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dinamica delle fonti internazionali

Nel documento RIASSUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE (pagine 22-26)

• Dinamismo del diritto internazionale generale → i singoli Stati e i loro organi possono fare e disfare il diritto internazionale. Non esiste un’autorità legislativa superiore che stabilisca quali atti o mancati comportamenti siano “diritto” vigente. Nel diritto consuetudinario ogni atto o inazione costituiscono in tempo reale il processo di formazione, modifica o estinzione delle norme, senza che ci sia nessun altro meccanismo oggettivo ad influire sul processo. La dinamica del d.i. vale per il diritto internazionale generale, mentre i trattati operano più o meno come la legge interna.

• Dinamica del diritto internazionale e la teoria delle fonti → esiste un diritto internazionale oggettivamente vigente, risultante dalla sussistenza dei requisiti richiesti dalla teoria delle fonti internazionali. Una norma internazionale esiste se è sorretta dalla prassi e dall’opinio juris della generalità degli Stati, indipendentemente dall’atteggiamento dei singoli Stati. Un trattato vige

solo a seguito del perfezionamento del procedimento conclusivo e dell’entrato in vigore. Il diritto internazionale oggettivamente vigente è quello che deriva dagli Stati uti universi e che si è formato nel tempo, secondo i requisiti richiesti dalle fonti. Un organo statale che applica ad un caso concreto la norma internazionale oggettivamente vigente, da un lato adempie a ciò che prescrive la norma, e dall’altra rafforza la giuridicità della norma; la norma non esiste a priori, quindi il comportamento favorevole o no dell’organo statale risulta indispensabile.

Esistono diverse presunte fonti internazionali, che in realtà non sono o non corrispondono a fonti internazionali vere e proprie, ma la cui importanza dinamica e sistemica per le fonti vere è spesso determinante. Ci riferiamo al ruolo propulsivo o frenante che nel diritto internazionale hanno i c.d.

persistent objector, la giurisprudenza, l’equità, il soft law, la dottrina, l’opinione pubblica, le esigenze essenziali di diritto interno e lo jus cogens. Sono quindi una varietà di fattori che, pur non essendo fonti autonome di d.i., vengono presi in considerazione dagli Stati e dunque svolgono una funzione importante e influente nel sistema.

L’art. 38, par. 1, lett. d, dello Statuto della CIG prevede che la Corte applichi, nella soluzione delle controversie che le sono sottoposte, le “decisioni giudiziarie” come “mezzi sussidiari per la determinazione delle norme giuridiche”. Le decisioni giudiziarie non sono di per sé fonti di d.i., però possono contribuire a formare o aiutare ad individuare le norme internazionali.

a) Giurisprudenza internazionale → le sentenze internazionali vincolano giuridicamente le parti, ma la loro obbligatorietà deriva dall’accordo con il quale le parti si sono sottoposte alla giurisdizione della Corte che le emana. Le sentenze internazionali non sono fonti autonome di diritto internazionale e dunque non basta richiamare meccanicamente una o più sentenze per dimostrare l’esistenza di una norma internazionale generale. Quello che conta è dimostrare che esse corrispondano alla prassi generalizzata e all’opinio juris degli Stati. I giudici internazionali possono esprimere anche un’opinio necessitatis, cioè l’esigenza che una norma ancora inesistente possa formarsi in futuro, dando così una spinta alla trasformazione del diritto.

b) Giurisprudenza statale → le sentenze nazionali, proprio perché provengono dagli Stati. non sono di per sé fonti di diritto internazionale. Esse possono comunque influire sulla formazione di nuove norme internazionali generali, sia esprimendo un’opinio necessitatis che costituendo una prassi statale. La giurisprudenza di un singolo Stato o di un solo gruppo di Stati non è sufficiente per dare luogo ad una norma internazionale generale, ma è necessario che la prassi provenga dalla generalità di Stati (non per forza tutti).

