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Età P un te gg io S F3 6 S M ρs= - 0.556597

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Discussione

Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di esaminare la qualità di vita e il rischio psicopatologico nei caregivers di pazienti affetti da Demenza Fronto- Temporale, rispetto alla popolazione generale.

Dai risultati si evince che, effettivamente, vi sono delle differenze tra i due gruppi, quello sperimentale e quello di controllo, sia nella HADS, che nella Short Form-36.

Ciò suggerisce che vi sia un impatto significativo della Demenza Fronto- Temporale, non solo sui soggetti che ne sono affetti ma anche sui loro familiari, infatti dallo studio è emerso che essi siano molto più predisposti a sviluppare sintomi affettivi con un inevitabile peggioramento della qualità di vita.

In particolar modo, per quel che riguarda il rischio di sviluppare disturbi psicopatologici, sembra che effettivamente i familiari dei pazienti dementi riferiscano una maggiore presenza di sintomi ansiosi, ma soprattutto depressivi: questo dato potrebbe riflettere una delle nostre ipotesi secondo cui fornire assistenza ai propri cari affetti da FTD, può aumentare la probabilità di contrarre disturbi dell' umore e/o disturbi ansiosi, oppure a slatentizzare una situazione pregressa. Dal nostro studio è emerso che il gruppo sperimentale, formato dai caregivers, ha fornito punteggi significativamente più elevati sia nella sottoscala HADS-A che nella HADS- D rispetto al gruppo di controllo.

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Bristow et Al. (2008), in cui la metà dei familiari di pazienti con FTD mostrava sintomi sia ansiosi che depressivi, in confronto a circa un quinto dei soggetti appartenenti al gruppo di controllo. (Bristow et al., 2008)

Nella Short Form-36 le dimensioni più colpite riguardano la sfera emotiva piuttosto che quella fisica, infatti i domini più colpiti sono stati la vitalità, l’attività sociale, le limitazioni di ruolo emotivo e la percezione generale di salute, compresa quella mentale.

Questi dati mostrano come il prendersi cura di una persona affetta da Demenza Fronto-Temporale possa comportare effettivamente delle restrizioni nella vita del caregivers, ma anche una perdita di energie, le quali vengono tutte spese nel fornire assistenza e supporto al membro della famiglia affetto da FTD.

Si può notare, ad esempio, una diminuzione nello svolgimento delle normali attività quotidiane come l' andare a fare la spesa, ma anche una difficoltà in ambito lavorativo, una rinuncia ad avere degli hobby come andare al cinema o leggere, e più in generale una mancanza di tempo per se stessi, il tutto a causa del ruolo di caregiving. Quello che si nota, quindi, è un peggioramento della qualità di vita del familiare, il quale si ritrova a spendere la maggior parte delle energie e del tempo nel prendersi cura del malato.

Con l' avanzare del tempo, le condizioni cliniche del paziente andranno in contro a peggioramento, così come le problematiche associate ai suoi comportamenti; si avrà, quindi, una sempre maggior perdita di indipendenza e autonomia del malato. Di conseguenza il carico assistenziale del familiare diventerà ancora più gravoso, soprattutto di fronte all' avanzare dell'età di quest' ultimo. Dal nostro studio, effettivamente, emerge una correlazione positiva per quanto concerne le sottoscale della HADS: si è visto che con l' aumentare dell'età aumenta anche il rischio di sviluppare sintomi affettivi. Al

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contrario, è stata riscontrata una correlazione negativa per quanto riguarda l'età e le dimensioni della SF-36: maggiore è l'età, minore è il punteggio ottenuto nelle sottoscale, in particolare quelle che fanno riferimento alla salute fisica e alla percezione di salute generale. Questo sta a significare che, oltre che ai problemi di natura fisica e salutari dovuti al normale invecchiamento, nei caregivers di pazienti con FTD si ha un ulteriore aggravio di tali problematiche. Quindi i familiari più anziani hanno un rischio maggiore di contrarre sintomi depressivi e una minore possibilità di fornire assistenza al paziente sul piano fisico e delle attività fisiche. Purtroppo non abbiamo trovato l’esistenza di studi che mettono in luce le problematiche relative all’età di caregivers di pazienti con Demenza Fronto- Temporale, per cui la presente ricerca potrebbe rappresentare un punto di partenza per indagare tale variabile.

Sempre all' interno del gruppo sperimentale del nostro studio, si sono riscontrati dei dati interessanti per quel che riguarda la variabile “genere”: si è visto come le femmine abbiano ottenuto punteggi significativamente più bassi rispetto ai maschi in alcune delle dimensioni della SF-36, in particolare si fa riferimento alle sottoscale “limitazione di ruolo fisico”, “limitazione di ruolo emotivo” e “ percezione di salute generale”; mentre non ci sono state differenze di genere statisticamente significative nelle scale della HADS. Sembra quindi che le donne risentano maggiormente del ruolo di caregivers, nonostante esse siano filogeneticamente più predisposte alla cura e al sostegno del prossimo, basti pensare al loro ruolo di madre; invece appare che il sesso femminile riferisca un maggior disagio soprattutto per quel che riguarda la percezione che loro stesse hanno riguardo la propria salute generale.

