• Non ci sono risultati.

2. DEFINIZIONE DI DIDATTICA

2.1 Le tre modalità principali della didattica

2.1.3 Didattica agapica

La didattica agapica trova in Franco Nembrini, uno dei maggior rappresentanti italiani della contemporaneità. Cattolico, professore e scrittore di lunga data, nella sua opera più importante Di padre in figlio. Conversazioni sul rischio di educare tratta l'emergenza educativa propria dei nostri giorni proponendo un'idea di didattica centrata proprio sull'agape (sebbene egli non utilizzi mai tale termine nel suo libro). In quest'opera egli pone altresì delle questioni centrali per la tesi che stiamo sviluppando e che verranno esaminate in particolare nell'ultimo capitolo della suddetta tesi, tra cui: la crisi educativa; la crisi dell'adultità; la crisi della figura paterna; il nichilismo dei valori; la crisi e il disagio giovanile; il relativismo e la perdita di punti fermi; il tema della libertà; la riscoperta dei valori fondamentali dell'uomo; la centralità dell'uomo; l'applicazione dell'amore alla didattica; ecc.

Ora, l'insegnamento agapico di Nembrini si basa su una premessa fondamentale: il problema della scuola non è solamente un problema specifico,

96 I ragazzi di Barbiana comprendono l'importanza del sapere, da loro concepito come forma di emancipazione e di riscatto, e fanno di esso un alleato e un compagno di vita, da cui l'amore filiaco applicato al sapere (sapere filiaco).

97 Cfr. Scuola di Barbiana, Op.cit., pp.11-20.

98 Cfr. l'articolo on-line Chi era Don Milani? di Alessia Pellicanò, liceo scientifico Alessandro Volta di Reggio Calabria, in La scuola fa notizia, 14 febbraio 2018, <http://lascuolafanotizia.diregiovani.it/2018/02/14/chi-era-don-milani/>. (Ultima consultazione: 01/10/2019).

quello della scuola stessa, ma il riflesso di un problema più grande che investe tanto la famiglia quanto la cultura in generale.99 Vi è infatti un profondo collegamento in

Nembrini tra famiglia, scuola e cultura perché oggi sono accomunate tutte e tre dalla medesima crisi che è crisi educativa intesa come crisi dell'adultità da un lato e crisi dei valori tradizionali dall'altro.100 Più specificamente la crisi dell'adultità ha a che

fare con la crisi della genitorialità ed in particolare con la crisi della paternità101

mentre la crisi dei valori tradizionali si profila come crisi della religione cristiana che ha come effetto il nichilismo, la perdita di punti di riferimento sicuri e stabili, il relativismo etico e lo scetticismo epistemologico.102

Per Nembrini infatti la figura del padre comprende sia il padre in senso stretto, il genitore, che il “Dio Padre” della tradizione giudaico-cristiana i quali rappresentano rispettivamente la testimonianza di un adulto che vive la sua vita con certezza, stabilità e positività («l'adulto è quello che sta»103), e l'appartenenza a una

«Paternità grande»,104 infinitamente buona e certa, testimoniata emblematicamente

dall'esempio di vita di Gesù Cristo.105 Ed è proprio la testimonianza ad essere la cifra

del discorso educativo di Nembrini per il quale si educa non attraverso i discorsi e le belle parole106 ma con l'esempio concreto di vita, di una vita capace di mostrare con

le azioni e con i gesti quotidiani la positività del reale e le buone ragioni per vivere degnamente:

99 Cfr. Franco Nembrini, Di padre in figlio. Conversazioni sul rischio di educare, a cura di Roberto Persico, Edizioni Ares, Milano, 2017, pp.15-16.

100 Cfr. ibidem.

Sulla crisi educativa che investe la cultura, la famiglia e la scuola rimando all'ultimo capitolo della tesi.

101 Cfr. ibidem. 102 Cfr. ibidem.

N.B.: La correlazione tra crisi e relativismo rimanda al tema della complessità di cui abbiamo parlato nei paragrafi precedenti e sui cui torneremo nel capitolo conclusivo della tesi.

Il tema della crisi della figura paterna è centrale anche in L'ora di lezione. Per un'erotica dell'insegnamento di Recalcati (cfr. Massimo Recalcati, Op.cit., pp.3-8), opera che abbiamo analizzato nel sottopar. 2.1.1 → (Didattica erotica).

Sulla crisi dell'adultità come crisi della paternità rimando ancora al capitolo conclusivo della tesi.

