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1.3. L’organizzazione della Conferenza Islamica

1.3.1. La Dichiarazione del Cairo

La dichiarazione islamica dei diritti dell’uomo adottata a Il Cairo nel 1990 non costituisce un trattato internazionale bensì rappresenta un orientamento generale per gli Stati membri dell’Organizzazione della conferenza islamica. Il testo della dichiarazione è composto da un preambolo e da 25 articoli. Sia nel preambolo che nel corpo della dichiarazione si evidenziano i continui riferimenti alla sharī’a islamica che caratterizza l’intero testo. Ma vi è di più. La superiorità della legge coranica è sancita dagli ultimi due articoli.

All’art. 24 espressamente si prevede che tutti i diritti e le libertà enunciate nella Dichiarazione sono soggette alla sharī’a47 islamica.

Mentre all’ultimo articolo (Art.25), quantunque non vi fosse la necessità di ribadirlo, si inserisce una vera e propria clausola interpretativa individuando nella sharī’a islamica la sola fonte di riferimento per l'interpretazione di qualsiasi articolo della Dichiarazione.

Del tutto assente è qualsiasi riferimento alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

In particolare, analizzando il testo della dichiarazione il primo articolo afferma l’idea dell’indivisibilità della grande famiglia umana, discendente

47 Per una bibliografia essenziale sull’argomento confronta: DONINI Valentina M. – La shari'a e il mondo

contemporaneo: sistemi giuridici dei paesi islamici .Roma, Carocci 2015; PAPA Massimo – Shari'a . Bologna Il

Mulino 2014; HALLAQ Wael B. – Introduzione al diritto islamico. Bologna Il Mulino 2013 ; EMON Anver M. ; ELLIS Mark S. ; GLAHN Benjamin – Islamic law and international human rights law : searching for

common ground?. Oxford, University press 2012; AN-NA’IM Abdullahi Ahmed – Riforma islamica: diritti umani e libertà nell'Islam contemporaneo. Bari, Laterza 2011; ALDEEB ABU-SAHLIEH Sami Awad – Il diritto islamico: fondamenti, fonti, istituzioni. Roma, Carocci 2008; ANSELMO Daniele – Shari'a e diritti umani.

da Adamo e unita nella sottomissione a Dio, fonte della comune eguaglianza, dignità e tolleranza tra gli uomini e i popoli48.

L’art. 2 sancisce il diritto alla vita e all’integrità fisica, si vieta espressamente il genocidio e la soppressione della vita umana salvo le disposizioni della sharī’a islamica. Sicchè è proibito togliere la vita tranne nel caso in cui la sharī’a lo permetta.

All’art. 3 si dispone in caso di conflitto armato o di uso della forza, la salvaguardia dei soggetti non belligeranti (anziani, bambini, feriti e malati) si incoraggia lo scambio dei prigionieri e si fa espresso divieto di danneggiamenti.

L’art. 4 sancisce la inviolabilità del buon nome e dell’onore di ogni essere umano.

L’art. 5 tutela la famiglia quale fondamento della società. Consente ed incoraggia il diritto al matrimonio senza discriminazione di razza di colore o di nazionalità. Appare eloquente sul punto l’assenza di alcun riferimento alla discriminazione religiosa ed al tema del diritto al matrimonio della musulmana con il non musulmano.

All’art. 6 viene sancito il principio di uguaglianza tra l’uomo e la donna. In realtà la disposizione, pur sancendo formalmente l’uguaglianza della donna all’uomo nella dignità umana, in maniera più raffinata rispetto ad altre formulazioni, ribadisce il c.d. principio della discriminazione positiva della

48 Come già evidenziato nel paragrafo che precede nell’ambito dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, si

trascende dall’appartenenza nazionale e ci si basa esclusivamente su quella confessionale. Si tratta dunque di un’organizzazione che riunisce tutti i paesi a maggioranza musulmana del mondo e si prefigge lo scopo di proteggere e salvaguardare i valori socio-economici della cultura musulmana, promuovere la solidarietà tra gli stati membri, migliorare la cooperazione nei campi culturale, scientifico, politico, sociale ed economico.

donna, ovvero quel principio e precetto religioso secondo cui, pur essendo tutte le creature identiche di fronte a Dio, le stesse hanno una diversa funzione sociale. Eloquente appare peraltro l’ultima proposizione della disposizione che individua nel marito colui che è responsabile del mantenimento della famiglia. La disposizione di cui all’art. 6 va letta unitamente alla successiva di cui all’art. 7, relativo all’educazione dei figli che deve essere effettuata e garantita ai minori49 in conformità alle prescrizioni, ai valori etici ed ai principi della sharī’a.

