Nel panorama numismatico della Magna Graecia, la città di Kaulonía fa la sua comparsa nel terzo venticinquennio del VI sec. a.C. (la cronologia delle prime emissioni monetali della colonia è discussa, ma una data tra il 540 e il 525 sembra essere quella più probabile), quando, evidentemente in una fase di stabilità socio-politica e di sicura ric- chezza economica, inizia a battere moneta propria, coniando stateri di argento incusi, su piede di tipo Acheo o ‘Corinzio ridotto’.
L’episema prescelto, che ovviamente era così importante da costituire un elemento iconografico chiaro e immediato e un riferimento inequivocabile a una figura nella quale l’intera polis si poteva riconoscere e identificare, rimane per noi, ancora oggi, una vexata quaestio, se non un vero e proprio enigma. I bellissimi stateri, bordati da una treccia a due
capi, con linee di base a fila di perle per le figure e con iscrizione (spesso abbreviata in KAU
L
), rappresentano un’im-ponente figura maschile nuda, stante verso destra, con lunghi capelli, che brandisce nella destra un ramo con foglie (apparentemente di due diverse varietà vegetali: olivo e mirto?) e protende il braccio sinistro sul quale corre una pic- cola figura maschile retrospiciente, dai sandali alati, occasionalmente con una clamide sulle spalle, che regge in entrambe le mani un ramo. Nel campo, un cervo (con corna a palco) oppure una cerva, priva di corna (ma il mitico animale di Keryneiaaveva le corna anch’essa), che in genere volge il capo all’indietro, verso la figura principale. Que- sto tipo monetale rimane quasi costante, anche nei tipi in argento a doppio rilievo, fino agli inizi del IV sec. a.C., con poche variazioni nei soggetti e nello schema dell’emblema: l’animale può occupare anche il retro della moneta, la piccola figura in corsa può essere omessa, mentre nel campo compaiono altri elementi, quali altari con ghirlande,
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bacini (perirrhanteria) con un volatile, pesci, trappole per uccelli. Fin dalla metà del XVI secolo l’identificazione della sce- na ha prodotto infinite ipotesi, tra le quali quella più comunemente accolta è che si tratti di Apollo: il dio con Oreste col- pevole del delitto di matricidio, oppure con il figlio Aristaios o con uno dei suoi amati, Hyakinthos o Daphnis; Apollo
Katharsios(purificatore), accompagnato da Agnismoso Katharmos, la personificazione della lustrazione – se non Apollon- Katharmos, ovvero lustrazione egli stesso –, concetto al quale potrebbero far riferimento anche i più tardi bacini lustrali
nei quali si bagna un uccello; il dio Hekebolos(che colpisce a suo piacimento), accompagnato da Cholos, personificazione della sua ira che ricaccia i nemici, oppure da Boreas-Typhon, personificazione del vento impetuoso che purifica l’aria e che avrebbe liberato la città dai miasmi mefitici, forse della malaria (ma nelle fonti la regione era rinomata per la sua salu- brità), laddove Typhoncorrisponde anche al nome dell’eroe acheo, di Aigion, che secondo Pausania aveva fondato la cit- tà; Apollo con Eros, che sarebbe allo stesso tempo la personificazione della manteia, l’aspetto profetico del dio, e del suo amore per Daphne, simboleggiato dai rami di alloro (mentre per altri il ramoscello, kaulos, dal quale la città avrebbe pre- so il nome, sarebbe quello di una pianta ben precisa, la Pastinaca Sativa, erba medicinale che ebbe grande fama nell’an- tichità); semplicemente il dio delfico, o come fondatore della città, accompagnato da un daimonimprecisato, forse come messaggero; oppure Apollo che irradia la propria potenza purificatrice, raffigurata come un eidolon; o nella sua epicle- si di Daphnephoros, nella gloria della sua epiphaneia piuttosto che in posizione di attacco (ma l’iconografia è quella del fustigatore), la cui cerva sarebbe qui l’animale sacro ad Artemide Efesia, dea particolarmente venerata dalle Amazzo- ni, con riferimento alla mitica Klete; Apollo Daphnephorosche da Temperitorna a Delfi, nel proprio santuario, purifican- dolo con il ramo d’alloro, forse accompagnato dal pais amphitales, il fanciullo essenziale per alcune cerimonie religiose a lui legate. In definitiva, un Apollo Pizio e Dafneforo, vale a dire di tipo delfico, raffigurato nell’atto della katharsisdi un luogo, che pertanto eguaglia Kaulonía, purificata dal proprio dio, alla stessa Delphoi. Interpretazioni alternative sono sta- te avanzate come una generica divinità locale raffigurata in forme sincretistiche più o meno greche accanto a elementi del proprio culto; oppure come Hermes Dromios (protettore della corsa) o Agonios (arbitro delle competizioni), o come l’eroe eponimo Kauloninsieme ad Agon, personificazione della competizione, tutti come riferimento a qualche possibi- le festa agonistica cittadina. Un filone di studi vi vede Herakles, che porta a compimento la terza fatica del suo Dodeka-
thlon, ovvero la cattura della Cerva Cerinite, animale che sarebbe connesso con gli Achei di Keryneiaprobabilmente pre-
senti in gran numero a Kauloníae che sarebbe pertanto diventato il parasemondella città, il suo emblema rappresentativo, mentre il ramo sarebbe il thallos di kotinos, il serto di olivo silvestre scoperto negli Iperborei, che l’eroe porta in dono a Olimpia (e la figuretta in corsa sarebbe uno dei briganti Kerkopes); oppure (più fantasiosa) Heraklescon Hylas, il bellissi- mo giovinetto di cui il semidio si era invaghito e che era stato rapito dalle Ninfe, per cui sarebbe qui raffigurato in lon- tananza, quasi in prospettiva, ormai perduto nella corsa. Infine, va ricordata la proposta di identificazione con la perso- nificazione del fiume Sagra (che però in greco era un nome femminile) insieme a Kaulon, figlio dell’Amazzone Klete e fondatore della città.
Mario Iozzo