Il ruolo che la giurisprudenza svolge nella dinamica del diritto consuetudinario è quello di influire, e a volte determinare, il suo modo di essere: l’applicazione della norma da parte del giudice la rinforza, il rifiuto di applicarla la indebolisce. L’applicazione incide anche sull’interpretazione. I giudici, in particolare quelli interni, devono quindi essere consapevoli della funzione che svolgono per quanto riguarda le ripercussioni e l’efficacia successiva della norma.

Nella prassi e in dottrina si parla di soft law, ovvero “diritto morbido”, per indicare norme o princìpi che, pur non essendo giuridicamente vincolanti, potrebbero produrre effetti giuridici di portata minore. Ne sono parte le raccomandazioni internazionali, le risoluzioni e le dichiarazioni di princìpi dell’AG ONU, i codici di condotta, i programmi di azione, le dichiarazioni statali di intenzioni, e ogni altro atto che non costituisce un trattato vero e proprio. Gli atti di soft law vengono adottati principalmente perché sono più veloci da approvare e più facili da modificare (soprattutto in materie tecniche che richiedono revisioni costanti), inoltre non devono necessariamente essere ratificate dagli Stati, cosa che invece sarebbe necessaria per i trattati. Ovviamente non sono vincolanti.

Le dichiarazioni di princìpi dell’Assemblea generale (ex. Dichiarazione universale sui diritti dell’uomo 1948) sono fonti di diritto internazionale, mentre le raccomandazioni adottate sulla base dell’art. 10 della Carta non vincolano gli Stati membri. In generale sia dichiarazioni di princìpi che raccomandazioni possono rispecchiare l’opinio juris della maggioranza degli Stati. Le raccomandazioni non sono vincolanti e non producono effetti giuridici di alcun tipo, ma possono

essere liberamente seguite dagli Stati; hanno la funzione di promuovere un diritto internazionale futuro, ritenuto più giusto dalla comunità degli Stati.

L’art. 38, par. 1, lett. d, dello Statuto della Corte internazionale di giustizia menziona la “dottrina degli autori più qualificati delle varie nazioni” come mezzo sussidiario per la determinazione delle norme giuridiche che la Corte deve applicare. La dottrina non è di per sé fonte di norme internazionali, ma può aiutare a determinarle. Per dottrina si intendono non solo i singoli studiosi del diritto internazionale, ma anche la “comunità scientifica” o le c.d. comunità epistemiche, ovvero le comunità di conoscenza condivisa di scienziati esperti, in particolare le associazioni private che si dedicano autorevolmente allo studio del d.i. (ex. società nazionali o regionali). Non è raro che la giurisprudenza, sia statale che internazionale, esamini la dottrina per stabilire se una norma internazionale esista e quale ne sia il contenuto. In sintesi, l’importanza della dottrina deriva dall’analisi che effettuata sul diritto con “uno sguardo al presente e uno all’avvenire”.

Per opinione pubblica può intendersi l’espressione diretta della “società civile globale”, composta dall’insieme di soggetti privati (persone fisiche e giuridiche) che possono far valere interessi dell’umanità o di popoli e gruppi marginali o dei singoli Stati, attraverso organizzazioni non governative transnazionali, umanitarie, ambientaliste, ecc., o altre forme di organizzazione privata transnazionale, ivi compresi i movimenti sociali di resistenza e le comunità epistemiche.

Le ONG svolgono azioni di rilievo internazionale. Vengono riconosciute dai giudici per avere informazioni relative a particolari tematiche e dal 1986 sono riconosciute come soggetti giuridici dalla Convezione europea. L’art. 71 della Carta dell’ONU prevede la partecipazione delle ONG nelle sue attività, utili all’ONU per farsi considerare come organizzazione rappresentante dei popoli e non solo degli Stati e utile alle ONG per acquisire credibilità. Le ONG comunque non sono fonti del diritto internazionale, ma bisogna prendere atto del fatto che sempre più partecipino alla creazione del diritto soprattutto mediante la pressione sugli Stati (a ratificare o meno trattati, a comportarsi in un certo modo). La loro ragion d’essere è spiegabile quindi in una prospettiva dinamica. Il loro ruolo è quello di promuovere un diritto “migliore” per il futuro.

