• Non ci sono risultati.

La differenza ontologica di cui parla Penzo, per sua stessa ammissione, non è riconducibile a quella heideggeriana Pur riconoscendo a Heidegger il merito di aver profondamente indagato nel suo

pensiero questa tematica, egli sconta il mancato riconoscimento del rovesciamento metafisico

attuato dal pensiero nietzscheano. In pieno contrasto con la teoria cardine del filosofo di Meßkirch,

che considera Nietzsche come il compimento massimo della metafisica tradizionale, Penzo

rivendica l’azione critica del pensatore della volontà di potenza che, proseguendo in una certa

misura l’opera cominciata da Max Stirner, smonta l’impostazione classica del logos metafisico

144

.

Il superamento nella sua tensione infinita deve, quindi, essere considerato come l’elemento

costitutivo dell’oltreuomo, come attesta Nietzsche, d’altronde, quando scrive: «la grandezza

141 Cfr. Nietzsche e la provocazione del superuomo (op. cit., p. 10 e sgg). Questo testo, pur essendo un collettaneo di

contributi internazionali, ha come filo conduttore una certa interpretazione dell’Übermensch portata avanti in particolare dalla scuola maceratese, che ha in Francesco Totaro il suo fondatore. Essa tenta di leggere nel concetto di ‘misura’, e in tutte le sue più diverse declinazioni, la cifra essenziale dell’oltreuomo e rinvia alla linea interpretativa di Paul van Tongeren. L’Übermensch, considerato come il compimento autentico dell’umanità, è tra gli altri uomini l’unico in grado di realizzare a pieno la propria misura. La volontà di potenza nietzscheana diventa allora perfezione qualitativa per ogni essere umano. Questo permette di pensare «un’etica universalistica della potenza intesa come etica della equipotenza ovvero del conferimento di senso e di scopo all’agire di ciascuno» (F.TOTARO, Superuomo e senso

dell’agire in Nietzsche, in Nietzsche e la provocazione del superuomo, op. cit., p. 129) in cui ogni agire diventa un agire

virtuoso.

Per un approfondimento di questa linea interpretativa rimandiamo inoltre a: B.GIOVANOLA, Nietzsche e l’“Aurora”

della misura, op. cit.;P. VAN TONGEREN, L’«Übermensch» e la democrazia (in Nietzsche tra eccesso e misura, cur. Id.,

Carrocci, Roma 2002, pp. 177-192); F.TOTARO, Misura, potenza, vita in Nietzsche (in Nietzsche tra eccesso e misura, op. cit., pp. 54-64).

142 Sottolineiamo qui, come ha mostrato Stegmaier, che Nietzsche usa, anche in riferimento al nichilismo, molto poco il

termine Überwindung, preferendo ad esso quello di Selbstüberwindung, cioè di auto-superamento. L’accento in ogni caso è da porre, per il filosofo di Röcken, su un atto che deve partire e concludersi nel soggetto agente (cfr. W. STEGMAIER, “Non solo ammettere, ma anche amare una buona parte di caso e di assurdità”, op. cit., p. 46).

143 G.PENZO, Il superamento di Zarathustra (op. cit., pp. 16-18). Si confronti anche il testo: Saggi su Nietzsche, op. cit.,

pp. 7-10) e G.PENZO, Invito al pensiero di Nietzsche, op. cit., pp. 143-146.

144 Il riferimento a Max Stirner è costante nelle opere di Penzo come chiave di lettura per interpretare la messa in crisi

della metafisica classica a nel XIX secolo. Si confronti a tal riguardo: G.PENZO, Max Stirner: la rivolta esistenziale, Marietti, Torino 1971.

dell’uomo è di essere un ponte e non uno scopo: nell’uomo si può amare che egli sia una transizione

e un tramonto»

