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3 PREVENZIONE DELLA MALATTIA CELIACA

6. RISULTATI PRELIMINAR

6.4 Diagnosi di malattia celiaca e allattamento, HLA, familiare affetto.

La Tabella 4 mostra i risultati dell’analisi multivariata. La presenza di HLA predisponente chiaramente influenza il rischio di malattia (HR: 5.98; 95% CI: 2.81 - 12.73). L’altra variabile che influenza il rischio di malattia è l’allattamento materno. I bambini allattati al seno in corso di introduzione del glutine nella dieta hanno un rischio significativamente ridotto di sviluppare la malattia celiaca rispetto ai bambini non allattati al seno (HR: 3.0; 95% CI: 0.4 - 5.6). Le altre variabili studiate (sesso, tipo di HLA, familiare affetto, durata allattamento materno) non influenzano in maniera significativa il rischio di malattia.

Il presente studio dimostra la presenza di un’associazione tra epoca di introduzione del glutine nella dieta e sviluppo di malattia celiaca. I risultati preliminari suggeriscono che l’introduzione del glutine tra 4 e 6 mesi aumenta il rischio di malattia celiaca rispetto all’introduzione tardiva dopo 12 mesi.

Nessuno studio in precedenza aveva valutato l’effetto di una introduzione fortemente posticipata dei cereali contenenti glutine, ad es. a partire dai 12 mesi. Lo studio DAISY, un importante studio epidemiologico prospettico su bambini ad alto rischio di malattia, aveva dimostrato che l’introduzione molto precoce di glutine (i.e, prima di 3 mesi) aumentava il rischio di malattia celiaca di 5 volte rispetto all’introduzione tra 4 e 6 mesi.31 Il presente studio dimostra che il rischio di malattia può ulteriormente essere ridotto con un’introduzione più tardiva, successiva a 12 mesi.

L’ipotesi per cui l’introduzione precoce del glutine può influenzare il rischio di malattia risiede nell’eziopatogensi della malattia. È stato dimostrato che la deamidazione della gliadina da parte della tTG favorisce il riconoscimento dei peditidi di gliadina dalle cellule T e questo potrebbe dare inizio alla cascata di reazioni autoimmuni che portano alla malattia celiaca.41-42 Perché questo avvenga è necessario che la gliadina riesca ad attraversare la barriera epiteliale intestinale in modo che possa essere riconosciuta dalle cellule presentanti l’antigene. La barriera intestinale funziona da principale organo di difesa contro antigni esterni, tossine e

macromolecole che raggiungono l’ospite attraverso la via orale. Nelle epoche precoci di vita questa barriera potrebbe non essere completa rispetto ad epoche di vita più tardive, e questo potrebbe consentire alla gliadina di attraversare la barriera intestinale più agevolmente. Inoltre, la recente scoperta che la gliadina può essa stessa attivare il patway di signaling intracellulare zonulina-dipendente che porta ad un aumento della permeabilità intestinale41 suggerisce che, una volta entrata la gliadina, si inneschi un circolo vizioso che porta ad un aumento della permeabilità intestinale tramite l’attivazione della zonulina da parte della gliadina, che a sua volta porta all’ingresso di sempre maggiori quantità di glutine.

Nello studio DAISY era stato osservato che l’introduzione di glutine dopo 7 mesi di vita portava ad un lieve incremento del rischio di malattia, probabilmente dovuto ad una maggiore quantità di glutine introdotta nei bambini più grandi.31 Infatti, Iavarson et al. avevano osservato che i bambini affetti da malattia celiaca erano stati esposti all’epoca di introduzione del glutine a più alte dosi di glutine rispetto ai non affetti e che questa quantità aumentava tanto più tardiva era l’introduzione del glutine.43 I nostri risultati suggeriscono che posticipando dopo i 12 mesi l’introduzione del glutine, ma mantenendo le stesse quantità che vengono normalmente introdotte a 4-6 mesi di vita, è possibile ridurre il rischio di malattia, garantendo un maggiore maturità dell’epitelio intestinale.

Il presente studio inoltre dimostra che la positività degli anticorpi AGA, EMA e tTG è evidente gia all’età di 15 mesi, con una maggiore percentuale nei pazienti che

introducono glutine precocemente. Questo dato non conferma precedenti risultati che mostravano una positivizzazione sierologica tardiva nei bambini ad alto rischio di malattia,31 e che pertanto il primo screening all’età di 15 mesi può essere appropriato.

I nostri risultati non mostrano la presenza di un ruolo delle diverse molecole di HLA o del tipo di parentela sullo sviluppo della malattia celiaca.

Un dato importante emerso dal presente trial è, invece, il ruolo protettivo dell’allattamento materno. Risultati contrastanti derivanti da studi retrospettivi e prospettici erano presenti in letteratura al riguardo.33 Una recente meta-analisi dei dati mostrava che i bambini allattati al seno al momento dell’introduzione del glutine nello svezzamento avevano un rischio di sviluppare la malattia celiaca ridotto del 52% rispetto ai bambini non allattati all’epoca dell’introduzione del glutine (OR 0.48; 95% CI: 0.40-0.59).27 I nostri risultati confermano questo dato e sottolineano l’importanza dell’allattamento materno. Esistono diverse ipotesi relative al meccanismo con cui il latte materno può proteggere dal rischio di malattia celiaca: a) il latte materno contiene sostanze con attività immunomodulatoria sulla mucosa intestinale; b) i bambini allattati al seno durante l’introduzione del glutine ricevono meno quantità di glutine; c) il latte materno previene le infezioni intestinali, noto fattore di rischio nell’eziopatogenesi della malattia. 33

In conclusione, l’epoca tardiva di introduzione del glutine nella dieta è associata ad un rischio ridotto di malattia celiaca. Al momento non si può escludere la possibilità

che la precoce introduzione del glutine semplicemente porti ad una più precoce comparsa della malattia. Il follow-up a lungo termine di questa coorte di bambini ad alto rischio di malattia ci darà una riposta definitiva a questa domanda.