All’interno di uno o pochi Stati è possibile che, in base a quanto scritto sulle Costituzioni, si impongano certi valori che però sono contrari al diritto internazionale. Tali valori potrebbero essere validi a livello internazionale: il giudice nazionale applica la norma interna violando il diritto internazionale ipoteticamente contrario, aprendo però la strada al cambiamento. La giurisprudenza interna può far sì che cambi la regola di diritto consuetudinario e lo faccia per rispettare certi valori di giustizia interni: il giudice deve rispettare la sua Costituzione e qualora tale valore non sia presente nel diritto internazionale si potrebbe “promuovere” un nuovo valore che potrebbe poi essere applicato da tutti (la violazione rimane comunque tale fin quando e se si crea la consuetudine). La non violabilità del diritto internazionale è prescritta nell’art. 27 della Convenzione di Vienna del 1969 e negli art. 3 e 32 Progetto CDI del 2001. È possibile derogare la regola? Solo secondo Conforti, il resto della dottrina non è d’accordo. Comunque non tutte le violazione sono uguali: è bene distinguere quella che nasce e muore come violazione da quella che nasce per produrre un cambiamento del diritto vigente (e ovviamente, il diritto consuetudinario è modificabile solo tramite violazioni; ex. caso Ferrini).

Una parte della dottrina, oggi forse prevalente, crede che esista un nucleo più forte del diritto internazionale, composto da valori fondamentali considerati inviolabili, e che esso goda di status superiore. La sentenza Furundzija 1998 afferma che lo jus cogens goda di rango più elevato. Si parla di jus cogens o “diritto imperativo” per indicare alcune norme internazionali che non sono soltanto vincolanti come qualsiasi norma giuridica, ma hanno, in più rispetto a tutte le norme internazionali, una serie di caratteristiche tali da renderle prevalenti sulle altre in caso di conflitto. Si tratta ad esempio del divieto di aggressione, di genocidio, di tortura, di schiavitù, di discriminazione

razziale, così come del principio di autodeterminazione dei popoli e delle norme fondamentali del diritto internazionale umanitario. Queste norme sono più importanti delle altre, quindi non ricadono nella disponibilità delle parti: il trattato in contrasto con lo jus cogens è da ritenersi invalido (Di invalidazione si parla in diversi articoli della Convenzione di Vienna del 1969). Lo jus cogens internazionale non costituisce una fonte autonoma di diritto internazionale e non è superiore né alla consuetudine né al trattato, ma influisce alla formazione del diritto internazionale futuro.

Il termine jus cogens è di origine romanistica e si ricollega all’idea che alcune norme fondamentali dell’ordinamento giuridico, diversamente da tutte le altre, non possono essere derogate dai singoli consociati mediante accordi o altri tipi di comportamento. Si è sostenuto talvolta che lo jus cogens viga nell’ordinamento internazionale come principio generale di diritto in quanto previsto dalla gran parte degli ordinamenti statali, ma se così fosse (contraddittoriamente) sarebbe, anziché superiore, soltanto un suppletivo alla consuetudine e ai trattati.

Nel diritto internazionale lo jus cogens è definito e disciplinato dagli artt. 53 e 64 della Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati. Va evidenziato che queste sono le uniche due norme internazionali a disciplinare lo jus cogens:

• art. 53 → definisce una norma cogente, ai fini della Convenzione, come «una norma di diritto internazionale generale accettata e riconosciuta dalla comunità internazionale degli Stati nel suo insieme come una norma della quale non è permessa alcuna deroga e che può essere modificata soltanto da una norma successiva di diritto internazionale generale che abbia lo stesso carattere» e stabilisce che un trattato il cui contenuto deroghi ad una norma così definita è invalido.

• art. 64 → aggiunge che una norma cogente, qualora sopraggiunga, estingue trattati contrari preesistenti.

Ai due articoli si aggiungono nella Convenzione altre disposizioni sullo jus cogens collaterali:

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art. 66 → la soluzione delle controversie riguardanti l’applicazione e l’interpretazione degli artt.

