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Diffusione, comunicazione e promozione: come arrivare al pubblico

La convergenza mediale ha condotto a una sempre più diffusa integrazione orizzontale dei diversi settori dell’industria dei media rispetto alla loro integrazione verticale. Sul piano sociale ciò ha determinato l’emergenza di “pubblici connessi”, dando vita a una cultura partecipativa, dove i pubblici possano diventare veri e propri re-makers, re-

distributors, re-actors.64

Inoltre l’ingente costo di produzione dei film impedisce alle piccole e grandi case di produzione e di distribuzione associate di realizzare un utile considerevole attraverso la sola theatrical window.65 Diventa dunque necessario distribuire un film attraverso

molteplici canali (oltre alla sala, tv, home-video, tv via cavo, e altri) e diffondere il

franchise in differenti mercati secondari, che possono risultare molto redditizi. La

diffusione della pratica del franchising che già aveva caratterizzato la New Hollywood della fine degli anni ’60, è oggi motivata dalla necessità dell’industria di trovare fonti di profitto “additive” alla produzione filmica “pura” e di ammortizzare i costi altrimenti insostenibili.66

Accade così che, negli anni ’70, il bisogno di coinvolgere il pubblico persuadendolo a prediligere il cinema tra le opzioni di consumo a sua disposizione - tv in primis - determini un vertiginoso aumento dei costi di produzione e marketing.

Tra gli anni ’70 e ’80 avviene un passaggio cruciale e rivoluzionario: il nodo strategico per il successo non sta più nell’integrazione delle attività all’interno dell’industria del cinema, ma nell’interazione di più industrie attive nell’ambito dei media, in grado di generare fruttuose sinergie.

Da allora fino ad arrivare all’ultimo ventennio, le strategie legate al marketing dell’audiovisivo hanno subito un cambiamento profondo e radicale: il risultato è stato un allargamento del raggio d’azione delle cosiddette “campagne promozionali” che devono sempre più coinvolgere il pubblico.

Se però gli investimenti e le spese per la pubblicità possono influenzare il numero iniziale di spettatori, e rafforzare la durata della programmazione, il successo finale del

64

Cfr. F. Zecca, Il cinema della convergenza. Industria, racconto, pubblico, Milano, Mimesis, 2012, p. 213.

65

Cfr. Ibidem, p.124.

66

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film è dovuto agli effetti poco prevedibili delle cascate d’informazioni scambiate dal pubblico.67

Molto dipende, infatti, da quello che viene comunemente definito il “passaparola” tra il pubblico, su cui anche la Cineteca di Bologna confida per la buona riuscita del progetto di distribuzione, come ha confermato Guy Borlée, coordinatore del Festival del Cinema

Ritrovato.68

Ciò mostra come l’idea di un pubblico composto di spettatori passivi sprofondati nelle poltrone dei propri salotti di fronte allo schermo sia stata ormai abbandonata e, allo stesso tempo, anche il concetto d’intrattenimento abbia subito una revisione, muovendosi verso l’idea di una fruizione più profonda e stratificata.69

Ci si aspetta un diverso coinvolgimento dello spettatore, più ricettivo alle informazioni e più attivo nel divulgarle in prima persona, divenendo inconsapevolmente parte della strategia di promozione del film.

Nel complesso reticolato delle strategie promozionali degli audiovisivi di oggi i social

network hanno acquisito un peso rilevante facendo della social experience del prodotto

una componente necessaria per un pubblico in cambiamento, che richiede sempre più interazione col prodotto.70 Il successo che un film ha presso il pubblico e i critici sta diventando una voce sempre più importante nel determinare la riuscita complessiva di un film.

Per quanto riguarda il progetto della cineteca bolognese, il passaparola è un’importante fonte di promozione, su cui la Cineteca stessa fa molto affidamento, ma si tratta di un meccanismo diverso da quello del passaparola che si crea tra spettatori che hanno assistito a una prima visione, o all’uscita di un film-evento, dal momento che i film distribuiti dalla cineteca sono grandi capolavori che cinefili e appassionati hanno già visto o di cui hanno già sentito parlare.

Nel caso dell’iniziativa bolognese una fonte sicura di successo sul pubblico risiede dunque nel fatto che i film siano già conosciuti e abbiano fatto la storia del cinema -

67

Cfr. F. Perretti, G. Negro, Economia del cinema, Principi economici e variabili strategiche del settore

cinematografico, Milano, ETAS, 2003, p. 170. 68

G. Borlee, Intervista del 25 ottobre 2013, Cineteca di Bologna.

69

Cfr. F, Zecca, Il cinema della convergenza. Industria, racconto, pubblico. Milano, Mimesis, 2012, p. 213.

70

Cfr. A. Akimoto, Social-Gaming and Traditional Media No Longer Deadly Focs, in “The Japan Times Online”, mercoledì 16 2011, http://www.japan-times.co.jp/text/nc.20111116aa.html

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motivo in più per andare a vederli, o rivederli sul grande schermo. Il passaparola giova, quindi, all’iniziativa, ma il motivo trainante è rappresentato dal tipo e dalla qualità dell’offerta dei film.

Per la stessa ragione la strategia di promozione è diversa rispetto a quella delle prime visioni, come ha precisato Andrea Ravagnan, responsabile dell’ufficio stampa della Cineteca e del progetto.71

Per il lancio di uno dei film del progetto della cineteca è difficile attirare l’attenzione della stampa e del pubblico con conferenze stampa-eventi cui partecipino regista e attori, perché non si tratta della promozione di un nuovo film. Per il caso bolognese sono, dunque, necessari strumenti e argomenti di diverso genere per raggiungere il pubblico.

Il passaparola degli spettatori è comunque utilizzabile come strumento pubblicitario indiretto, che definisce in altro modo i processi di trasferimento delle informazioni che sono generalmente considerati imprevedibili.

Per questo motivo, per esempio, vengono scelte per il lancio di un film alcune sale di prima visione nei centri cittadini a partire dalle quali il passaparola potrebbe avere una maggiore e più rapida diffusione.72 In alcuni casi anche un festival può rappresentare il test per comprendere, attraverso la reazione del pubblico ai film, se sia necessario apportare modifiche ai contenuti e alle forme della campagna di promozione già progettata o se sia opportuno procedere con nuove iniziative.73

A questo proposito il festival del Cinema Ritrovato è stato sicuramente “il trampolino di lancio” de Il Cinema Ritrovato al cinema: è dal successo dei film e dalle richieste di alcuni esercenti di poterli proiettare nelle proprie sale che la Cineteca ha cominciato a credere di più nel sogno della distribuzione e a mettere in piedi il progetto.

Il caso di Bologna è però, particolare, perché si tratta della distribuzione di film ancora considerati relativamente di nicchia, restauri di capolavori in lingua originale che il pubblico popolare italiano ancora fatica ad apprezzare a pieno.

71

A. Ravagnan, Intervista Bologna, 16 dicembre, 2013 in APPENDICE A.

72

Cfr. F. Perretti, G. Negro, Economia del cinema, Principi economici e variabili strategiche del settore

cinematografico, Milano, ETAS, 2003, p. 171. 73

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Di norma, la distribuzione di film di nicchia o indipendenti si fonda su schemi e strategie di comunicazione più mirati e meno costosi, come sta avvenendo per il progetto bolognese, la cui promozione tende a essere più mirata, a non fare sempre affidamento al grande evento pubblicitario e alla conferenza stampa di lancio, ma ricorre a meccanismi di promozione più ricercati e meno dispendiosi, contando sulla certezza di un riscontro su quel pubblico che già conosce i classici in distribuzione.

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