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Digital content curation: verso un personal infor mation management

2. L’avvio della ricerca: la dimensione esplorativa

2.4. Digital content curation: verso un personal infor mation management

Quando si parla di content curation ci si indirizza inevitabilmente ai luoghi e ai profili professionali legati a tutte le istituzioni il cui obiet- tivo è assicurare la conservazione di risorse culturali e stabilirne le procedure di accesso da parte degli utenti; parliamo di biblioteche, ar- chivi, musei, gallerie, etc.

L’obiettivo di rendere disponibile una risorsa e di garantirne a lungo la conservazione assume risvolti nuovi con il processo di digitalizza- zione richiedendo al professionista una serie di requisiti strettamente legati al concetto di information management literacy. Lee e Tibbo (2007) individuano, tra le condizioni essenziali per assicurare la con- servazione delle risorse digitali, la necessità di garantire la corretta

creazione di metadati e di usare standard aperti per i formati dei file e la codifica dei dati.

In questa sede non ci si occuperà di trattare il tema dal punto di vista del bibliotecario o del curatore. Le argomentazioni sulla formazione di tali profili, in virtù delle nuove forme di ricerca, catalogazione e valorizzazione delle risorse online, è tema sicuramente attuale e con- nesso ai servizi di supporto allo studio e all’attività di ricerca scienti- fica in campo educativo. Ma si ritiene opportuno, ai fini di una auspi- cata coerenza nella trattazione, indirizzare le traiettorie di riflessione sul profilo del ricercatore e sulle potenziali opportunità e barriere de- rivanti da una gestione, oggi, divenuta ancor più complessa delle in- formazioni pubblicate e accessibili nel web.

Si desidera porre l’accento su due variabili: l’autonomia del ricer- catore nella gestione dell’organizzazione dei prodotti digitali online, scaturiti dalle proprie ricerche nel web, e l’eventuale socializzazione di tale organizzazione. Cosa fa di un ricercatore un content curator, o meglio un social media manager? Di quali strumenti o servizi può av- valersi per gestire documenti, datasets, infografiche e qualunque tipo di risorse utili allo sviluppo del processo di scrittura e all’attivazione di un dialogo con la comunità online?

Acquisire autonomia nel processo di archiviazione e organizza- zione di risorse online pubblicate in diversi formati (testi, video, im- magini, etc.) e in diversi ambienti (siti web, repository, blog, social network, etc.) significa anche, per il ricercatore, poter scegliere le mo- dalità di organizzazione visiva che rendono maggiormente efficace tale operazione. La personalizzazione del processo si esplica, quindi, non solo nella selezione delle adeguate strategie di ricerca e selezione del materiale, ma anche nella scelta delle opzioni di visualizzazione della propria “collezione” (lineare, reticolare, etc.).

I social media ci offrono la possibilità di individuare il servizio o lo strumento più adatto alle nostre esigenze e, allo stesso tempo, di ren- dere pubblico il prodotto del processo di content curation in un’ottica di socializzazione con la comunità online.

Personalizzazione e condivisione sono due aspetti apparentemente divergenti. Se però interpretiamo il processo di content curation come un’attività che va oltre una mera “aggregazione” personale di conte- nuti e che si esplica in un’organizzazione ragionata in cui i singoli ele- menti sono corredati da note, commenti e link di approfondimento; il

valore di tale prodotto, proprio in virtù della personalizzazione del ri- cercatore, acquista un valore aggiunto per il potenziale utente interes- sato. Spilker e colleghi (2017) evidenziano il vantaggio per la comu- nità di poter usufruire di artefatti che, per la loro valenza scientifica, assumono, inoltre, anche un valore per la reputazione dell’autore stesso all’interno della comunità.

Una ricerca condotta nel triennio 2009-2011 da the British Library e the Joint Information Systems Committee (JISC, 2012) evidenzia l’uso predominante delle cosiddette reference management applica- tions (75% del campione).

L’indagine di tipo quanti-qualitativo ha riguardato le strategie di ricerca e, in generale, l’approccio dei dottorandi nei confronti delle tecnologie e ha coinvolto 72 istituti di formazione superiore e un cam- pione di circa 17.000 studenti di dottorato.

Le applicazioni, a cui si fa riferimento nel report di ricerca, sono i servizi di bookmarking e le piattaforme di file/reference management, ambienti progettati e sviluppati per la condivisione con la comunità scientifica.

Sono diversi i servizi che consentono la creazione di un ambiente che funga da “personal information management” e, allo stesso tempo, che mantenga il dialogo con la comunità.

Servizi di social bookmarking (ad esempio diigo) a cui si aggiun- gono servizi simili per logica, ma progettati per un’utenza accademica (ad esempio CiteUlike) svolgono la funzione di archivio di link/riferi- menti di risorse online. In tali ambienti è possibile costruire il proprio spazio personale di raccolta e organizzare le risorse attraverso tag se- guendo la logica della folksonomy. Una pratica comune, inoltre, è il cosiddetto “pivot browsing” (Smith, 2008) ossia, navigare all’interno della piattaforma grazie al supporto orientativo dei tag. Tale modalità si può esplicitare in diversi comportamenti: (1) selezione di uno spe- cifico tag per accedere alla lista delle risorse contrassegnate dallo stesso; (2) selezione dell’utente o del gruppo di utenti che usa quello specifico tag e/o (3) visualizzazione di altri tag correlati a risorse si- mili.

Aggregatori e strumenti web-based di digital curation sono, invece, ambienti con una struttura più semplice in cui è possibile visualizzare in una o più pagine la raccolta dei siti o delle pubblicazioni online di

interesse (siano esse testi, video o podcast) attraverso un sistema inte- grato di feed13. Un esempio di aggregatore è Netvibes

(https://www.netvibes.com) che consente all’utente di organizzare la propria dashboard, una pagina in cui monitorare i contenuti di inte- resse. Uno dei vantaggi di Netvibes è sicuramente l’aspetto legato alla forte libertà di personalizzazione dell’ambiente che permette all’utente di scegliere anche l’aspetto grafico del layout e i widget dei social net- work da inserire. Funzionalità simili sono offerte da ambienti di digital curation come Scoop.it (http://www.scoop.it/) la cui interfaccia si pre- senta come quella di un giornale in cui sono raccolte e mostrate le no- tizie.

Servizi ibridi come Mendeley si propongono in una doppia veste: al supporto nella gestione dei propri riferimenti bibliografici (refe- rence management), condotta su piattaforma online (con la possibilità di sincronizzare i dati attraverso un applicativo desktop), si aggiun- gono le funzionalità legate a un sito di networking.

I rischi legati all’uso di tali servizi sono rintracciabili nella facilità con cui gli ambienti stessi vengono dismessi e non sempre con una guida alla migrazione dei dati archiviati in altre piattaforme. Questa insicurezza caratterizza tutti gli ambienti web 2.0 che, per loro natura, vivono in uno stato di perpetual beta, ossia sono in continua evolu- zione e aggiornamento.