103 Franco Nembrini, Op.cit., p.28. 104 Ivi, p.15.

105 Cfr. ivi, p.125.

106 N.B.: l'idea della testimonianza come punto centrale del processo educativo è centrale sia in Nembrini che in Recalcati. Tuttavia il primo la intende come testimonianza di vita, in opposizione ai bei discorsi e alle belle parole fine a se stesse tipici di un certo modo di fare didattica, mentre Recalcati, al contrario, la vede proprio come una testimonianza di parole: testimonianza intesa come parola “viva”, “carnale”, propria del vero maestro, che accende negli alunni il desiderio di sapere (cfr. Massimo Recalcati, Op. cit., pp.89-91).

[…] l'educazione: non è una serie di prediche, non è una preoccupazione da avere. È un uomo che vive. L'educazione non è mai un problema dei giovani, dei figli, degli alunni, dei ragazzi, degli scolari. È sempre un problema tuo: L'educazione è la capacità che hai o non hai di rendere testimonianza tu. […] è la testimonianza di una certezza e di una positività che i figli possono guardare.107

Per far ciò bisogna fornire ai propri alunni o ai propri figli quella che Nembrini chiama, rifacendosi al suo mentore Don Giussani, «ipotesi esplicativa della realtà»,108 ossia un'ipotesi positiva e significativa sulla realtà che sia vissuta e

testimoniata in prima persona dall'adulto e che possa essere da loro verificata.109

Infatti l'adulto, compreso l'insegnante, dev'essere in primo luogo autorevole (autorità in senso etimologico, ossia «ciò che fa crescere»)110 e la sua autorevolezza si basa

sulla cosiddetta «funzione di coerenza ideale»111 che non è coerenza etica (in quanto

nessun uomo è perfetto, tutti possono sbagliare) ma coerenza rispetto all'ipotesi di realtà su cui si basa la sua vita, ipotesi che gli dà un senso, una direzione e una certezza che testimonia poi al figlio o all'alunno.112 Dunque, attraverso la coerenza e

l'attaccamento alle cose e ai valori in cui crede, il padre o l'insegnante testimonia il suo amore per la vita ed è in grado di sedurre a sua volta il figlio o l'alunno il quale sarà pronto a seguirlo per verificare la positività e la veridicità della sua testimonianza:

L'amore, lo sapete bene, non è una cosa che si può insegnare con le parole, l'attaccamento alle cose può esser solo testimoniato, e se desideri che un altro ami, questo può avvenire solo per trascinamento.113

Come si può notare, vi è qui un profondo collegamento con la didattica erotica di Recalcati perché “il trascinamento” di cui parla Nembrini può essere inteso come seduzione erotica verso gli oggetti di sapere e insieme come transfert amoroso esercitato dal maestro verso il discente.114

Oltre ciò, troviamo qui anche la prima applicazione dell'agape all'insegnamento che si configura come dimensione caritativa (in piena linea con il concetto agostiniano di carità che, come abbiamo visto, ha il doppio significato di dono e desiderio):

107 Franco Nembrini, Op.cit., p.19. 108 Ivi, p.44. 109 Cfr. ivi, pp.44-45. 110 Ivi, p.54. 111 Ivi, p.55. 112 Cfr. ibidem. 113 Ivi, pp.93-94.

Seconda dimensione della verifica è che ci vuole una grande carità, nel senso più genuino: bisogna aiutare e accompagnare i figli ad amare quello che incontrano, a stimare il reale, a voler bene alle cose, a voler bene a sé e alle cose che hanno davanti.115

Testimonianza come trascinamento erotico da un lato e come carità agapica dall'altro sono le condizioni necessarie affinché l'alunno possa apprendere (l'apprendimento infatti deriva da ad-prendere che significa «appiccicarsi, attaccarsi»)116 e possa interessarsi (da inter-esse, «esserci dentro»)117 agli argomenti e

alle materie che si insegnano. Apprendimento e interesse si danno infatti entro un rapporto affettivo, con la consapevolezza che l'altro, il maestro, è lì per il bene dell'alunno e questi a sua volta sente «l'intensità di bene»118 che il maestro nutre per

lui.

