quale si deve propriamente articolare un’analisi di comparabilità e che permette, al contempo, di far assumere all’analisi funzionale il ruolo di chiave di volta per una corretta determinazione dei prezzi di trasferimento. Come segue.

Step 1: Analisi ad ampio spettro delle circostanze del contribuente che