145

. L’oltreuomo, inoltre, non è un ché di costitutivamente altro rispetto all’uomo. Ne

rappresenta, invece, l’autenticità. Penzo pensa l’Übermensch come l’uomo nella sua realizzazione

autentica di superamento infinito, di differenza ontologica che però non trasporta mai

completamente l’ente nell’essere e che lascia essere la verità nella sua nuova natura di

problematicità, e non di dogma, come avveniva nella metafisica classica

146

. Infatti, se l’oltreuomo

realizza autenticamente l’umanità nell’atto del perpetuo superamento, anche la verità che

quest’uomo insegue e cui anela «nella sua dimensione essenziale […] si chiarisce nell’atto di

superare»

147

. E il superamento deve essere un processo infinito, in modo da garantire il recupero di

una sorta di trascendenza nella dottrina nietzscheana, attraverso un’idea di divino che, sempre e

comunque, «oltre-passa l’uomo»

148

, ma che si discosta da quella concezione idealistico-cristiana

della divinità. Divino è l’uomo oltreuomo, nella sua essenza profonda

149

. Allo stesso tempo questa

«dimensione di finitudine come non-finitudine [che] si distingue dalla dimensione di infinitudine,

propria della metafisica tradizionale, per la mancanza della dimensione teologica»

150

, rende conto

della coincidenza di essere e divenire, teorizzata da Nietzsche nell’espressione autentica della

volontà di potenza

151

, e sottolinea la natura essenziale della «terrestrità»

152

.

145 Za, Prefazione di Zarathustra, § 4, OFN, VI I, p. 8.

146 «Questa dimensione di superare (überwinden) si confonde […] con la stessa dimensione del “tra” della differenza

ontologica, in quanto differenza tra essere ed ente. […] Il superare non implica un definitivo superare ma soltanto un continuo, ininterrotto superamento. […] Si nota ancora […] la preoccupazione di Zarathustra che questo superamento possa essere inteso in senso teologico. Ciò vorrebbe dire calare nella differenza ontologica esistenziale una componente tipica della differenza ontologica metafisica, con la conseguenza che la dimensione problematica della verità verrebbe a mutarsi in dimensione dogmatica» G.PENZO, Il superamento di Zarathustra, op. cit., pp. 20-21.

147 Id., Invito al pensiero di Nietzsche, op. cit., p. 143. 148 Id., Il superamento di Zarathustra, op. cit., p. 22.

149 «In fondo, il pensiero dell’eterno ritorno e del super-uomo ci portano di fronte a un nuovo orizzonte del divino. […]

Si è visto come la dimensione del divino si confonda con l’atto di accettare la vita così com’è. Si tratta dell’attimo più straordinario, poiché in esso avviene l’incontro tra tempo ed eternità. Lo stesso si deve dire dell’atto del superamento del super-uomo. […] Il divino è nell’uomo ma non è mai in potere dell’uomo, altrimenti si capovolge in demoniaco. […] Solo nell’atto di superare l’uomo è un trasformato, in quanto è aperto al divino» Id., Invito al pensiero di Nietzsche, op. cit., pp. 143-146.

Penzo chiarisce che la concezione di divino e di sacralità che attribuisce al pensiero nietzscheano, «pur avendo superata ogni dimensione di “santità” di cui parla Stirner, non si esaurisce mai nell’ambito del filosofare. Il non-potersi-esaurire in tale ambito, poiché in tal caso verrebbe meno proprio lo stesso filosofare, rappresenta per Nietzsche la nuova dimensione del divino» Id., Il superamento di Zarathustra, op. cit., pp. 18-19.

150 Ibid., p. 21.

151 «Imprimere al divenire il carattere dell’essere – è questa la suprema volontà di potenza.

Duplice falsificazione, attraverso i sensi e attraverso la mente, per conservare un mondo dell’essere, del persistere,

dell’uguaglianza di valore, ecc.

Che tutto ritorni, è l’estremo avvicinamento del mondo del divenire a quello dell’essere: culmine della contemplazione» NF, 7 [54], 1886, OFN, VIII I, p. 297.

152 G. PENZO, Il superamento di Zarathustra (op. cit., p. 21). «Il senso della terra rimanda a sua volta sempre alla

dimensione del “tra”, cioè alla dimensione del ponte o a quella della fune che non può essere superata in modo definitivo» ibidem.

La differenza ontologica si compie, secondo Penzo, come «dialettica polare»

153

, cioè in un

Documenti correlati