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Nella sua rivisitazione critica del liberalismo e del femminismo, Nussbaum, come Susan Moller Okin, sostiene che l’idea di famiglia come sfera del privato ha caratterizzato anche il pensiero liberale contemporaneo; essa viene intesa come “cellula primaria”, fondante della società, ma allo stesso tempo appannaggio di un potere maschile tradotto come libertà naturale.

La distinzione pubblico-privato è stata di fatto funzionale alla libertà e alla privacy maschile. Le teorie liberali, a eccezione di Mill, hanno trattato sempre la famiglia come nucleo elementare naturale (e pertanto immutato e immutabile), ignorando il ruolo storico che ha assunto la tradizione nel costruire le istituzioni familiari.

Trattando la famiglia come sfera privata e ignorando il ruolo performativo che le leggi hanno su di essa, si rinvenirebbe, nella contingente propensione delle donne all’attività domestica e di cura o all’affetto e al sacrificio, la prova di un istinto naturale tipicamente femminile, rimuovendo tutto il peso della tradizione e della società nel plasmare emozioni e sentimenti.301

Sulla scia di Mill, Marta Nussbaum denuncia l’inattendibilità e inaffidabilità del costume e ancor di più la pretesa di assumerlo come inevitabilità di un destino.302 La famiglia e la vita delle donne sono stata definite e controllate dal costume e ogni appello ad un discorso di naturalità è privo di fondamento reale. Il dilemma della famiglia rappresenta il nodo più difficile da sciogliere. E’ il problema più difficile

301 M. C. Nussbaum, Diventare persone, cit., p. 8. 302 Ivi, p. 9.

128 che la teoria liberale deve risolvere.303

La famiglià è il luogo dove si dispensano cura, protezione e affetto, ma anche l’istituzione sociale, in cui prendono forma e si consolidano rapporti di potere tra i sessi, “umiliazioni e violenza sessuale”

304; è il “contesto dove gli individui le attuano e le trasmettano alle

generazioni future”. Una società giusta, impegnata a dotare tutti suoi cittadini dei diritti fondamentali di base, “dev‘essere in grado di imporsi sulla famiglia in nome della giustizia”.305

La teoria della giustizia deve evitare che la famiglia rimanga un luogo indifferente ai principi di giustizia, estraneo ai diritti. Nussbaum rileva che Rawls per primo, definendo la famiglia come struttura di base della società, la descrive come una di quelle istituzioni, in cui dovrebbero essere applicati i principi di giustizia.

“La costituzione politica (con l’indipendenza del giudiziario), le forme di proprietà legalmente riconosciute, la struttura dell’economia (che può essere per esempio un sistema di mercati concorrenziali con proprietà privata dei mezzi di produzione) e, in una forma o nell’altra, la famiglia sono tutte cose che appartengono alla struttura di base”.306

Tuttavia, come evidenzia Nussbaum, Rawls cade in contraddizione quando afferma che i principi di giustizia non possono essere applicati alla “vita interna della famiglia”:

“Poiché la giustizia come equità parte dal caso specifico della struttura di base, i suoi principi regolano tale struttura”, al punto che “Imprese, sindacati, chiese,

303 M. C. Nussbaum, Il futuro del liberalismo, cit., p. 122. 304 Ibidem.

305 Ibidem.

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università, famiglie devono sottostare a vincoli derivanti da tali principi”, anche se tali vincoli sono operanti in modo indiretto”.307

Alla stregua delle università, delle chiese, di altre associazioni volontarie i principi di giustizia possono esercitare una pressione dell’esterno, ma non possono regolarne l’organizzazione interna.

Qui Nussbaum coglie l’incoerenza più profonda nella proposta di Rawls: non si può considerare la famiglia come la struttura fondamentale della società e allo stesso tempo paragonarla ad un’associazione volontaria come chiesa, università. Questa “struttura di base” della società incide, però, sulle sorti delle persone che ne fanno parte ed è assai diversa dalle altre associazioni. I bambini, e spesso anche le donne, sono ostaggio dell’organizzazione sociale della famiglia e la loro partecipazione alla struttura di base non è affatto volontaria. La famiglia non è una associazione volontaria ma essa è una struttura tradizionale-culturale condizionata dalla cultura di appartenenza e può, quindi, diffondere valori antiliberali.

Rawls offre ancora una visione romantica della famiglia, come unità naturale e prepolitica, rimuovendo le componenti storiche e culturali della sua fondazione.308 Senza dubbio per Nussbaum non si può ignorare il ruolo dello Stato nella nascita e nell’organizzazione della famiglia. Lo stato decide e definisce quali realtà possano essere considerate famiglia con le sue leggi. Lo stato è presente fin dall’inizio nella costituzione della famiglia, perché lo stato ne definisce la natura giuridica e politica.