L’art. 9 riconosce la personalità giuridica ad ogni essere umano.

L’art. 10 garantisce il diritto all’educazione ed all’educazione religiosa. L’art. 11 merita qualche ulteriore riflessione, la disposizione infatti risulta alquanto ambigua sancendo che: “L'Islam è una religione intrinsecamente connaturata all'essere umano. E' proibito esercitare qualsiasi forma di violenza sull'uomo o di sfruttare la sua povertà o ignoranza al fine di convertirlo a un'altra religione o all'ateismo” e ciò specie in riferimento alla questione relativa all’apostasia.

All’art. 10 si prevede il divieto di schiavitù, il successivo art. 11 dispone la libertà di circolazione e di stabilimento salvo quanto previsto dalla sharī’a. L’art. 13 tutela il lavoro, la salute e la sicurezza del lavoratore, nonché il diritto al salario. Sorprende l’assenza del diritto di sciopero.

L’art. 14 prevede la libertà dell’iniziativa economica privata vietando i monopoli e l’usura e condannando l’inganno e la violenza, il successivo art.

49 Nel Giugno 2005 è stato siglato il c.d. Patto sui diritti del bambino (ancora non in vigore) che prevede

l’istituzione di un Comitato islamico sui diritti del bambino composto da un membro per ogni Stato Parte, con il compito di verificare l’attuazione del Patto nell’ambito dei paesi membri.

15 tutela la proprietà privata. Sono altresì previsti: la tutela della propria produzione scientifica, letteraria, e artistica (art. 16) salvo quanto previsto dalla sharī’a; il diritto a vivere in un ambiente sano ed il diritto all’assistenza medica (art. 17) ed il diritto alla privacy ed alla riservatezza (art. 18). All’ art. 19 sono previste le garanzie giudiziarie definite nel principio di uguaglianza innanzi alla legge, nel principio della personalità nella responsabilità penale, nel diritto all’equo processo ed alla presunzione di innocenza, nel diritto di difesa. Si precisa altresì che per crimini si intendono solo quelli previsti dalla sharī’a.

L’art. 20 vieta gli arresti illegali e la tortura. L’art. 22 sancisce la libertà di espressione del pensiero, l’art. 23 i diritti politici, per entrambi gli articoli vige sempre, ovviamente, l’ormai consueta clausola di salvaguardia del mancato contrasto con la sharī’a.

Nei primi anni duemila a seguito dell’allargamento della Organizzazione della Conferenza islamica, si rese necessaria una revisione ed attualizzazione della dichiarazione del Cairo.

L’Organizzazione della Conferenza islamica ha adottato il testo della nuova dichiarazione al vertice di Dakar del 14.03.0850, una delle principali novità è costituita dall’instaurazione di una Commissione permanente per i diritti dell’uomo51.

50 cfr. ARMOLLITA G.– L’Organizzazione della conferenza islamica e la presenza dei paesi musulmani nella comunità internazionale – in rivista ORIENTE MODERNO, 2006.

51 La Commissione permanente per i diritti dell’uomo si è poi costituita formalmente a far data dal 30.06.2011, in

attuazione dell’art. 15 della Carta dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, si tratta di una commissione permanente ed indipendente, ha sede a Gedda ed è composta da 18 membri eletti con mandato triennale dalla Conferenza dei Ministri degli Affari Esteri degli Stati Parte.

Il compito affidato alla nuova Commissione è quello di promuovere i diritti civili e politici, sociali ed economici, consacrati nelle convenzioni e nelle dichiarazioni dell’Organizzazione, e negli altri strumenti universalmente riconosciuti, conformemente ai valori islamici.

La Dichiarazione del Cairo del 1990, dunque, presenta luci ed ombre.

Se prendiamo in considerazione il fatto che i paesi di tradizione musulmana hanno condiviso in minima parte il lavoro di preparazione e successiva proclamazione dei Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo si comprende come il tentativo da parte musulmana di mediare fra la propria tradizione culturale e un approccio alle relazioni tra individui e fra i popoli che si ispiri alle esperienze transnazionali sia appena agli inizi e sconti incertezze e rigidità, che emergono con forza nella Dichiarazione del Cairo. Del resto sarebbe troppo pretendere da Paesi che faticano a ricercare una propria identità nazionale, troppo spesso ingessata in regimi autoritari e dispotici.