Per Nembrini, infatti, il vero educatore è guidato sempre da una fondamentale domanda di bene per i suoi alunni («Che bene c'è?»)119 ed è proprio “il Bene”, punto

di orientamento principale dell'educatore, che rende la didattica agapica, come si diceva nei paragrafi precedenti, superiore a quella meramente erotica. In Nembrini troviamo quindi la perfetta esemplificazione del congiungimento tra il Bene platonico e l'Amore divino (Spirito Santo) di Agostino, il quale, a mio avviso, dev'essere altresì proprio di ogni didattica che voglia qualificarsi realmente come tale.

La seconda applicazione dell'agape all'insegnamento, poi, si connette alla grazia poiché per l'autore l'educazione sta nell'amore gratuito e incondizionato verso il discente;120 Similmente ad Agostino che intende la grazia come gratuità dell'amore

di Dio verso l'uomo, così Nembrini dice in proposito:

È la natura stessa dell'amore. Gratuità assoluta. «In questo sta l'amore: che Dio ci ha amati per primo, mentre eravamo ancora peccatori».121

Connesso alla grazia c'è poi la misericordia, terza applicazione dell'agape alla didattica, perché per Nembrini «l'educazione è questa misericordia in atto, per cui

115 Franco Nembrini, Op.cit., p.93. 116 Ivi, p.94.

117 Ivi, p.194. 118 Ivi, p.166. 119 Ivi, p.85. 120 Cfr. ivi, p.134.

NB..: vi è qui una profonda analogia con Recalcati circa il rapporto tra la gratuità dell'amore agapico e l'accettazione delle “storture” degli allievi di cui abbiamo parlato nel par.2.1.1 (→ Didattica erotica), ma vi è anche analogia con Don Milani e i ragazzi di Barbiana sottoche mettono insieme amore agapico e insegnamento, come abbiamo visto nel sottopar. 2.1.2 (→ Didattica filiaca).

Dio ci viene incontro lì dove siamo».122 L'insegnante misericordioso è colui che ha

compassione per la miseria spirituale e morale dell'alunno, in particolare di quello in difficoltà, e anziché punirlo o ignorarlo gli tende una mano, lo aiuta e gli dà ciò di cui ha bisogno in quel preciso momento.123 Anche il concetto di misericordia, quindi,

rimanda al significato che ne dà Agostino, come abbiamo visto nel sottoparagrafo sull'amore agapico.

Quarta e ultima applicazione dell'agape all'insegnamento sta nel discorso sulla “preferenza” che rimanda alla dilectio agostiniana in quanto allude a un tipo di amore elettivo.124 In questo caso specifico, l'insegnante agapico si comporta con

ciascun scolaro come Dio si comporta nei confronti dell'uomo: come Dio prova un amore di dilezione verso l'uomo eleggendolo perfino signore sul creato, così l'insegnante ama e predilige ogni singolo alunno della sua classe. Nella fattispecie, l'amore di dilezione del maestro non trae fuori dai componenti della classe un unico individuo (l'individuo prescelto) ma si amplia abbracciando tutti i discenti i quali hanno uguale importanza e sono meritevoli dello stesso amore da parte sua, indipendentemente dal loro carattere, dalla loro intelligenza, dal colore della loro pelle, dallo status sociale da cui provengono, ecc.:

In classe la preferenza è questo atteggiamento per cui riesci a preferirli tutti. […] C'è un'attenzione a ciascuno di loro per cui quando guardo uno, questo deve sentirsi guardato con una preferenza (dilectio N.d.A.), cioè con un'attenzione e dedizione assoluta: in questo momento per me è come se esistessi solo tu. […] Si chiama amore (agape N.d.A.) questa cosa per cui l'altro si sente tutto consegnato a te perché tu ti consegni tutto al rapporto con lui. […] Si chiama preferenza, un amore capace di preferire tutti […].125

Il tema dell'attenzione, della dedizione, della concentrazione e della cura rinvia all'amore frommiano che abbiamo analizzato nel capitolo precedente e che in seguito tenteremo di applicare alla didattica.

In conclusione, possiamo definire la didattica di Nembrini come un tipo di didattica agapica nella misura in cui è basata sulla grazia, sulla misericordia e sulla preferenza (dilezione) che sono le caratteristiche dell'amore di Dio nell'accezione agostiniana: amore grazioso perché gratuito (grazia), misericordioso perché compassionevole (misericordia) e diletto perché elettivo (dilezione).

122 Ibidem. 123 Cfr. ibidem.

124 Cfr. cap.1, sottopar. 1.1.3 → Amore agapico (Agape). 125 Franco Nembrini, Op.cit., p.183.