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Diligenza, codici etici, “credo aziendali” e rapporti con gli standard comportamentali ricavabili dalla contrattazione collettiva

7. Diligenza e autonomia collettiva

7.1. Diligenza, codici etici, “credo aziendali” e rapporti con gli standard comportamentali ricavabili dalla contrattazione collettiva

Una sede nella quale la diligenza può andare incontro a ulteriori e puntuali specificazioni è oggi individuabile, in una prospettiva che appare destinata ad espandersi, nei codici etici, di cui le imprese sono chiamate a dotarsi in relazione allo svolgimento di determinate attività economiche140 ovvero nell’ambito degli adempimenti finalizzati a prevenire particolari forme di responsabilità141.

A fronte della vivacità del dibattito sui livelli di vincolatività dei codici etici e in particolare sull’idoneità ad operare quali fonti di obbligazioni nei confronti dei diversi portatori di interessi con i quali l’impresa intrattiene rapporti142

, è sufficientemente pacifico e normalmente ribadito dagli stessi come tali codici definiscano una serie di

137 Sulla attendibilità delle previsioni del contratto collettivo in merito alle conseguenze sul fronte disciplinare delle violazioni del dovere di diligenza, tra le altre, Cass.10 dicembre 2004, n. 23120; Cass. 11 novembre 2000, n. 14615; Cass. 14 luglio 2004, n. 6597 cit.; Cass. 13 giugno 1984, n. 3521.

138 Evidenzia la distinzione, Viscomi, A., 2010, 638. 139

Come ammettono, invece, tra le altre, Cass. 16 agosto 2004, n. 15932; Cass. 14 aprile 1994, n. 3497; Cass. 28 marzo 1992, n. 3485; Cass. 11 maggio 1985, n. 2551.

140 Cfr. in tal senso l’art. 31, comma 3, lett. d ed e, del D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59, di attuazione della direttiva 2006/123/CE, del Parlamento e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno.

141 Ed è questa l’ipotesi dei codici etici adottati nell’ambito dei modelli di organizzazione e controllo previsti dal D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, quali condizioni per l’esenzione delle imprese dalla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche derivante da reato. Sul punto, anche per ulteriori, ampi, richiami di dottrina, Bernasconi, A., 2008, 132 ss. nonché, in tema di linee guida per la definizione dei contenuti del codice etico, Confindustria, 2008, 26 ss.; Abi, s.d., 22 ss.

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vincoli comportamentali i quali arricchiscono e puntualizzano i doveri del prestatore di lavoro, contribuendo a delimitare l’area della responsabilità per inadempimento.

Conseguentemente, i codici etici appaiono investiti di una funzione integrativa nel senso che, seguendo l’ordine di gerarchia delle fonti (in senso sostanziale), il codice etico opera come una puntualizzazione teleologicamente orientata dei doveri del prestatore di lavoro e come tale rappresenta un parametro per l’individuazione degli standard ricollegabili alla diligenza di cui all’art. 2104 c.c.

Dalla matrice normalmente unilaterale dei codici (di cui la legge richiede l’imputabilità al soggetto imprenditoriale e perciò solitamente adottati dai datori di lavoro – società di capitali con delibera del consiglio di amministrazione, anche se non mancano significative esperienze di coinvolgimento del sindacato143) discende, però, sul fronte degli obblighi imposti ai prestatori di lavoro, la loro subalternità al contratto collettivo quale prima e inderogabile sede di puntualizzazione dei doveri del lavoratori e di delimitazione e procedimentalizzazione dei poteri imprenditoriali144.

Così come, in applicazione della previsione dell’art. 7, primo comma, della legge n. 300 del 1970 si attribuisce al codice disciplinare aziendale la funzione di specificare le enunciazioni delle clausole del contratto collettivo in materia disciplinare, operanti quale paradigma generale delle modalità e dei limiti di esercizio del relativo potere, così i codici etici appaiono definibili, per la parte dedicata alla condotta dei prestatori di lavoro, come versioni teleologicamente orientate dei regolamenti aziendali145.

Ancora più emblematica della necessità di chiari criteri di selezione tra i diversi potenziali standards si rivela l’esperienza, caratterizzata da un minor grado di diffusione, dei c.d. “credo” aziendali che provvedono a definire, è stato detto, in termini prossimi a quelli dei dettami religiosi, i sistemi valoriali ai quali l’impresa dichiara di volersi ispirare in ogni suo contatto con la società146.

Al di là delle possibili interferenze con la garanzie di rispetto della vita privata e delle opinioni del lavoratore riconosciute dalle disposizioni costituzionali e statutarie (interferenze che risultano connesse alla circostanza della “necessitata” condivisione dei

143 Esiste anche, come evidenza Del Punta, R., 2006, 49, un potenziale e consistente spazio di intervento della contrattazione collettiva, come dimostrato da importanti esperienze pionieristiche come quella degli accordi Merloni del 2002. Per una ricognizione dei codici di condotta / accordi quadro in materia di responsabilità sociale delle imprese cfr. Lama, L., 2005.