53 e 64 spetta alla CIG, ove non si ricorra ad arbitrato.

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art. 44, par. 5 → dispone l’inseparabilità delle clausole colpite dalla dall’invalidità, nel senso che in caso di conflitto con una norma cogente il trattato è invalido o si estingue nel suo insieme e non soltanto della singola clausola incompatibile.

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art. 71 → specifica gli effetti dell’invalidità e dell’estinzione.

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art. 65 → consente di far valere l’invalidità o l’estinzione sulla base delle norme stabilite dalla Convenzione di Vienna 1969.

Né nell’art. 53, che è la norma-chiave dello jus cogens, né nel resto della CV 1969 viene specificato quali siano le norme cogenti, limitandosi a darne una definizione (con la quale è possibile identificarle in concreto) e creare un regime giuridico di invalidazione ed estinzione dei trattati.

Il Progetto sulla responsabilità degli Stati (2001) della Commissione del diritto internazionale, privo di valore vincolante, indica lo jus cogens come diritto internazionale generale. Il Progetto stabilisce che una serie di cause che escludono l’illecito dello Stato (ex. consenso dello Stato leso, legittima difesa, adozione di contromisure, forza maggiore, Stato di necessità) eccezionalmente non operano quando ad essere giustificata sarebbe la violazione di una norma di jus cogens: quando la norma violata è cogente, l’effetto di esclusione dell’illecito non si verifica e l’illecito resta illecito.

Inoltre, sono previste una serie di conseguenze speciali per la violazione grave di obblighi posti da norme interpretative di d.i. generale e limiti alle contromisure.

Alla CV 1969 e al Progetto 2001 vanno aggiunte una serie di sentenze internazionali e statali che, negli ultimi decenni, si sono riferite allo jus cogens in altri settori del diritto internazionale, soprattutto in materia di crimini internazionali. In queste sentenze lo jus cogens è stato richiamato per applicare i princìpi dell’universalità della giurisdizione e di imprescrittibilità del crimine, o per giustificare l’esercizio della giurisdizione statale in casi in cui lo Stato avrebbe altrimenti avuto l’obbligo di accordare l’immunità giurisdizionale sia ad organi che a Stati stranieri. Lo jus cogens comporta l’invalidazione delle consuetudini incompatibili e la delegittimazione degli atti pubblici interni, come affermato nella sentenza Furundžija (altri giudici hanno sostenuto che gli atti statali

pubblici contrari allo jus cogens perdono il loro carattere di atti sovrani al fine di evitare l’applicazione della “dottrina dell’atto di Stato”).

Quanto al problema dei rapporti tra jus cogens e obblighi erga omnes, nozione che pure aspira ricoprire le norme fondamentali della comunità internazionale nel suo insieme, l’opinione prevalente è nel senso che vi sia una coincidenza di fondo, anche se non mancano opinioni che al contrario difendono la differenziazione teorica delle due nazioni (come ci sembra corretto, ma con ragioni diverse da quelle qui sostenute e cioè) collocando lo jus cogens nella sfera privata e gli obblighi erga omnes in quella pubblica del diritto internazionale. A nostro avviso i due concetti sono differenti, perché in un caso si parla di invalidazione, nell’altro di imposizione. In pratica ogni studioso ha una sua idea riguardo lo jus cogens; chi vuole che il diritto vigente affermi quei valori si pone a suo favore, chi invece non riscontra tali valori nella prassi tende ad essere più scettico.

Ruolo dello jus cogens nel diritto internazionale:

1. promozionale → va collocato alla dinamica del diritto, poiché muove il processo di formazione o di trasformazione del diritto consuetudinario vigente, per avere un futuro migliore.

2. provvisorio → si estingue quando persegue il suo obiettivo.

3. educativo → educa gli Stati, spingendoli a conformare il loro comportamento ai valori sentiti come “superiori”.

Sezione 6: applicazione intra-statale del diritto internazionale

Nel documento RIASSUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE (pagine 22-26)