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Caceres et. Al (2016), in cui è il sesso femminile a sperimentare un maggiore disagio: ciò che però differisce è che nel nostro studio quelle che sembrano essere più intaccate sono le restrizioni e le limitazioni dovute alla fisicità e all’emotività, quindi il non poter più svolgere o fare le medesime cose che facevano prima dell’avvento della malattia, oltre ad avere una percezione più negativa circa la propria salute generale. Mentre nello studio di Caceres et al., sembra che il ruolo di caregivers, nelle donne, porti loro ad avere una maggior predisposizione a sviluppare depressione; questo dato non trova conferma nel nostro studio in quanto i punteggi della HADS sono risultati non significativi. (Caceres et al., 2016)

I dati riscontrati, quindi, evidenziano segni di impatto significativo del ruolo di caregiving sulla qualità di vita e sul benessere psicologico dei familiari di pazienti con Demenza Fronto-Temporale.

Nel complesso, quindi, possiamo affermare che i risultati ottenuti nel presente studio, da una parte sembrano essere in linea con le conoscenze acquisite dalla letteratura, dall’altra rappresentano un contributo innovativo per quanto riguarda determinate variabili tra cui l’età e il genere, che ad oggi ancora non sono state sufficientemente indagate ma che invece si ritengono essere di grande importanza.

Per questo motivo vi sono buone ragione per ritenere opportuni approfondimenti e ulteriori ricerche in questo ambito, vista la poca letteratura a disposizione.

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Conclusioni

Riassumendo, il nostro studio si è proposto di esaminare la qualità di vita e il rischio di sviluppare sintomi affettivi in caregivers di pazienti con Demenza Fronto-Temporale a confronto con un gruppo di controllo, rappresentante della popolazione generale.

La nostra ipotesi principale era che il gruppo sperimentale , formato dai familiari dei pazienti avesse un rischio più alto di sviluppare ansia e/o depressione e una qualità di vita peggiore rispetto al gruppo di controllo. I risultati, effettivamente, sembrano confermare le nostre ipotesi di ricerca mettendo in evidenza delle differenze statisticamente significative tra i due gruppi; appare chiaro infatti che la QoL sembra essere peggiore nei caregivers rispetto a quella della popolazione generale; inoltre il gruppo sperimentale ha presentato un maggior rischio di sviluppare comorbidità psichiatriche, soprattutto sintomi depressivi.

Se da un lato le scale della SF-36 inerenti alle attività fisiche non sono risultate essere significativamente più basse come punteggi, lo sono state invece tutte quelle scale che riguardano la sfera emotiva e la percezione di salute generale; infatti sono risultate inficiate le scale inerenti alle limitazioni dovute all’emotività, alla vitalità, e alle attività sociali, facendo emergere come il ruolo di caregiving possa incidere significativamente sulla partecipazione sociale.

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I soggetti, infatti, hanno sempre meno tempo da dedicare a se stessi e a coltivare relazioni interpersonali e hobby, i quali invece abbiamo visto essere di grande ausilio come strategie di adattamento funzionali nella gestione delle demenza; tutto ciò non fa che andare ad aggravare ancora di più il rischio di una sindrome depressiva.

Viene, inoltre confermata l’ipotesi secondo cui le problematiche relative al fornire assistenza accrescerebbero con l’aumentare dell’età.

I risultati presentati devono tuttavia essere interpretati con cautela, considerando la presenza di alcuni limiti dello studio: la numerosità rappresenta la prima limitazione, in quanto per ottenere dei dati che godono di una certa affidabilità e generalizzazione è necessario un numero di soggetti maggiore. Inoltre si ritiene che la somministrazione per via telefonica limiti in parte la valutazione, soprattutto per quanto riguarda quegli aspetti qualitativi che sono altrettanto importanti.

Alla luce di questi risultati, sono da ritenersi opportuni degli approfondimenti sugli aspetti psicologici dei caregivers, i quali risentono, forse in modo maggiore del forte impatto che la Demenza Fronto-temporale ha sul loro benessere psicofisico, rispetto ai pazienti dementi.

Una maggiore comprensione di questi aspetti può inoltre suggerire la messa a punto di interventi mirati sul piano del sostegno psicologico, con lo scopo di aiutare i familiare ad affrontare e a gestire in maniera più efficace questa patologia e a fornire un miglior supporto , fisico, emotivo e pratico, ai propri cari.

È infatti vero che , di fronte a una diagnosi di Demenza Fronto-Temporale, non dovrebbe essere presa in cura solo la persona che ne è affetta ma anche i familiari di essa per un trattamento più efficace di questa difficile patologia.

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