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Il differimento dell'udienza – Sempre

Nel documento TRIBUNALE DELLA LIBERTA' (pagine 72-80)

7.2. In particolare: l'articolo 11 Per l'art 11:

7.2.2. Il differimento dell'udienza – Sempre

secondo il pensiero dell'illustre autore, il comma 9-bis dell’art. 309 c.p.p. introduce un elemento dinamico nella rigidità del procedimento culminante nell’udienza camerale attraverso la possibilità per

l’imputato di ottenere un differimento utile per preparare al meglio la propria difesa.

Tale possibilità si traduce in una richiesta, formulata personalmente dall’imputato entro due giorni dalla notificazione dell’avviso, accogliendo la quale il tribunale, sussistendo giustificati motivi, differisce la data dell’udienza da un minimo di cinque ad un massimo di dieci giorni con conseguente proroga nella stessa misura del termine per la decisione e di quello per il deposito dell’ordinanza.

Indubbiamente, la prerogativa così prevista per l’imputato riflette esigenze particolarmente sentite nei procedimenti in cui l’entità delle indagini effettuate, come pure la complessità delle vicende investigate, sul piano soggettivo od oggettivo non consentono un sufficiente studio degli atti e, quindi, lo sviluppo di un’attività difensiva idonea a valorizzare in maniera congrua gli spazi riconosciuti alla parte privata in sede di riesame22.

La previsione di termini perentori brevi per la decisione del tribunale, se è vero che “realizza (…) una forma di tutela del soggetto che ha impugnato il provvedimento evitando che questi possa essere in alcun modo danneggiato da inadempienze o ritardi dell’autorità giudiziaria”23, può confliggere concretamente con la ricerca di una tutela sostanziale degli interessi dell’impugnante, favorendo altresì, se non imponendo, una risposta sin troppo sommaria alla richiesta di riesame. La nuova disposizione, come già segnalato, attribuisce solo all’imputato la facoltà di incidere sulla data dell’udienza e, conseguentemente, sul termine per la decisione e per il deposito dell’ordinanza.

Si tratta di un potere che il legislatore ha inteso riferire in maniera assolutamente esclusiva alla persona dell’imputato, senza prevedere la possibilità di demandare il relativo esercizio ad un procuratore speciale, come invece accade per situazioni processuali nelle quali si effettuano

scelte forse anche più impegnative. Inoltre, nel valutare l’opportunità di questa opzione pare doveroso rilevare come sia “strettamente tecnica” la natura “delle esigenze difensive che possono fondare una richiesta di differimento del termine”24 per cui è ragionevole ipotizzare che, al di là della forma, l’iniziativa ai sensi dell’art. 309 comma 9-bis c.p.p., dipenda da considerazioni del difensore più che da scelte dell’assistito. La richiesta di differimento deve essere formulata entro due giorni dalla notificazione dell’avviso, così da consentire al tribunale di procedere alle ‘controcitazioni’, anche quando la data dell’udienza è stata notificata solo tre giorni prima della data stabilita per la sua celebrazione. Quanto alla natura del termine, nulla dice la disposizione, ma è pur vero che l’inserimento della previsione all’interno di un sistema di termini perentori con il quale il nuovo termine va

coordinato, dovrebbe legittimare la conclusione più rigorosa25.

La decisione di accoglimento dell’istanza da parte del tribunale dovrà essere emessa e comunicata prima della data dell’udienza una volta riconosciuta la sussistenza dei giustificati motivi che dovranno essere specificamente indicati nella motivazione del provvedimento del collegio.

A tal proposito, pur nell’assoluta mancanza di specificazioni normative, può affermarsi che le ragioni del differimento debbano essere rinvenute principalmente nella necessità’ di una tempistica meno serrata per procedere agli opportuni approfondimenti nello studio e nell’analisi del materiale probatorio. Ed è ragionevole prevedere che in casi siffatti “ben difficilmente il tribunale sarà indotto a rigettare la richiesta, essendo ovviamente non estranee, anche al collegio giudicante”, le predette esigenze26.

25 R. Orlandi, “Procedimenti speciali”; G. Conso, V. Grevi, M. Bargis, “Compendio di

procedura penale” VII ed., Cedam, 2014, p. 758 s.

Piuttosto, v’è da chiedersi se il tribunale potrà differire l’udienza anche per motivi diversi da quelli segnalati dall’imputato.

Ad esempio, conferendo “rilievo alle difficoltà di ordine pratico e organizzativo che potrebbero sorgere per il collegio giudicante: e ciò soprattutto nelle ipotesi – tutt’altro che rare, soprattutto nei procedimenti di notevole complessità – di richieste cumulative di riesame, in cui soltanto alcuni dei ricorrenti decidano di avvalersi del potere di differimento”.

Il rigetto della richiesta formulata ex art. 309 comma 9-bis c.p.p. non è impugnabile, stante la mancanza di una previsione ad hoc.

Tuttavia, non si può escludere che il ricorso avverso l’ordinanza del tribunale includa motivi che traggano alimento dal mancato differimento dell’udienza, nella misura in cui taluno ritenga inficiata da nullità ai sensi dell’art. 178 comma 1 lett. c) una decisione emessa senza aver consentito all’imputato di usufruire di uno spazio difensivo

ulteriore, in considerazione della sussistenza di “giustificati motivi”.

Tra gli effetti del differimento della data dell’udienza, come già osservato, compare non solo la proroga del termine per la decisione, bensì anche quello per il deposito dell’ordinanza.

Invero, la Corte di Cassazione si è da tempo uniformata nel ritenere che il termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti riguardante la decisione sulla richiesta di riesame, dovesse reputarsi rispettato con il semplice deposito del dispositivo27, mentre per il deposito della motivazione, in assenza di previsioni specifiche, si faceva rinvio ai contenuti dell’art. 128 c.p.p., dove, come noto, è previsto un termine meramente ordinatorio di cinque giorni28, non di rado disatteso, nella prassi giudiziaria29.

27 Cass., Sez. Un., 17 aprile 1996, Moni, in Cass. pen. 1996, p. 3275; Cass., 6

ottobre 2011, Vecchiarelli, 2013, p. 1135.

28 Cass., 9 aprile 2014, M., in C.e.d., n. 259652. 29 G.Spangher, “Un restyling, cit., p. 533.

Questa opzione interpretativa, giustamente criticata da buona parte della dottrina30, finiva per sacrificare il diritto dell’imputato ad avere una tempestiva risposta alla domanda di controllo sulla legalità del provvedimento restrittivo: il deposito di una decisione non accompagnata dalla comunicazione delle ragioni che giustificano il mantenimento della misura cautelare personale non sembra poter assolvere al disposto dell’art. 5 n. 4 CEDU, che intende tutelare l’individuo contro l’arbitrio e che, quindi, deve assicurargli una garanzia fondamentale: “sapere il perché della propria detenzione”31.

Inoltre, anche se la nostra giurisprudenza fa decorrere i termini per il ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame dalla data del deposito della motivazione e non da quella del deposito del dispositivo32, non si possono negare evidenti conseguenze sul piano della

30 L. Kalb, “Motivazione ed effettività del sistema dei controlli”, in Le fragili garanzie,

cit., p. 174 ss.

possibilità di procedere in tempi brevi e comunque prevedibili all’impugnazione della decisione emessa ai sensi dell’art. 309 c.p.p..

Nel documento TRIBUNALE DELLA LIBERTA' (pagine 72-80)

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