Invece di chiedersi fino a che punto è giusto che lo stato possa interferire sul funzionamento interno della famiglia, avrebbe dovuto

307 Ibidem.

130 riconoscere fin dall’inizio il ruolo fondativo che il primo ha sulla seconda, sì da applicare direttamente anche all’interno di questa i principi di giustizia, in conformità e sintonia con lo sviluppo umano delle capacità fondamentali, prevenendo ogni forma di abuso e discriminazione.

Rawls, per Nussbaum, cade proprio in quella trappola che aveva sempre cercato di evitare: il comunitarismo. Infatti, considerando la famiglia come un’unità organica, monolitica, estranea all’interferenza dello Stato, finisce per accordare alla famiglia quei diritti che il multiculturalismo vuole accordare ai gruppi. In sintesi Nussbaum rifiuta la definizione di famiglia come associazione impermeabile all’ingerenza dei principi generali della giustizia e dell’intervento dello stato. Muove, invece, da prospettive diverse, partendo realmente, in conformità con il liberalismo, dall’individuo e dalla pretesa che ognuno ha di diventare una persona.

Non c’è alcun bisogno di condividere la presunzione che tutte le funzioni attualmente associate alla famiglia siano legate ad una singola istituzioni. Nussbaum ammette l’esistenza di altre forme di convivenza familiare che non siano gestite esclusivamente dallo stato. L’incapacità di pensare ad un modello di relazioni sociali alternative è dovuto piuttosto a mancanza di “immaginazione o di esperienza”.

Il suo, è un “approccio dichiaratamente contestuale”,309 volto ad esaminare volta per volta come e quali politiche pubbliche possano promuovere le capacità umane.310

Le leggi che regolano il matrimonio e il divorzio costituiscono un’interferenza statali molto profondi. Lasciare che le cose seguano il loro corso significa attuare una modalità di non intervento. Significa essere

309 Su questo punto si veda E. Greblo, Dai diritti alle capacità. L'universalismo contestuale di Martha

Nussbaum, in Filosofia Politica, Bologna, Il Mulino, 2002, pp. 249-276.

131 neutrali.311

Il disaccordo non nasce di fronte al riconoscimento dell’importanza di alcuni interventi normativi sulla famiglia, quanto invece al ruolo che viene loro attribuito: infatti, mentre Rawls li vede come elementi di coercizione esterna, Nussbaum, invece, come contributi costitutivi a un’istituzione che è la struttura fondamentale della società.

Nussbaum li inquadra come atti performativi, Rawls come atti di coercizione esterna su un istituzione già performata. Non serve, per Nussbaum, che lo Stato controlli la famiglia dall’esterno, allo stesso modo i cui controlla l’università privata, in virtù del legame giuridico che lo Stato ha con il matrimonio. La famiglia è parte della struttura di base della società e ad essa vanno applicati i principi di equità entro i limiti posti dal rispetto delle libertà personali.

Come Rawls Nussbaum, in quanto pensatrice liberale, sostiene che è contro lo spirito liberale l’imposizione da parte dello stato di un’equa divisione del lavoro domestico. Le motivazioni sono però radicalmente diversi.

Nussbaum mira a proteggere le “capacità” individuali di scelta e di espressione. Per Rawls invece è sbagliato che lo stato intervenga nel funzionamento interno di una data istituzione. Tuttavia per Nussbaum forme di comportamento discutibili dovrebbero avere meno protezione nella famiglia che in una forma di associazione volontaria. La famiglia viene costituita e conformata secondo le leggi.

Acconsentire alla dote in India, per esempio, non è una forma di neutralità dello stato, ma è un altro modo di costruire una parte della sfera pubblica, ponendo le donne in una condizione di vulnerabilità. Di contro è importante considerare altre modalità familiari che costituiscono il centro

311 Ibidem.

132 della vita affettiva delle donne.

Rawls non accetterebbe mai un sostegno di questo tipo, perché sarebbe un sostegno dello stato ad una concezione del bene piuttosto che ad un’altra.

Per Nussbaum invece bisognerebbe agevolare programmi che rendano le donne autosufficienti economicamente, infondendo fiducia nelle loro capacità. Non si tratta di un programma coercitivo, ma di un’azione governativa che favorisca la trasformazione di quelle norme sociali che modellano la giustizia, promuovendo le capacità di quelle che ne sono sprovviste. Nussbaum ritiene che Rawls rimane indifferente alla distinzione pubblico-privato tradendo lo spirito fondamentale del liberalismo politico, visione impegnata a rispettare ogni persona come un fine.

Per Nussbaum allora c’è bisogno di un liberalismo neo- aristotelico, basato sull’idea delle capacità umane quale obiettivo politico centrale.312 La revisione della struttura della famiglia è implicata in questo processo. La ricerca liberale della giustizia incontra maggiori difficoltà proprio nella sfera della famiglia, quel luogo dove avvengono sia l’intima definizione di sé, sia le maggiori ingiustizie. Questa tensione vive nello spirito del liberalismo, un conflitto produttivo che dimostra la complessità della vita umana e che ci induce a immaginare sempre qualcosa di nuovo e di diverso per un nuovo orizzonte utopico, in cui assumano legittimità anche altre forme di vita.

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