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8 . 1 A S P A S S O N E L Q U A R T I E R E

Come si è detto nella prefazione, i caratteri di Aldo Novarese sono stati usati ampiamente dai tipografi del nostro Paese e non solo. Col termine tipografi,

includiamo anche i grafici minori. Non è un segreto che i grafici più celebri, quelli di cui apprendiamo dalle pagine delle antologie di storia della grafica, rivolgessero più

volentieri lo sguardo oltralpe per le loro scelte tipografiche.

Uno dei manuali sui quali si è basata la mia formazione universitaria, «Storia del Design grafico» di Daniele Baroni e Maurizio Vitta, dedica a Novarese e alla Nebiolo circa quindici righe su oltre trecento pagine; peraltro buona parte di esse in realtà tratta del progetto di ricerca con il gruppo dei grafici milanesi, che al contrario di Novarese, sono protagonisti di molti capitoli della stessa antologia.

Se non si tiene conto di retrospettive, musei o librerie, difficilmente si incontreranno artefatti di Bruno Munari o Pino Tovaglia passeggiando nei quartieri delle nostre odierne città, sarà, però, facile trovarsi letteralmente circondati dai caratteri di Aldo Novarese, tanto da sentirsene immersi.

Sono nato nel 1987; secondo le mie fonti a quel tempo Novarese aveva già disegnato circa settantacinque caratteri (o, come direbbe Giuseppe Pellitteri «collezioni

alfabetiche»); ciò fa supporre ragionevolmente che io sia sempre stato circondato dai suoi tipi, senza averne coscienza fino a pochi anni fa. È presumibile che, se questa sensazione si può avere nel piccolo quartiere di San Carlo a Monza in cui ho vissuto, essa si possa avvertire pressoché ovunque in Italia. Facciamo un giro nel quartiere camminando e osservando.

Fuori dal negozio dell’ortolano di Via Marsala è appeso un cartello giallo con stampata la scritta «5 kg di cipolle € 5,00!» in “Nadianne Nero” (AGFA, 1986, oggi distribuito da Monotype). La cosa non mi stupisce più di tanto, perché questo carattere — usato

anche per la titolazione di diverse rubriche de “La settimana enigmistica” che, da bambino, compravo per conto di mia nonna — fa parte delle font di default del computer che mia mamma ha in ufficio. Il proprietario del negozio ortofrutticolo, un ragazzo poco più grande di me che ha rilevato l’attività paterna, mi spiega che tra tutti i caratteri di cui disponeva in Microsoft Word ha scelto di usare proprio quello perché ricorda la scrittura tracciabile con un pennarello a punta piatta, tipica delle reclame e dei cartelli con le offerte speciali dei supermercati.

Entrando nel negozio chiedo due peperoni e un grappolo d’uva. Che meraviglia scoprire che il logotipo dell’uva La Pugliese è composto in ITC Novarese!135 Per rendere più “accattivante” il marchio, il grafico che lo ha realizzato ha pensato di

aggiungere qualche effetto speciale qua e là e una bella outline, decisione che, volendo applicare i dettami della classificazione Novarese, lo vedrebbe migrare dalla categoria dei ‘veneziani’ a quella degli ‘ornati’. Per chiudere in bellezza, il fruttivendolo infila i due peperoni in un sacchetto di carta per alimenti decorato da una stampa a due colori perfettamente fuori registro, con la scritta «ARRIVEDERCI e GRAZIE» in Eurostile

(Nebiolo, 1962). Mi colpisce molto il fatto che questo carattere fosse definito da Novarese stesso, un «mezzo altamente efficace per esprimere la modernità». Anche i radioamatori sparsi per il mondo, con i quali mio nonno corrispondeva quotidianamente seduto alla sua stazione radio, dovevano pensare che Eurostile

esprimesse grande modernità. Infatti questo carattere spopola nelle cartoline di auguri e saluti che si inviavano l’un l’altro ad ogni occasione. Talvolta accostato a un

Semplicità di Alessandro Butti, ma ben più spesso affiancato al suo coetaneo Estro (Nebiolo, 1961), o a Slogan (Nebiolo, 1957) sul packaging di un curioso amperometro che ha attratto la mia attenzione fin dalla più tenera età.