Sulla base dei risultati sopra riportati potrebbe essere indicato modificare le attuali raccomandazioni della Società Europea di Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica (ESPGHAN)44 che consigliano l’introduzione del glutine tra 4 e 7 mesi di vita. Se i nostri dati saranno confermati dai risultati successivi di un più lungo follow-up, potrebbe essere preferibile raccomandare l’introduzione di piccole quantità di glutine dopo i 12 mesi di vita, preferibilmente durante l’allattamento materno. Questo intervento dietetico potrebbe rappresentare la prima modalità di prevenzione primaria della malattia celiaca.

Tabella 1: Possibili manifestazioni cliniche della malattia celiaca.

Malattia celiaca maggiore Malattia celiaca minore Malattie autoimmuni associate

Malattie genetiche associate

Diarrea cronica Anemia sideropenica Diabete mellito tipo I Sindrome di Down Calo ponderale o arresto di

crescita Bassa statura Tiroidine autoimmune Sindrome di Turner Distensione addominale Osteoporosi Epatite autoimmune Sindrome di Williams Ipotrofia muscolare Artralgie Sindrome di Sjogren Difetti cardiaci congeniti Inappetenza Dermatite erpetiforme Morbo di Addison Deficit di IgA

Irritabilità Ipoplasia dello smalto

dentale Gastrite atrofica autoimmune Stomatite aftosa ricorrente Malattie emocitopeniche autoimmuni Dolori addominali ricorrenti Psoriasi

Vomito Alopecia areata

Ipertransaminasemia Colangite sclerosante Iperamilasemia Miocardite autoimmune

Cefalea

Atassia

Epilessia

Polineuropatie

Lesioni della sostanza bianca

Cirrosi biliare primaria

Miastenia gravis Pericardite ricorrente Cardiomiopatia dilatativa Infertilità Aborti ricorrenti Pubertà ritardata

Tabella 2: Caratteristiche demografiche e cliniche dei due gruppi di studio. Gruppo A (n: 384) Gruppo B (n: 320) p Sesso (M/F) 188/196 153/167 NS HLA predisponente (n) 357 (93%) 296 (92%) NS

Allattamento materno alla nascita (n) 326 (85%) 265 (83%) NS

Tabella 3: Percentuale di bambini positivi agli anticorpi anti-gliadina (AGA) IgA e

IgG e anticorpi anti-transglutaminasi (tTG) a 15, 24, 36 mesi e 5 anni nei due gruppi di studio. Gruppo A Gruppo B p 29 (9.5%) 21 (9.5%) 4 (2.8%) <0.05 NS NS 13 (5.5%) 19 (10.5%) 11 (8.3%) AGA IgA 15 mesi 24 mesi 36 mesi 5 anni 0 0 NS 67 (25.9%) 52 (27.5%) 24 (20%) 41 (20.2%) 31 (20.4%) 18 (15.9%) NS NS NS AGA IgG 15 mesi 24 mesi 36 mesi NS 5 anni 6 (20%) 4 (26.7%) 15 (4.7%) 25 (10.6%) 8 (5.2%) 1 (0.4%) 15 (7.7%) 13 (9.1%) <0.02 NS NS tTG 15 mesi 24 mesi 36 mesi 5 anni 0 0 NS

Tabella 4: Analisi multivariata delle variabili cliniche in relazione allo sviluppo di malattia celiaca. Malattia celiaca positiva (n=57) Malattia celiaca negativa (n=647) Hazard Ratio Sesso Maschi Femmine 25 (44%) 32 (56%) 342 (53%) 304 (47%) 0.85 1.0 Genotipo HLA positivo negativo 57 (100%) 0 596 (92%) 51 (8%) 5.9 1.0

Durata allattamento materno 8.3 6.7 1.0

Allattamento materno durante introduzione del glutine Si No 3 (5%) 54 (95%) 362 (56%) 284 (44%) 3.0 1.48

Figura 2: Quadri caratteristici di malattia celiaca maggiore con ipotrofia della radice

degli arti (a) ed addome globoso (b).

Figura 6: Percentuale di bambini allattati al seno nelle diverse epoche di controllo. 100 80 60 40 20 0 % 0 4 7 9 12 Mesi

Figura 7: Distribuzione degli alleli HLA. 0 10 20 30 40 50 DQ2 DQB1*0201 DQ8 DQA1*0501 Altr % o

Figura 8: Incidenza di malattia celiaca nei due gruppi di studio 15, 24, 36 mesi e 5 anni. 10 0 2 4 6 8 15 24 36 Gruppo A Gruppo B B B % Mesi p p<<00..0022 p p==NNSS p p==NNSS

Figura 9: Analisi del rischio di sviluppare la malattia celiaca in base all’epoca di

introduzione del glutine nello svezzamento (curva di Kaplan-Mayer).

Gruppo A Gruppo B Rischio di sviluppo di celiachia Mesi

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