144 Nello stesso senso, con riferimento alle interrelazioni tra contrattazione collettiva e modelli di

Corporate Social Responsibility, Ferrante, V., 2006, 95. Questo vincolo di coerenza tra il codice etico e il

contratto collettivo viene normalmente rimarcato sia dagli interpreti sia dai codici stessi con riferimento, ad esempio, all’apparato sanzionatorio connesso al rispetto dei codici, ossia al sistema disciplinare facente parte del modello di organizzazione e di gestione di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001 ma per chiare ragioni sistematiche si estende sicuramente anche alla parte prescrittiva, oltre ad interessare quella punitiva. Si v., con riferimento ai codici etici adottati in attuazione del D.Lgs. n. 231 del 2001, Bernasconi, A., 2008, 152. 145 In ragione della loro provenienza e collocazione nel sistema delle fonti di disciplina del rapporto di lavoro, pertanto, la funzione tanto precettiva quanto integrativa del generale dovere di diligenza assolta da tali codici non può non esplicarsi in via subalterna rispetto alla fonte collettiva, rispetto alla quale non è configurabile, come è stato anche recentemente rimarcato in dottrina (Pedrazzoli, M., 2012), una sostituibilità o una modificabilità da parte del regolamento aziendale.

39 “valori” aziendali da parte del prestatore di lavoro147

), va evidenziato come non solo per la loro provenienza unilaterale ma anche perché, al contempo, i “credo” si pongono come frutto di una visione “atomistica” e fisiologicamente autoreferenziale dell’etica d’impresa, accolta da una particolare e specifica componente sociale (ossia in quanto espressione della prospettiva di un singolo soggetto, vale a dire della singola impresa), ai fini che qui interessano questi documenti non appaiono immediatamente assimilabili, a differenza del contratto collettivo, al concetto di standard valutativo.

Questo soprattutto perché, diversamente da quest’ultimo, i “credo” aziendali di per sé non rappresentano, in considerazione del loro consueto processo genetico, il momento di sintesi del confronto fra gli attori riconosciuti dall’ordinamento come interpreti della realtà sociale a cui le clausole generali, come più volte ricordato, intendono rinviare.

Si tratta, diversamente, di testi che accolgono o fanno propri unilateralmente e ”dall’alto” determinati “valori” i quali, tuttavia, non possono assurgere al rango di

standard per il solo fatto di essere accettati dall’impresa, circostanza di per sé – a ben

vedere – del tutto neutra. Questa visione, è stato detto, “aziendalmente identitaria” potrà influire sui contenuti della sfera debitoria sono qualora esprimano o si richiamino a sociali condivise anche oltre i confini dell’azienda, o meglio, dei suoi organi di vertice.

È possibile, in linea ipotetica, che dall’adesione individuale “indotta” al “credo” aziendale discendano, quando siano puntualmente esplicitati, specifici vincoli comportamentali sostanzialmente analoghi a quelli dettati dai codici etici; vincoli che, in ossequio al principio di inderogabilità del contratto collettivo da parte degli accordi individuali, non potranno operare se non in funzione integrativa degli obblighi previsti

dal contratto collettivo.

In alternativa i “credo” aziendali, in quando atti unilaterali pur accettati dal lavoratore saranno leggibili come adesione o recepimento di determinate

Weltanschauungen le quali, tuttavia, potranno assumere rilevanza ai fini della

concretizzazione della clausola generale di diligenza solo se e nella misura in cui rispecchino modelli di comportamento socialmente – e non solo aziendalmente – considerati come dovuti, ossia legittimati dalla realtà sociale esterna all’azienda e come tali recepiti e condivisi dall’impresa quali adeguati standard di responsabilità sociale corrispondenti al modello etico prescelto.

A differenza del contratto collettivo, pertanto, tali atti, a meno che non siano concordati con le organizzazioni sindacali (con l’obiettivo di una accettazione condivisa della necessaria considerazione di alcuni fattori socialmente rilevanti nell’adozione delle decisioni aziendali148), non operano, di per sé stessi, come fonti costitutive di determinati valori e relativi sistemi di valutazione, potendo acquisire rilevanza giuridica, anche ai fini del rispetto della regola di diligenza, in quanto si conformino a determinati e pressistenti

147 Giustamente Viscomi, A., 2010, ult. loc. cit. parla di “espropriazione del consenso”. 148 Lama, L., 2005, 100 s.

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standard, generalmente o largamente condivisi nel mondo della produzione o nello

specifico settore in cui opera l’impresa datrice di lavoro149

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