Perso in questo pensiero mi avvio verso l’uscita del negozio e torno in me solo quando sento il titolare esclamare: «Hey! Hai dimenticato lo scontrino!» Lo accartoccio e me lo caccio in tasca; solo a casa mi accorgerò che l’azienda produttrice del rotolo di carta su cui è stampato, la milanese Recoma System, ha il logo composto in Stop (Nebiolo, 1971).

L’elenco potrebbe proseguire a oltranza, anzi, trovo divertente l’idea che si possa costruire un breve racconto o un cortometraggio in cui compaiono tutti i caratteri di Novarese; magari in un impaginato bizzarro che usa il carattere descritto in quel momento dal testo, o, perché no, un blog con intenti analoghi a “Fonts in use”

http://fontsinuse.com/.

8 . 2 “ S T O P ” C A S O S T R A O R D I N A R I O

Sarà bene fermare qui con la nostra passeggiata, tenendo a mente il fine didattico di questa trattazione. Il breve racconto è sintomatico dell’utilizzo che si è fatto dei caratteri disegnati da Novarese. Nel corso di un’intervista rilasciatami, Giancarlo Iliprandi afferma di aver utilizzato spesso Forma (di cui fu coautore), ma di non aver usato, quasi mai, altri caratteri di Novarese e della Nebiolo, ai quali preferiva i tipi di tendenza, di respiro europeo.

Nel corso della stessa intervista136, Giancarlo Iliprandi arriva a definire Stop un

carattere di automedicazione grafica, inquinante per il mondo del design. Un’opinione che ben si addice a uno tra i più rinomati designer grafici italiani del Novecento che ebbe l’occasione di collaborare con Aldo Novarese, ma, d’altro canto (a parer mio), affermazione che non fa che testimoniare la riuscita di Novarese in relazione al

precipuo tra suoi intenti, ovvero un design tipografico al servizio del cliente finale, così che egli possa produrre comunicazione senza l’ausilio di intermediari o specialisti. Un carattere logografico, con cui chiunque può sentirsi un po’ progettista, e creare il logo per la propria attività, semplicemente affiancando tra loro due o più segni

alfanumerici. In fondo Stop era pensato proprio per questo. Lucio Passerini ricorda che

«nel novembre 1970 anche la rivista “Graphicus” descrisse il nuovo carattere rimarcando questo aspetto: “[Stop offre] la possibilità di comporre e formare facilmente marchi, sigle, monogrammi di notevole attrattiva […] senza ricorso alla consulenza di un grafico”».137

136 Cfr. la trascriizone dell’intervista intervista in appendice.

Come Eurostile, Estro, Fenice, e molti altri tipi del disegnatore torinese, Stop si è diffuso in maniera capillare in tutto il mondo (mi è capitato di incontrarlo quasi sempre nel corso dei miei viaggi, non solo in Europa) e ancora oggi viene utilizzato per

esprimere modernità, tecnologia e avanguardia. Io non credo che un successo

planetario di questa portata sia trascurabile o considerabile un caso. Penso invece che Novarese abbia centrato in pieno il proprio obiettivo, cioè permettere a chiunque di saltare un passaggio, e avere la possibilità di comporre logotipi d’effetto, senza doversi rivolgere ad agenzie pubblicitarie, i cui servizi sono molto costosi. Scavalcando — per restare in tema — tutti i Giancarlo Iliprandi, i Bruno Munari e i Franco Grignani che, seguendo le tendenze diffuse in Europa, e soprattutto seguendo la propria vocazione di designer al passo coi tempi, non prendevano in considerazione, se non sporadicamente, l’utilizzo dei caratteri di Aldo Novarese.

In quest’ottica si può rivedere almeno in parte la credenza diffusa che «il lascito [da parte di Novarese] di un’ottantina di caratteri è stato ampiamente usato nel nostro paese,

anche se raramente nell’ambito della grafica ‘nobile’, e più spesso in quella che con un termine abusato verrebbe oggi definita vernacolare»138 non tanto perché l’affermazione

sia falsa, quanto perché il termine ‘vernacolare’ non ha l’accezione negativa che i grafici tendono ad attribuirgli, ma, se usato in qualità di aggettivo, indica qualcosa di

domestico e familiare, esattamente come percepisco i caratteri tipografici che mi circondano mentre passeggio nel mio quartiere.

C A P I T O L O 9

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